Se il rugby perde la sua 'etichetta'

“E’ storta. E’ storta. La touche l’ha lanciata storta”. Fiiiiiiiiitttttt. Calcio contro. “Moro, qui non funziona così. Se vuoi fare il mercato vai a giocare sul campo affianco.” Giro lo sguardo. Una partita di calcio. In 20 secondi l’arbitro e Ciccio il Rosso mi avevano spiegato parte dell’essenza del rugby. Snobismo verso la palla rotonda compresa. Certo che lo sapevo che nel rugby l’arbitro non si critica. Che non si protesta. Che con lui può parlare solo il capitano . Lo avevo sentito. Visto in TV, dove i “Sorry, Sir” per qualche colpo proibito visto e sanzionato erano scontati e non dovuti. Ma viverlo in prima persona, eh no, cambia tutta la prospettiva. D’altronde, anche la regola del fuorigioco l’avevo capita molto bene quando dalla teoria ero passato alla pratica prendendomi un destro in pieno volto. Dietro i piedi dell’ultimo uomo. Ora sì che era chiaro. Si dice che nel rugby degli albori l’arbitro non servisse nemmeno. Ci si arbitrava da soli. Tutti sapevano se avevano commesso o meno qualcosa di illegale. Onestà. Innanzitutto. Poi col passare del tempo un direttore di gara era divenuto necessario. Il 31° uomo in campo. Senza di lui impossibile giocare. E provate un po’ voi ad arbitrare oggi. Già le regole non sono semplicissime. Se poi, in nome dello spettacolo, di una maggiore sicurezza e altre nobili motivazioni, le cambi ogni anno o differiscono da un torneo all’altro, spesso nel pensare all’arbitro ti viene anche di dargli una carezza. Anche perché poi è giusto sottolineare come il lunedì la review dai loro capi la subiscono anche loro. E un errore rischia di costarti parecchio e farti retrocedere nelle gerarchie. Una carezza. Non certamente una testata… Foot. Ligue 1. Calcio francese. Il tête-à-tête fra Paulo Fonseca, allenatore del Lione, e Benôit Millot, arbitro del match, al termine di Lione-Brest hanno fatto il giro del mondo. Le scuse postume non servono ad addolcire l’ovvia squalifica. Scene già viste. In Italia Pasquale Bruno aveva perso la testa in un derby di Torino. Il 'Mancio' lo aveva fatto in un Samp-Inter. Mourinho, nell’ultimo derby fra il suo Fenerbahce ed il Galatasaray si è beccato 4 settimane di squalifica dopo essersi complimentato con l’arbitro, lo sloveno Slavko Vincic, sottolineando che un turco, incapace, non sarebbe stato in grado di farlo. Alla presenza di quest’ultimo. Perché stupirsi allora? Eh no. Qui le cose cambiano… In Francia il clima si sta inasprendo. Pochi giorni fa lo spagnolo Pablo Longoria, presidente dell’Olympique di Marsiglia, ha ricevuto 15 giornate di sospensione dopo aver etichettato come “corrotto” il fischietto Jeremy Stinat al termine di Auxerre-OM. A Fabrizio Ravanelli, dirigente dello stesso club, è andata meglio. Out solo 3 giornate. Ma cosa c'entra il rugby? C'entra. Eccome… Venerdì 28 febbraio. PRO D2. Secondo campionato francese. Ma per importanza, sportiva ed economica, uno dei 6 tornei di rugby più pesanti al mondo. Agen batte Valence 26-23 in uno scontro delicato in ottica salvezza. In conferenza stampa, l’entraineur di Valence, Fabien Fortassin, esagera. “Se devo essere oggettivo, al Valence oggi sono mancati 100 anni di storia, dei titoli di campione di Francia, delle belle infrastrutture dove accogliere gli arbitri come si deve Se ci fosse stato un minimo di coerenza arbitrale, la fine del match sarebbe stata diversa. Ci manca un passato, direi Non tutti hanno degli Abdelatif Benazzi e Philippe Sella che parlano alla stampa e mettono pressione sull’arbitro. Bisogna giocare anche contro questo. Ma Agen non deve preoccuparsi. Si salverà. Ha chi li protegge”. Prima di andare avanti… Abdelatif Benazzi è stato uno dei più grandi giocatori nella storia