Welcome to Smashville: Nashville e la storia dei Predators

Sport USA
Massimo Marianella

Massimo Marianella

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Alla scoperta di uno dei fenomeni sportivi oltre oceano. Sono i Predators, squadra NHL che ha fatto innamorare Nashville e mezza America. E dentro c'è anche un profumo d'Italia...

“Welcome to Smashville”!  Se amate la musica e l’hockey su ghiaccio Nashville è la vostra destinazione ideale per un viaggio anche con un lontano (molto lontano) profumo italiano. No, non per ristoranti e pizzerie (ci sono anche quelle eh), ma per i legami di origine col nostro Paese di diversi giocatori dei Predators. Non una franchigia qualsiasi quella dei gialloblu, ma una squadra attualmente di vertice con 2 titoli divisionali, uno di Conference e un’apparizione alla Stanley Cup negli ultimi 3 anni. Espressione di una città che nell’era moderna lo sport professionistico lo ha conosciuto solo nella seconda metà degli anni 90 con l’arrivo da Houston degli Oilers della NFL ora rinominati Titans e appunto con la creazione dei Predators cui l’NHL ha concesso l’expansion nel 98 in cambio di $80 milioni di dollari.

Una vista esterna della Bridgestone Arena

Nashville: musica, whiskey e fattorie

Il delizioso pollo fritto con salsa barbecue da Arnold’s Country Kitchen e Puckett’s Gro (se fate solo mezzora di attesa per un tavolo siete fortunati e ne vale la pena), oppure i negozi di stivali e cappelli da cowboy e, nei due marciapiedi della Broadway per 7/800 metri uno attaccato all’altro, solo bar con musica dal vivo dove si esibiscono gruppi più o (soprattutto) meno conosciuti, ma con ottimo talento. Come atmosfera un po’ New Orleans e un po’ Vegas con la differenza che in giro si vedono persone di tutti i tipi - principalmente turisti - che camminano pensando di essere il Gatto con gli Stivali o Kit Carson con ai piedi il paio appena comprato.

Tutto quello che si incontra lungo Broadway

Una città in crescita economica, la 3° migliore di tutti gli Stati Uniti nel 2018, il secondo mercato musicale (dopo NY) e il primo dell’industria sanitaria (+ di 300 aziende), ma non esattamente un punto dell’America dove aspettarsi una squadra di hockey su ghiaccio. Beh, in effetti, i Preds sono qui un po’ per caso in un’Arena costruita nel 96 sperando di attirare i Sacramento Kings della NBA (trattativa poi fallita), ma la cosa migliore accaduta a questa città dopo l’invenzione della Country Music.

Tutti amano i Predators!

In città e in tutto il mondo NHL è una franchigia che comunica entusiasmo e simpatia. Impossibile trovare un giornalista che si occupi di questa lega che non parli di questa organizzazione con un sorriso, addirittura a livello nazionale durante la Stanley Cup di 3 anni fa (poi persa contro i Pittsburgh Penguins di Crosby e Malkin) firme note della televisione sportiva americana quasi apertamente tifavano per i gialloblu.

Tutti i record di franchigia li detiene il meno conosciuto David Legwand (partite giocate 956 assist 356 e gol 210), ma giocatori prestigiosi della storia di questo sport che hanno vestito la maglia dei Predators ce ne sono stati non pochi. Dai grandissimi Paul Kariya e Peter Forsberg che sono andati a Nashville nella seconda parte delle loro carriere da Hall of Famer, ai più recenti Shea Weber, PK Subban e quel James Neal che, solo la scorsa settimana, è diventato l’unico giocatore in attività con almeno una tripletta segnata per 4 squadre diverse (Pittsburgh, Nashville, Dallas ed Edmonton).

