Ripetersi, l’impresa dopo l’impresa dell'Italrugby

Ripetersi. Nello sport è l’impresa dopo l’impresa. Tre anni fa l’Italia batte l’Australia a Firenze 28-27, con un piazzato sbilenco di Ben Donaldson che non entra nella ‘H’ dei pali. Una prima volta storica. Mai successo. Adesso a Udine accade di nuovo, in modo più netto, diverso, con l’atteggiamento della consapevolezza. Nessuna sudditanza di fronte a chi ha portato a casa 2 Rugby World Cup, a chi, contro ogni pronostico, non si è fatto travolgere dai British & Irish Lions, a chi, dopo più di 60 anni è andato a vincere contro i giganti sudafricani a casa loro. L’Italia ha giocato dal primo minuto con la convinzione di essere alla pari, anzi di essere più forte degli australiani, di poter entrare nel salotto buono del rugby mondiale per starci, non di passaggio, per un risultato occasionale. Al di là del ranking, del dover entrare a fine novembre, dopo le Quilter Series, nelle prime 12 squadre del mondo per avere un buon sorteggio al prossimo mondiale del 2027 in… Australia. Le chiavi del match Concentrazione e attenzione dal primo all’ultimo minuto, sostanzialmente nessun calo, grande attenzione alla disciplina, nel senso dei falli commessi, solo 6 in ottanta minuti, e una incredibile determinazione nel credere di potercela fare. Persino quando al 51’ l’arbitro Andrew Brace, appartenente alla federazione irlandese, concede una meta all’apertura australiana Carter Gordon viziata da un ‘in avanti’ precedente di Harry Wilson placcato da Zuliani che provoca la caduta del pallone. Tutto ok per l’arbitro più attento alle nuove interpretazioni del regolamento: responsabilità al placcatore, che alle evidenze dell’accaduto. In altri sport meno ovali si sarebbero aperte polemiche infinite dal campo al post-partita, soprattutto nel mondo latino al quale apparteniamo. Invece gli azzurri sembrano freddi anglosassoni, e la risposta è una furiosa reazione che nel giro di 3-4 minuti ribalta la partita, con due mete trasformate e un cartellino giallo ai Wallabies. Non si è mai visto. Altro che… lamentosità. Una considerazione più generale dice che l’Italia ha sfruttato i pochi palloni di qualità alla grande, con rarissime occasioni buttate ; che ha saputo mettere sotto pressione gli avversari; che è sempre riuscita a stare ‘appiccicata’ nel risultato senza grandi distacchi, per capirci quasi punto a punto; che ha placcato con costanza e precisione. Pagelle inutili In una serata come quella di Udine è facile assegnare voti alti e ampie sufficienze. Varney si è preso il Player of the Match, vietato ormai dire ‘Man of the Match’ a causa del politicamente corretto sempre più invasivo, facendo vedere che le buonissime prestazioni messe assieme nella Premier inglese non sono casuali. Certo sembra quasi un’ingiustizia pensando alla partita di Monty Ioane, l’unico equiparato tra i nostri. Un australiano di nascita, con padre samoano e mamma figiana, che ha giocato contro il suo passato e un cugino, Pete Samu, partito dalla panchina. Ioane è stato brillante in attacco e sui palloni alti, presente dappertutto. Paolo Garbisi, che non piazza nella sua squadra, Tolone, è stato una macchina da punti, senza errori, e ha pure placcato con coraggio fuori dal comune. Vintcent, sudafricano di nascita, con nonno materno siciliano, resiste a qualunque durezza. Zuliani scava nei punti di incontro, la prima e la seconda linea sono state superlative, la panchina ha prodotto risultati, Spagnolo e Ruzza in particolare. I guizzi di Capuozzo, il solito Brexoncello in mezzo al campo, il Lynagh che non ti aspetti contro il mito di suo padre, leggenda Wallaby…Sì, abbiamo praticamente citato tutta la formazione. Manca lo staff. Quesada ha cambiato la testa di chi allena e di chi gioca, non spreca un secondo, motiva e si mette in gioco. Bravo Gonzalo. E adesso? Nemmeno il tempo di pensare troppo a quello che è stato. Sabato a Torino, Allianz Stadium, il Sudafrica campione del mondo, pieno di gente ancora più forte e più grossa. Dopo un risultato che ti esalta può capitare che ci sia un calo, e gli Springboks alzeranno la soglia di attenzione… “questa non è la solita Italietta”. Siamo sinceri: nessuno si aspetta un successo, un ribaltone storico. Però il ricordo del tour estivo proprio in Sudafrica con un test discreto e uno pessimo deve portare a un miglioramento, al crash test per eccellenza, spingendo la tenuta fisica al massimo, al fuori giri. Vediamo quanto si può durare. Il rugby è uno sport duro e crudo, se poi non ti rispettano e ti trattano con arroganza chissà…Novembre intanto è già sistemato così!

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Ripetersi, l’impresa dopo l’impresa dell'Italrugby

Francesco Pierantozzi