Todaro: "Nel 2025 ho realizzato i miei sogni, ma questo è solo l'inizio"

Non chiamatelo promessa. Il talento di Edoardo Todaro è già realtà. Ha 19 anni, gioca con il Northampton in Premiership, il campionato inglese, e ha anche già esordito con la Nazionale. “È solo l’inizio, ho ancora tanto da migliorare” confida a Sky Sport Insider. Una dichiarazione che conferma la sua miglior qualità: la testa. È giovanissimo ma ragiona da grande giocatore. Pensa solo ad allenarsi e a migliorare, determinato a diventare sempre più forte e protagonista. Il 2025 è stato il suo anno, ma non si accontenta. Il 2026 è alle porte e Todaro ha già nuovi obiettivi da conquistare. Di recente sei diventato il più giovane a esordire in Nazionale dal 2002: che significa per te e cosa hai provato? “Neanche lo sapevo di essere il più giovane, non ci avevo pensato. È stata un’emozione unica, la sera prima della partita avevo i nervi un po' tesi. È stato tutto speciale, perché esordire con la Nazionale maggiore è diverso da fare una partita qualsiasi con il club. È stato bellissimo, anche perché c’era la mia famiglia a vedermi” Qualcuno dei tuoi compagni o il Ct ti aveva detto qualcosa prima di esordire? “Durante la settimana avevo intuito ci fosse la possibilità di esordire, ma non avevo nessuna certezza. Il giorno del meeting, quando esce la formazione ufficiale, ero molto teso. Più si avvicinava la partita e più ci speravo. Ho visto che era pronto il cap di Enoch Opoku-Gyamfi e ho pensato ‘spero capiti anche a me’ e poi è successo davvero. È stato incredibile ricevere l’applauso di tutti” Quest’anno hai anche debuttato nel campionato inglese e l’inizio è stato da sogno : te l’aspettavi? Come è stato? “Dico la verità, non mi aspettavo neanche questo. Avendo fatto il Mondiale Under 20, mi sono unito tardi alla squadra rispetto a tutti i miei coetanei e temevo di essere più indietro: non conoscevo bene i compagni, non sapevo bene le giocate e neanche il sistema di gioco. In poco tempo però questa paura è andata via, mi sono inserito velocemente, dando sempre tutto in ogni allenamento e poi ho iniziato subito a giocare titolare. Sono stato anche un po’ fortunato a essere subito buttato dentro. C’era anche la possibilità di andare a giocare in prestito, e invece tutto è cambiato in pochissimo tempo e ora sono davvero felice” A proposito di Mondiale Under 20, avete ottenuto il miglior piazzamento nella storia dell’Italia , ma per molti si poteva fare di più: tu che ne pensi? “Io sono molto soddisfatto. I commenti sono stati sia positivi che negativi… dopo la vittoria contro la Nuova Zelanda eravamo i migliori del mondo, dopo la Georgia eravamo scarsissimi: serve più equilibrio e proprio per questo io cerco di non prestare attenzione a cosa viene scritto sui social. Noi abbiamo dato sempre il massimo, ma ogni partita è diversa e non è facile vincere sempre. In alcune partite non abbiamo performato al meglio, ma il nostro obiettivo era ottenere il miglior risultato nella storia e lo abbiamo raggiunto. Non era un obiettivo scontato, perché in Under 20 siamo ancora tutti giovanissimi e rispetto a tante altre nazionali non avevamo molta esperienza” Tu sei stato uno dei leader di quella Nazionale: quanto pensi sia stato importante per te crescere in Inghilterra? Quali differenzi vedi con i tuoi coetanei che sono rimasti in Italia? “Per alcuni aspetti è diverso. Intanto, secondo la ‘logica inglese’ non avrei dovuto fare il Mondiale Under 20, perché per loro ero già grande. Per il resto, fino allo scorso anno non penso ci siano state molte differenze tra il mio percorso e quello di un qualsiasi ragazzo cresciuto in Italia: giocavo in Under 18, andavo a scuola e mi allenavo normalmente, come tutti. L’unica differenza è che la mia scuola è anche un’accademia, ma il percorso di crescita non cambia. Però certo allenarsi con i giocatori di esperienza come quelli che trovi qui è importantissimo. Oggi mi alleno tutti i giorni con i giocatori della nazionale inglese e solo stare con loro mi aiuta moltissimo. Vedo come pensano, come si muovono, come si allenano… li osservo sempre per