L’allontanamento di Chris Paul è solo l’ultimo dramma dei Los Angeles Clippers

Come se cominciare una stagione con un record da 5 vittorie e 16 sconfitte non fosse abbastanza, i Los Angeles Clippers hanno trovato il modo di tornare rilevanti nella peggior maniera possibile. La notizia dell’allontanamento di Chris Paul dalla squadra non ha sorpreso tutti quanti solo per il modo in cui è arrivata, ma soprattutto per il quando. A Chris Paul infatti è stato detto di tornare a casa nel bel mezzo della notte, dopo che la squadra era arrivata ad Atlanta in fortissimo ritardo per via di un guasto all’aereo che li avrebbe dovuti portare da Miami alla Georgia. Già gli umori non erano dei migliori, dopo essere stati battuti sonoramente sul campo degli Heat, ma a questi si è aggiunto — secondo le ricostruzioni postume della stampa — anche un incontro faccia a faccia durato tre ore tra CP3 e Lawrence Frank, capo della dirigenza dei Clippers, al termine del quale nel cuore della notte si è arrivati all’allontanamento. A dare la notizia è stato lo stesso Chris Paul con una storia Instagram nella quale campeggiava la scritta a caratteri cubitali “Ho appena scoperto di essere stato mandato a casa”, che ha fatto immediatamente indirizzare il grande occhio di Sauron della NBA su ciò che sta succedendo in casa Clippers. La realtà, però, è che quello di Chris Paul è sicuramente il più rumoroso, ma non è neanche lontanamente il più importante dei drammi che i Clippers stanno affrontando a tutti i livelli — dal campo alla panchina, dalla dirigenza alla proprietà. E che mandare a casa CP3 non ne risolve neanche uno , anzi ha avuto l’unico effetto di far fare una figuraccia alla franchigia — perché al netto di qualsiasi cosa possa aver detto Paul , i problemi dei Clippers rimangono tutti saldamente al loro posto. UNA SQUADRA CHE NON FUNZIONA Partiamo dal campo per poi allontanarci sempre di più dal pallone arancione. I Clippers, molto semplicemente, non funzionano: al netto della vittoria di ieri notte ad Atlanta, approfittando delle assenze di Trae Young, Jalen Johnson e Kristaps Porzingis tra i padroni di casa, il record è uno scadente 6-16 che li posiziona al 13° posto a Ovest, davanti solamente a New Orleans e Sacramento. La buona notizia è che il nono e il decimo posto sono distanti solo tre partite, e con tre quarti di regular season ancora da affrontare c’è tutto il tempo per recuperare; la cattiva notizia è che il campo ha detto chiaramente che questi Clippers non possono competere per nulla, e questa stagione invece nasceva con tutt’altre premesse. Nessuno all’interno dei Clippers pensava che questo gruppo fosse da titolo, ma neanche che andasse così male. Le previsioni di inizio anno posizionavano il loro over-under a 47.5 vittorie, buone per il sesto posto nella Western Conference. Al modo estremamente positivo con cui si era conclusa la passata stagione ha fatto seguito un’estate sana e senza impegni per Harden e Leonard, con un mercato pressoché universalmente elogiato con gli arrivi di John Collins, Bradley Beal, Brook Lopez e lo stesso Chris Paul. La generale salute e l’esperienza diffusa in giro per il roster nelle mani di un allenatore come Tyronn Lue sembravano gli ingredienti giusti per assicurarsi una regular season da primi sei posti e poi attendere gli accoppiamenti giusti ai playoff, sperando di avere più fortuna dei loro avversari. Invece, i Clippers sono crollati come un castello di carte, specialmente nella metà campo difensiva. A fronte di un attacco che è rimasto nella media della NBA come quello della scorsa stagione, il rendimento difensivo della squadra coordinata da Jeff Van Gundy è stato drammatico, passando dal 3° al 27° posto per punti concessi su 100 possessi, posizionandosi negli ultimi posti per tutte le metriche avanzate. I Clippers sembrano invecchiati di 10 anni improvvisamente: in difesa non riescono più a recuperare il pallone , sono vulnerabilissimi a rimbalzo e hanno di gran lunga la peggior difesa in transizione di tutta la NBA. Ci sono momenti delle partite in cui i Clippers sembrano del tutto spegnersi e gli avversari gli passano sopra con il doppio dell’energia, conseguenza del roster più vecchio di tutta la NBA con un anno pieno di vantaggio sul secondo . Iniziare ogni partita con un deficit di atletismo e intensità così grande nei confronti