James Neal celebra il suo speciale primato di "hat trick"

Made in Italy

Ora all’ombra della Country Music Hall of Fame (letteralmente sul marciapiede di fronte alla Bridgestone Arena dei Preds) si testimonia una realtà di successo e ambizione dal lontano profumo italiano. Bonino, Grimaldi e Fabbro hanno passaporti e luoghi di nascita canadesi o americani, ma le origini fin troppo chiare per chi ha anche nomi di battesimo come Rocco o Dante. Tutti orgogliosi delle loro tradizioni anche se non realmente in grado di parlare la nostra lingua. “Ovviamente sono e mi sento americano, ma anche orgoglioso delle origini della mia famiglia - dice Nick Bonino, centro, 2 anelli di campione NHL vinti con i Penguins - che coprono tutto il territorio italiano perché i parenti dei miei genitori sono una parte in Sicilia e l’altra nella zona di Torino. In casa l’italiano non si è mai parlato perché i miei genitori volevano che i figli parlassero inglese, ma io, che a scuola ho studiato lo spagnolo, un tentativo d’impararlo un pochino l’ho fatto. Durante il lockout NHL del 2012-13 anche per questo avevo deciso di giocare in Italia, ma ho firmato per HC Egna (in A2 19 partite con 52 punti) vicino Bolzano e solo quando sono arrivato ho scoperto che lì parlano solo tedesco quindi…niente”.

Nick Bonino

Dall’altra parte dello spogliatoio siede Dante Fabbro, difensore 17esima scelta assoluta del 1° giro del Draft 2016, medaglia d’oro da vice capitano del Canada al Mondiale giovanile lo scorso anno, un rookie molto atteso: “Io un pochino l’italiano lo parlavo da piccolo coi nonni anche se adesso non ricordo quasi nulla, ma sono orgoglioso delle mie origini. Il mio nome completo è Dante Giovanni. Primo nome in onore del mio bisnonno e il middle-name per il nonno materno. All’Italia è legato anche un ricordo bellissimo. Un viaggio di famiglia qualche anno fa per l’anniversario dei nonni un bellissimo percorso Roma-Orvieto- Firenze- Venezia prima d’imbarcarci in una crociera per il Mediterraneo. Voglio tornarci e anche presto in Italia”.

Dante Fabbro

Chissà che un giorno neanche troppo lontano Dante Fabbro possa farlo con un anello di Campione al dito perché i Predators non sono solo simpatici e lontanamente “italiani”, sono principalmente una squadra decisamente attrezzata per la lotta di vertice “Qui le ambizioni sono sempre alte – dice Bonino - ma dobbiamo fare esperienza delle delusioni degli ultimi anni e costruire su queste. L’idea è quella di dividere la stagione in segmenti di 10 partite e fare valutazioni, aggiustamenti e piani dopo ognuno di questi mini blocchi”.

Le stelle di oggi

Progetti ambiziosi aiutati dalla presenza in porta dello straordinario finlandese Pekka Rinne, MVP della sua nazionale medaglia d’argento al Mondiale 2014 e Vezina Trophy (miglior portiere della stagione NHL) 2018. Davanti a lui in difesa il capitano lo svizzero Roman Josi, 95 gol segnati nella NHL e primo difensore della storia della franchigia a totalizzare almeno 50 punti in 4 stagioni consecutive. Nelle varie linee 4 fantastici nazionali svedesi (il difensore Ekholm, le ali Arvidsson e Jarnkrok e il giovane attaccante Filip Forsberg pronto a 25 anni a tagliare il traguardo dei 150 gol NHL) e soprattutto davanti il talento canadese Matt Duchene firmato come free agent a luglio. Il tutto organizzato in panchina da Peter Laviolette, secondo head coach dalla fondazione dei Preds e solo uno dei 4 allenatori della storia della NHL ad aver portato a giocare la Stanley Cup 3 squadre diverse vincendola nel 2006 con i Carolina Hurricanes. Perché va bene la simpatia, ma con la Stanley Cup sollevata sopra la testa, come da tradizione può fare solo chi la vince, si sorride meglio. Anche a Smashtown!

La cerimonia di presentazione dei Nashville Predators