imparare il più possibile” Facciamo qualche passo indietro: a 14 anni lasci l’Italia per trasferirti in Inghilterra, cosa ti ha spinto a farlo? Quali difficoltà hai incontrato? “Il Covid è stato un fattore molto importante, dopo quasi un anno e mezzo chiuso in casa e con pochissime occasioni per allenarmi, avevo voglia di un cambiamento. C'era questa opportunità e mi sono detto ‘Non c'è momento migliore di adesso’ e sono partito. Ammetto che all'inizio non è stato molto facile. Tutti erano gentilissimi, ma la lingua è stato un ostacolo importante. Io avevo studiato l’inglese, mia madre mi aveva sempre fatto fare lezioni extra, ma l'accento inglese è tutta un’altra cosa. Avevo difficoltà soprattutto a capire lo slang. Anche dal punto di vista sociale non è stato semplice. A Milano ero abituato a uscire tutti i weekend con gli amici, che abitavano tutti vicino a me, e invece mi sono ritrovato in un posto abbastanza isolato e non era facile organizzarsi e uscire. Questi sono stati i problemi principali all’inizio, ma già dal secondo anno tutto è stato più facile: la lingua non era più un problema, ho stretto tante amicizie e riuscivo a vedere spesso i miei nuovi amici” Essendo cresciuto in Inghilterra, avresti anche potuto giocare per la nazionale inglese, ci hai mai pensato? Qualcuno ha mai provato a convincerti? “Non ci ho mai pensato, sono sempre rimasto legatissimo all’Italia. Ho fatto tutto il percorso delle giovanili con la maglia Azzurra e non ho mai avuto dubbi. Qualche mio allenatore qui però ha provato a convincermi… ogni tanto mi dicevano ‘se cambi idea e inizi a sentirti inglese, chiamaci!’, ma anche loro sapevano che non avrei mai cambiato idea” Esordio in Nazionale, esordio nel campionato inglese: sei senza dubbio uno dei protagonisti di questo 2025, quanta è cambiata la tua vita durante quest’anno? Ti senti un giocatore e un uomo diverso? “Se penso a questo 2025, mi vengono in mente le montagne russe. Solo un anno fa giocavo con i miei compagni di scuola a un livello obiettivamente mediocre e adesso invece sono arrivato in Premiership e in Nazionale. Se ripenso anche solo a sei mesi fa, non avrei mai immaginato di essere qui oggi. Adesso ho anche cambiato città, abito da solo e non più nella scuola: la mia vita è cambiata davvero molto. Sei mesi fa non mi conosceva nessuno, adesso quando vado a trovare qualche amico all’Università, qualcuno mi ferma e mi riconosce. È bello, ma alla fine non gli do troppo peso. Come giocatore mi sento migliorato, come persona no, sono lo stesso di sempre” Ma come è nata la tua passione per il rugby? E quando hai capito sarebbe potuto diventare il tuo lavoro? “Da piccolo avevo iniziato a giocare a calcio, ma non mi piaceva molto e ho deciso di cambiare. Mio padre aveva giocato a rugby e sono andato a provare in una squadra di Milano. Il primo anno non è andato benissimo… mio padre mi ricorda sempre che andavo in giro per il campo a raccogliere i fiori , però poi ho cambiato club e mi sono innamorato di questo sport. C’era un bellissimo gruppo di ragazzi, con cui ancora oggi siamo molto amici, e ci siamo aiutati a vicenda. Siamo diventati una bella squadra e abbiamo anche vinto molto insieme. Poi sono andato in Inghilterra, ma ancora non pensavo che il rugby sarebbe diventato il mio lavoro. A 14 anni possono cambiare tante cose, anche se sei forte, non è detto che poi arriverai ad alti livelli. Il primo anno qui è stato molto positivo, ho anche giocato per la prima volta da 10, è stato bello anche se non ero abituato. Tutti i miei allenatori mi dicevano ‘sei bravo, farai strada’ e anche i genitori dei miei compagni di squadra, ma io non ci pensavo… mi sembrava impossibile pensare di diventare un giocatore professionista. Per me il rugby è sempre stato un piacere, una cosa che mi divertivo a fare e che mi faceva sentire bene: mi allenavo e mi impegnavo perché mi piaceva, non perché volessi diventare un giocatore a tutti i costi. E, alla fine, è successo davvero” E oggi a che punto della tua crescita pensi di essere? Quali sono i tuoi punti di forza e in cosa devi ancora migliorare? “Ho ancora una