L’arte di saper perdere

NFL
Massimo Marianella

Massimo Marianella

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Nell’ultimo weekend della stagione NFL si sono affrontate Miami e Washington, le due peggiori squadre della Lega, a caccia di un “invidiabile” record. E’ finita nella maniera più impensabile possibile…

Di qualsiasi sport si tratti mi avvicino sempre ad un match con curiosità, attesa e generalmente molta passione. So che vedrò, commenterò o racconterò il confronto tra due squadre o 2 sportivi che (pensavo) sperano o che comunque provano a vincere. Domenica 13 ottobre 2019 per la prima volta in vita mia sono entrato in uno stadio, l’Hard Rock Stadium di Miami con un feeling molto diverso, ma in certo senso con una curiosità quasi superiore. I (miei, sigh..) Miami Dolphins che ospitavano i Washington Redskins. Due squadre scese in campo l’una contro l’altra per…. perdere!!! Di lì la grande curiosità. Chi avrebbe vinto, cioè perso e come.

Tank for Tua

Perdere per avere il record negativo peggiore quindi la miglior possibilità di scegliere il giocatore migliore nel prossimo Draft. Il “Tank for Tua Ball Game” come lo ha in maniera geniale definito Omar Kelly ottima prima firma del football per il Sun Sentinel. Tua è il quarterback Tua Tagovailoa di Alabama, sogno di tutti e scontata primissima scelta per il 2020. Tanking è il termine dello sport americano, sdegnosamente negato e rifiutato, da tutte le franchigie di tutte le leghe, comprese quelle che lo praticano in maniera evidente come i Dolphins, che indica una società che indebolisce il suo roster per avere la certezza di vincere il minor numero di partite possibile per avere così una scelta alta o addirittura la primissima del draft oppure nella peggiore delle ipotesi per riorganizzare totalmente il programma sportivo ed economico.

Tua Tagovailoa, quarterback di Alabama e probabile prima scelta del Draft 2020

Le 5 pecore nere

Il problema dei Miami Dolphins che lo hanno fatto spudoratamente dalla fine dello scorso campionato, è che si sono resi conto di avere pericolosa e volontaria concorrenza da parte dei Redskins e dei Bengals. In tutta questa visione tragicomica, il primo grande sconfitto è il sistema sportivo americano per cui evidentemente (senza promozioni e retrocessioni ad esempio) per garantirsi un futuro migliore con le scelte è meglio apertamente perdere oggi, ma così non solo si tradisce la fede dei tifosi, ma si falsano i campionati. Pensare che una stagione senza vittorie (dal 1960 ad oggi nella NFL ce ne sono state 5, ma tutte tristemente involontarie Dallas 1960, Tampa 1976, Baltimore 1982, Detroit 2008 e Cleveland 2017) possa essere un obbiettivo alla fine ripagato agonisticamente è l’opposto del concetto di sport.

0-16, il bilancio dei Cleveland Brown 2017. I tifosi si consolavano col basket...

Miami ha una storia da rispettare

L’altro grande sconfitto poi in questa annata specifica sono i Dolphins che negli anni della proprietà si Stephen Ross hanno buttato milioni e milioni di dollari senza mai costruire una squadra all’altezza della loro storia. Joe Philbin come Head Coach, Mike Tennenbaum e Jeff Ireland come GM e Ryan Tannehill in campo come QB titolare, sono stati dei totali fallimenti dai comici effetti negativi che sono però tristemente costati a squadra e tifosi almeno una decade di storia.

La presentazione di Ryan Tannehill nel 2012

Una storia fatta di alti e bassi ovviamente come tutte le squadre. Dei Dan Marino e Larry Csonka come dei John Beck e Dion Jordan. Don Shula e Cam Cameron. Una storia però nella quale spiccano non solo 2 Superbowl vinti e la famosa ed unica undefeated Season, ma anche una meta di Greg Camarillo nel 2007 servita a battere i Baltimore Ravens per l’unica vittoria di quella pessima stagione. Una meta e vittoria di orgoglio però che dovrebbe essere un simbolo anche per la squadra attuale anche perché persino perdere volontariamente tutte le partite ed avere alla fine la prima scelta desiderata non è garanzia di nulla.

Don Shula e i Miami Dolphins del 1972

Lost for Luck

Purtroppo di questo ne è la prova il ritiro quest’estate di Andrew Luck. Nella stagione precedente al Draft 2012 andava di moda la campagna “Lost for Luck”: hanno (diciamo così) vinto i Colts che lo hanno scelto come numero 1 assoluto scaricando anche Peyton Manning (che se n’è andato a vincere un altro anello a Denver). In 7 anni Luck, troppo spesso infortunato (una stagione saltata interamente e una a metà), li ha portati 4 volte ai playoffs e mai al Superbowl prima di ritirarsi a 29 anni.

Andrew Luck, prima scelta dei Colts nel Draft 2012

La prodezza al contrario

Alla fine il match lo hanno vinto con un moto di orgoglio i Redskins 17-16 che hanno dimostrato di essere una squadra migliore, con un Adrian Peterson ancora in grado di rivelarsi un fattore nelle corse e forse anche aiutati dal licenziamento del Coach Gruden la scorsa settimana con Bill Callahan che ricoprendo la posizione di capo allenatore ad interim una soddisfazione voleva pur levarsela. Soprattutto Washington ha vinto per un tentativo di trasformazione da 2 a 6 secondi dalla fine fallito dai Dolphins, Un tentativo più per non rischiare di vincere la partita che per evitare il supplementare e vincere. Geniale perché con una chiamata formalmente aggressiva si sono garantiti di non vincere. D’altronde una delle curiosità del match era capire COME una delle due squadre sarebbe riuscita a non vincere e in questo senso i Dolphins sono stati particolarmente creativi.

Un disastro Miami. Fa male vedere come giocatori, di quelli a roster pochi del livello NFL, rischino anche fisicamente per una causa apertamente persa e con pochissime speranze di mettersi in luce per restare quando la franchigia avrà altre ambizioni. Più facile farsi male che farsi notare in questa situazione. Tra l’altro, in prospettiva, come si può riproporre l’hanno prossimo un coach come Brian Flores che ovviamente ha avuto ampie garanzie prima di lasciare New England per “questa cosa qui”, ma che comunque è il Capo Allenatore di questo disastro se pur annunciato (per non dire auspicato). E che tipo di chance agonisticamente onesta i Dolphins pensavano di offrire al povero Josh Rosen (che ha già fallito peraltro la sua opportunità migliore ad Arizona), per cui questa doveva essere un’audizione lunga un anno ma che non è in grado di giocare perché davanti non è protetto dalla linea? La stampa locale si è affrettata a spiegare come una vittoria contro i Redskins, considerando anche i vari tiebreakers, poteva essere un disastro. Ma nessuno credo possa spiegare come questa stagione vergognosa, qualsiasi cosa di straordinario possa (tutto da dimostrare) accadere nell’immediato futuro, possa essere dimenticata.

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