Rugby 007: gli All Blacks si infuriano per una foto rubata

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Gli All Balcks durante la loro tipica danza
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Il fotografo Scott Barbour ha scattato una foto, poi venduta ai giornali, che mostra gli schemi tattici del coach Henry in vista della sfida con l'Australia. Gli All Blacks non l'hanno presa bene, ma le tattiche "segrete" non erano poi così originali...

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di Moreno Molla

"Il mio nome è Bond, James Bond". No, stavolta lui non c'entra. Anche se il caso di spionaggio che ha visto coinvolti gli All Blacks avrebbe potuto tranquillamente far parte della saga del più famoso 007 al mondo. Il James Bond in questione è Scott Barbour, un fotografo dell'agenzia Getty Images che durante un allenamento della Nuova Zelanda a Melbourne, in Australia, ha rubato una foto nella quale si vedono i piani tattici dello staff tecnico degli All Blacks in vista della sfida di sabato coi Wallaby rivendendola subito ai giornali australiani. Piani tattici che mettono nel mirino Matt Giteau e James O'Connor e che prevedono di tagliare fuori il più possibile dal gioco la macchina da placcaggi e recupera-palloni David Pocock.

Onestamente, però, non serviva Mata Hari per capire che qualsiasi squadra, non solo gli All Blacks, per mettere sotto l'Australia avrebbe giocato a quel modo. Cercando di minare le certezze del faro della squadra, Giteau, di giocare sulla gioventù e inesperienza di O'Connor e di limitare chi il pallone te lo più portare via, Pocock. Ma il danno ormai è fatto. Steve Hansen, l'assistant coach della Nuova Zelanda, ha parlato di fiducia tradita e di un patto non scritto, quello tra squadra e addetti ai lavori, infranto.

Cambieranno schema gli All Blacks. O forse no. Per non cadere nella paranoia da spionaggio che attanagliava Sir Clive Woodward. L'allenatore dell'Inghilterra, nella marcia di avvicinamento alla Coppa del mondo poi vinta nel 2003, aveva preso l'abitudine di bonificare campi d'allenamento e camere d'albergo dalla spiacevole presenza di cimici. Ancora lui, Woodward, allenatore capo dei Lions Britannici in tournée in Nuova Zelanda nel 2005, per paura persino di camerieri e donne delle pulizie, faceva riunire i giocatori in una stanza blindata sorvegliata 24 ore su 24 chiamata addirittura "war room".

Paranoie. Forse inutili. Tanto che più che un film di James Bond, considerando anche l'orario del calcio di inzio, il titolo più appropriato della sfida di sabato, ad oggi la più bella che il panorama rugbistico mondiale possa offrire, sembra essere "Mezzogiorno di fuoco".

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