marea di cose da migliorare, quindi spero di essere ancora all'inizio del mio percorso di crescita. Sono davvero tante le cose che devo e voglio migliorare ed è proprio questo che mi motiva ogni giorno ad allenarmi al massimo, a lavorare sempre di più e a non arrendermi. Negli ultimi mesi sto lavorando moltissimo sulle prese aeree e su alcune skills. Il mio punto di forza invece è l'uno contro l'uno nello spazio” Sei sempre molto umile e lucido nelle analisi che fai, ma ci sono dei momenti in cui invece ti agiti di più? “La sera prima delle partite sono sempre un po’ agitato, inizio a pensare al match, a cosa succederà, a cosa non devo sbagliare. Il giorno della partita sono un po’ teso, ma appena entra in campo tutto scompare. Cerco sempre di iniziare la partita giocando in maniera semplice, per iniziare con il piede giusto e non con il peso di un errore commesso: questo mi aiuta molto. Ma nel complesso sono sempre tranquillo in partita, mi fido dei miei compagni e resto concentrato sulle cose che devo fare io” C’è un giocatore del passato o del presente a cui ti ispiri? “Ce ne sono un po'. Quando ero piccolino mi piaceva moltissimo Owen Farrell, era il mio mito. Poi crescendo ho iniziato a guardare i giocatori simili al mio stile di gioco mi piaceva Damian McKenzie perché era molto elusivo. A livello italiano, invece, mi sono sempre piaciuti Tommy Menoncello e Brex: sono stati due gran giocatori ed è stato davvero bello potermi allenare con loro, come con tutti i ragazzi della Nazionale” Raccontando di come è nato il tuo amore per il rugby, hai spiegato l'importanza di aver trovato il gruppo giusto e la squadra giusta: oggi tu giochi nel Northampton, una delle squadre più forti e più divertenti d’Inghilterra, ci racconti come è giocare per questo club? “Qui mi trovo benissimo, siamo una squadra molto giovane e ho un ottimo rapporto con tutti i ragazzi, ci divertiamo insieme. Il nostro stile di gioco mi aiuta molto a migliorare, il nostro è un bel rugby, non noioso, e questo mi permette di capire meglio come funziona il gioco e come muovermi. Sono molto fortunato a far parte di questa squadra, qui posso migliorare come giocatore e come persona” Fuori dal campo chi sei? Raccontaci di te: cosa ti piace fare, come passi il tempo? “Sono un ragazzo semplice, mi piace stare con i miei amici e socializzare. Ora sono in una nuova città e sto stringendo nuove amicizie. Di recente ho iniziato anche l’università online ed è un impegno a cui tengo, studio economia” E invece la musica quanto è importante nella tua vita? Con la Nazionale ti abbiamo visto portare la cassa… “La cassa la porta il più piccolo e quindi mi è toccato. Non sono un grande esperto di musica, ascolto un po’ di tutto… quando sento una canzone che mi piace, cerco il titolo e la aggiungo alla mia playlist. Ma davvero non ne so molto, faccio fatica anche a ricordare i titoli o i testi, devo migliorare da questo punto di vista ” Ma tra i vari esordi di quest’anno, ti hanno fatto la matricola? “Qui c’è la tradizione che tutti quelli del primo anno devono rasarsi a zero ed è toccato anche a me. Per l’esordio in prima squadra mi hanno fatto bere parecchia birra, poteva andarmi peggio ” Il nuovo anno è alle porte: che obiettivi hai per il 2026? Sogni di giocare il Sei Nazioni con la Nazionale maggiore? “L’obiettivo principale è giocare il più possibile con il club. Non è facile, perché in squadra ci sono veramente tanti giocatori forti e la competizione è alta. Poi non lo nascondo, il sogno è di giocare il Sei Nazioni con la Maggiore, ma credo sia il sogno di tutti. Ma sarei contento anche di giocarlo con l’Under 20, l’importante è giocare partite di livello internazionale. Voglio migliorare il più possibile e spero di fare la tournée anche estiva con la Nazionale” A fine 2026 Edoardo Todaro sarà felice se… “Cavolo, bella domanda, è difficile rispondere. Sarò felice se vinciamo il campionato e se riesco a fare un'altra partita con la Nazionale”

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Todaro: "Nel 2025 ho realizzato i miei sogni, ma questo è solo l'inizio"

Emiliano Tomasini