Italrugby, un triste bilancio quello del Sei Nazioni

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Statistiche chiare: poco possesso, pochissimo territorio, soprattutto nel secondo tempo con la Scozia, touche abbastanza disastrosa. Se Weir avesse sbagliato il drop ci sarebbe stato poco da festeggiare, le statistiche sarebbero rimaste le stesse…

di Francesco Pierantozzi

Le statistiche sono chiare: poco possesso, pochissimo territorio, soprattutto nel secondo tempo, touche abbastanza disastrosa. Tutto evidente, anche a occhio non informatico. Guardando quelle individuali, dall’inizio del torneo, si scopre poi che i migliori placcatori azzurri sono Geldenhuys e Ghiraldini, un seconda linea e un tallonatore, e che Parisse è il miglior “portatore” di palla di tutto il Sei nazioni con 46 carries.

Manca una voce, che è difficile da trovare, perché inquantificabile, perché somma di tanti piccoli gesti che vanno oltre ai numeri, la cifra del “lavoro sporco” che vale tantissimo. Saper fare un fallo al momento giusto,  essere duri anche oltre il regolamento, placcare in avanzamento facendosi “sentire” pur non essendo samoani, rubare i palloni col choke tackle, imbragare l’avversario, stritolarlo in una maule, rendere il pallone ingiocabile… ”scavare” nel breakdown, punto d’incontro, per strappare il pallone.

Ci vogliono più Furno, ci vogliono più leader “oscuri”,  di quelli che badano al sodo… .ci vogliono, forse Favaro, lo scavatore, il fetcher, Minto, aggressivo e duro come pochi, Mauro Bergamasco, ancora più efficace con la maturità. Fare nomi è antipatico, servono giusto per spiegare a cosa ci si riferisce. E poi anche gli All Blacks badano al sodo, non vanno per il sottile, mai, efficacia nella continuità. In fondo se Weir avesse sbagliato il drop, o se si fosse riusciti a bloccarlo, ci sarebbe stato poco da festeggiare, le statistiche sarebbero rimaste le stesse…