di qualsiasi avversario non è più sostenibile, specialmente nella NBA di oggi dove tutti hanno roster profondi e in cui la componente di resistenza fisica, di pressione sulla palla e di ritmo sui due lati del campo è sempre più predominante. Neanche un rendimento di altissimo livello da parte di James Harden e un Kawhi Leonard da quasi 26 punti a partita con percentuali eccezionali è riuscito finora a salvare i Clippers dal baratro in cui sono finiti, pagando più del dovuto l’addio a Norman Powell e una partenza a rilento da parte di Ivica Zubac, che solo recentemente è tornato sui suoi livelli di produzione nelle due metà campo. Se a questo aggiungiamo l’infortunio di Derrick Jones Jr., attorno alla cui versatilità difensiva Van Gundy aveva costruito il sistema dello scorso anno, ecco spiegate le difficoltà di un roster troppo anziano per competere e a cui Tyronn Lue non sembra riuscire a dare una forma né a tenerne le redini, come si intende dal caso Chris Paul. UNA SQUADRA SENZA NESSUN FUTURO Passando all’extra campo, poi, non si può non parlare della tempesta che ha travolto i Clippers lo scorso settembre, con le accuse di aver utilizzato un’azienda poi andata in bancarotta per pagare Kawhi Leonard al di fuori degli obblighi del CBA. Un’accusa su cui la NBA sta ancora portando avanti le sue indagini ma che, se confermata, potrebbe rivelarsi un colpo mortale per il proprietario Steve Ballmer sia dal punto di vista dell’immagine e delle prospettive future della squadra . Col senno di poi è facile indicare nello scambio dell’estate del 2019 con gli Oklahoma City Thunder il momento in cui tutto ha cominciato ad andare male per i Clippers, ma bisogna anche avere l’onestà intellettuale di dire che in quel momento chiunque avrebbe fatto carte false per poter mettere le mani su Kawhi Leonard e Paul George . Nessuno avrebbe potuto immaginare che il pur promettentissimo Shai Gilgeous-Alexander, scelto alla numero 11 solo un anno prima, sarebbe diventato una delle migliori guardie della storia della NBA e un perenne candidato MVP. E nessuno avrebbe immaginato che da una scelta numero 12 sarebbe stato tirato fuori un altro All-Star come Jalen Williams, che fino a poche settimane dal Draft del 2022 non era neanche considerato come materiale da primo giro. La sfortuna, insomma, ci ha visto benissimo per rendere quello scambio incredibilmente dannoso per i Clippers, che non hanno nemmeno finito di pagare il loro debito nei confronti di OKC. A rendere ancora più drammatico il sest’ultimo record accumulato finora c’è il fatto che i Clippers dovranno cedere la propria scelta al Draft 2026 ai Thunder senza alcuna protezione, che lo stesso accadrà nel 2027 e pure nel 2028 , mentre nel 2029 i Clippers potranno tenere la loro scelta solo se sarà tra le prime tre . Solo dal 2030 in poi i Clippers torneranno in possesso delle loro scelte al Draft, sempre che le investigazioni della NBA non tolgano loro pure quelle per aver circumnavigato il salary cap. Considerando che la strada del Draft non è percorribile, alla dirigenza guidata da Lawrence Frank non resta che sfruttare il suo unico vantaggio competitivo per muoversi sul mercato degli scambi. Dal 2027 in poi, inoltre, il cap sarà pressoché vuoto, con il solo Zubac sotto contratto — sempre che non venga scambiato prima, visto che è il giocatore con più valore da poter “sacrificare”. Ma la strada è quantomeno impervia, considerando anche le limitazioni per le squadre alto-spendenti del nuovo contratto collettivo. Se tutti questi elementi non rendono i Clippers la squadra più disperata della lega è perché, come ci tengono a sottolineare nelle loro game notes di ogni partita, dal 2011-12 hanno il secondo miglior record in regular season di tutta la NBA, con un complessivo 691-442 pari al 61% di successi. I più attenti di voi ricorderanno che la stagione 2011-12 è anche quella in cui è arrivato Chris Paul in città a cambiare il corso della storia della franchigia. Lo stesso Chris Paul che ieri è stato mandato a casa senza tanti complimenti, e considerando gli scenari futuri della squadra, non è detto che non ripiombino nell’ignominia da cui CP3 li aveva tirati fuori ormai quasi 15 anni fa.

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L’allontanamento di Chris Paul è solo l’ultimo dramma dei Los Angeles Clippers

Dario Vismara