del rugby francese, candidato all’ultima elezione per essere presidente di World Rugby . Philippe Sella è stato un artista del rugby transalpino. E Agen un club 8 volte campione di Francia fondato nel 1908. Chiusa parentesi, ma avete capito di cosa si parla. La federazione francese e la lega hanno preso posizione. “Vogliamo una dura condanna. In difesa della classe arbitrale e dei valori del nostro sport”. Giusto sottolineare come in Francia, decisioni di questo tipo, spesso vengono prese a distanza di qualche settimana dai fatti. FFR e LNR mettono le mani avanti dunque. Giustamente. Da troppo tempo oltralpe si sta oltrepassando questo limite storico e valoriale. Ronan O’Gara, signore in campo con Munster e l’Irlanda, un po’ meno come manager de La Rochelle, ha in tal senso una fedina penale poco invidiabile. Squalifiche, reclami, accuse più o meno velate. L’ultima lo scorso week-end. Pulizia in ruck vigorosa del suo Will Skelton che colpisce la testa di Romain Briatte. TMO . Cartellino rosso. “Oggi ho visto Neymar in campo”. Accusa di simulazione. E nel palmarès dell’irlandese questa è forse la meno grave come esternazione. Dove sta il punto? Voila… Ci siamo sempre piccati di definire il mondo del rugby una grande famiglia. Dove tutti convivono assieme. Ognuno col suo ruolo. In inglese il giocatore di rugby non è un Rugby Player. Bensì un Rugbyman. La differenza non è sottile. Si va sempre più nella direzione di responsabilizzare i giocatori nel non commettere scorrettezze . Se però tu, allenatore o presidente, in una conferenza stampa che sai benissimo verrà ascoltata, ripresa, usata, getti benzina sul fuoco, commetti due gravi errori. Il primo: sui valori del tuo sport stai buttando fango. E lo fai apparire come quello del campo a fianco di cui sopra. Il secondo: rischi implicitamente di dare ai tifosi un motivo, una giustificazione, ancorché stupida, per andare oltre. E arrivare, come in troppi casi successo nel calcio, alla violenza. Perché nel calcio sì e nel rugby no la violenza sugli spalti? Non è questo lo spazio per parlarne. Esistono saggi sociologici, filosofici al riguardo. Diversa estrazione sociale. Le botte se le danno già in campo. Il terzo tempo… sarebbe interessante. Ma non c’è tempo. Non ora. Rimaniamo in Francia. Il pubblico che normalmente segue il rugby si aggira sui 4 milioni. Numeri importanti. Averle in Italia certe cifre… Ma non divaghiamo. 4 milioni. Che durante l’ultima Coppa del mondo disputatasi in Francia sono diventati circa 15. Gli altri 10 milioni e passa da dove li si è presi? Dal calcio. Ovvio. E hanno portato con sé derive e comportamenti più propri del pallone rotondo. Fischi durante l’inno, insulti ad avversari e arbitri durante le partite, minacce di morte sui social. Problematiche riconosciute pubblicamente da tantissime personalità, di oggi e di ieri, dell’ovalie française. Purtroppo anche uno dei lasciti dell’ultima Rugby World Cup. Forse il peggiore. E attenzione, non è una problematica solo francese questa. In Sudafrica, da Rassie Erasmus a Jake White , spesso gli arbitri sono stati usati per manipolare a proprio vantaggio delle situazioni sportive risolte anche in quel modo. In Inghilterra, Michael Cheika, head coach dei Leicester Tigers, è stato richiamato più volte per dei commenti eccessivamente critici nei confronti dei referees. E gli esempi potrebbero anche continuare. Meglio fermarsi qua. E fare un passo indietro. Tutti. Oh, facendo un passo indietro c’è anche chi la regola del fuorigioco l’ha imparata ben benone. Avesse evitato di beccarsi un pugno sarebbe stato anche meglio. Ecco. Avete capito anche voi…

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Se il rugby perde la sua 'etichetta'

Moreno Molla