Il rugby "tutta sostanza" dell'Italia: esame superato contro il Galles

Maturità L’esame più difficile è quello da superare ad ogni costo, quello che certifica il tuo impegno, il tuo lavoro, i tuoi sforzi, quello che fa capire a tutti dove sei arrivato, pronto magari per altro. E come ogni esame mette pressione, può portarti a non essere lucido, a sbagliare. Che sia matematica, latino o rugby. L’Italia lo ha superato, il Sei Nazioni 2024, con due successi e un pareggio, non è stato un caso. Basta con cucchiai di legno, sorrisini per chi perde sempre, con richieste di espulsioni dal Sei Nazioni, con la Georgia che preme sportivamente o coi soldi dei sudafricani, persino quelli dei giapponesi. Rivolgetevi al Galles, battuto a Roma, come un anno fa a Cardiff, la squadra che ha messo assieme 14 sconfitte consecutive nei test match. L’Italia è davanti, anche nel ranking mondiale. L’Italia potrà giocare le partite più difficili, Francia in casa il 23 febbraio, Inghilterra a Twickenham la prima settimana di marzo, Irlanda di nuovo a Roma il 15 marzo, con più leggerezza, con meno pressione. La Partita da vincere è stata vinta. Punto e basta. Pioggia e umiltà Se c’è usala, gioca un rugby adatto all’acqua che scende, prepara la partita con un piano che sappia tenerne conto. Non sarà ‘rugby champagne’, ‘rugby spettacolo’ ma per chi deve vincere deve essere ‘rugby sostanza’. Una partita quasi perfetta, senza errori, più di settanta minuti fatti di disciplina in difesa, ottima conquista, grandi placcaggi, buon uso del piede, avanti che si sacrificano. Umiltà, anche prendendosi tutti i punti possibili dalla piazzola. No azzardi, piano chiaro, anzi chiarissimo e attuato alla grande. Con una sola pecca: lo spavento finale. Al 74’ Tommaso Allan fissa con un piazzato il punteggio sul 22-8. 14 punti di vantaggio sono il doppio break, tradotto due mete trasformate, come dire… praticamente fatta. Invece il Galles rabbiosamente, all’ultima spiaggia, cerca di fare il Galles, orgoglio, grinta, attaccamento alla storia, al passato, alla tradizione, alla voglia di ribellarsi a una nuova onta, a un nuovo record negativo , e con maul da rimessa laterale costringe l’Italia a vivere un finale quasi da incubo. Un cartellino giallo, falli ripetuti e disciplina saltata, una meta di punizione e un nuovo cartellino giallo mettono l’Italia, in 13 contro 15, e l’Olimpico di Roma con più di 60mila persone a preoccuparsi. Risolve Zuliani con la sua specialità, pallone rubato al breakdown. Risolve il tempo, quello del cronometro stavolta, match finito. Ma che paura. Come complicarsi la vita dopo una partita pressoché perfetta. 15 man of the match Non nel senso di numero di maglia, cioè l’estremo, ma nel senso della totalità dei giocatori azzurri da premiare con l’uomo della partita. Almeno fino al settantesimo. E’ quasi un controsenso dover scegliere nello sport di squadra per eccellenza un ‘migliore’ rispetto agli altri. Però lo si deve fare. Lorenzo Cannone si prende il premio, ma l’avrebbe potuto avere suo fratello, simbolo della dedizione alla squadra e al lavoro, Paolo Garbisi, Allan per non dire di Menoncello e di alcuni suoi placcaggi, o di Negri e della sua ruvidità, di tutta la prima linea, Ferrari-Nicotera-Fischetti, o delle scelte di Page-Relo, francese con madre di ascendenza italiana. Punti di vista, punti a favore di tanti, quasi di tutti. Incontentabili Qualcuno dice che l’Italia avrebbe potuto fare 40 punti, togliere il punto di bonus difensivo, sconfitta meno di 7 punti, al Galles… Insomma, non si riesce mai ad essere contenti o a pensare che la pioggia possa cambiare molte cose. Si tratta della quinta vittoria sul Galles, la prima in Italia nel Sei Nazioni dopo 18 anni. Parliamo di un avversario che ha vinto dal 2005 in poi sei volte il torneo, che è secondo solo all’Inghilterra per numero di successi, e, dimenticando i problemi finanziari, oltre che di risultati, può contare su un bacino ridotto, poco più di 3 milioni di persone. Lo sport nazionale, incrinato da qualche recente passione calcistica, lo sport che ha le basette in bianco e nero di JPR Williams, la classe di Gareth Edwards, l’eleganza di Barry John, l’uomo che sapeva camminare sulle acque, i baffi di Gerald Davies. Passato? Nostalgia? No, la consapevolezza che battere il Galles è qualcosa di unico, non è solo segnare nel tabellino più punti di un avversario, è battere un mito, un pezzo di storia ovale, e chi si limita solo all’attualità perde il senso del rugby, anzi si perde!

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Francesco Pierantozzi