È il club più caro al mondo, ma non sa vincere
Sport USA ©GettyI Dallas Cowboys sono la squadra che vale di più sul pianeta considerando tutti gli sport (5 miliardi e mezzo di dollari), quella con il maggior numero di tifosi nella NFL, con l’attenzione mediatica maggiore, le cheerleaders più affascinanti e sognate e stadio più caro degli Stati Uniti (1 miliardo e 300 milioni di dollari) eppure... non vincono il Super Bowl da 24 anni!
The America’s Team
Tutto in dimensioni enormi, comprese le aspettative e quindi la delusione e le polemiche. In estate all’AT&T Stadium si è parlato più di contratti e di rinnovi che di possibili novità tattiche e di conseguenza ora, dopo l’ennesima partenza deludente, si pensa più al futuro che al presente e potrebbe essere l’ennesimo errore perché la stagione dei Cowboys è tutt’altro che finita. Certo devono iniziare ad aiutarsi un po’ loro in campo ritrovando un minimo di continuità e risultati anche se alla fine tutto si dovrebbe comunque decidere nel confronto diretto che i Philadelphia Eagles (altra squadra che non sta certo attraversando un momento esaltante).
Male ma non malissimo
Una stagione frustrante finora quella di Dallas anche se, a leggere attentamente i numeri, le indicazioni sarebbero più incoraggianti della percezione generale. Al momento sono primi nella NFC East grazie ad un record del 50% (6 vittorie ed altrettante sconfitte), perse le ultime 2 vero, ma le statistiche offensive non sono niente male. I Cowboys sono 8° per punti di media realizzati a partita (25,8) e per le yards corse 127,6 ed addirittura primi per le yards totali e chiaramente per quelle lanciate. In difesa leggermente meno bene dove sono 9° per punti concessi 19,7 e 8° per le yards subite (321,6) di cui quasi due terzi sono quelle su passaggio. Una realtà tutto sommato distante da quel disastro percepito, non solo all’esterno, ma anche dentro il club stesso.
Rinnovi e polemiche
Prima che partisse la stagione è iniziata la saga di Ezekiel Elliott che ha forzato la mano per il rinnovo del contratto andando ad allenarsi da solo in Messico, a Cabo San Lucas, mentre la squadra era impegnata nel training Camp nella abituale location di Oxnard in California. Il braccio di ferro lo ha vinto lui non perché Jerry Jones negli anni si sia indebolito, ma perché il proprietario si è convinto -non a torto - che questa potesse essere LA stagione, quella giusta per tornare al Super Bowl e che in questo senso una polemica non aiutasse ed invece un running back della portata di Elliott potesse essere decisivo. Il numero 21 ha firmato prima dell’inizio del campionato un accordo di $90 milioni per 6 anni e finora ha prodotto 227 yards con 7 TD, ma la soluzione del suo problema ha inasprito inevitabilmente il rapporto con il QB Dak Prescott, altro in attesa di rinnovo che ha preso meno bene la valutazione generale che fosse più importante risolvere prima la situazione contrattuale di Elliott piuttosto che la sua. Ha rifiutato allora $30 milioni all’anno, creato tensione nell’ambiente, incertezza sul futuro e un circo mediatico che i Cowboys si sarebbero risparmiati volentieri. Un polverone che ha coinvolto pure il futuro di Amari Cooper, il ricevitore arrivato lo scorso anno dai Raiders che ha dato profondità e efficacia all’attacco di Dallas, in attesa anche lui di un nuovo contratto e l’Head Coach Jason Garrett in attesa invece di licenziamento.
Jason Garrett al capolinea?
Incredibilmente l’ultimo, ma veramente l’ultimo, a difenderlo è rimasto il focoso Jerry Jones che nel novembre del 2010 lo aveva scelto come l’ottavo capo allenatore della storia di Dallas e che a oggi dice di non essersi ancora pentito anche se probabilmente a febbraio, al massimo, dovrà arrendersi alle pressioni generali e forse anche all’evidenza. Un ruolo che negli anni ha visto personaggi carismatici e vincenti come Tom Landry e Jimmy Johnson avrebbe bisogno di una figura diversa da quella di Garrett.
I punti di forza
Una certezza è invece Prescott che, comparso quasi dal nulla nel 2016, da rookie prese il posto di Tony Romo e oggi, come tutti i QB della storia dei Cowboys, è diventato anche un personaggio molto mediatico, protagonista di tanti spot pubblicitari in tv, ma nonostante il tira e molla contrattuale, non sta affatto deludendo in campo con 298 passaggi completati su 447 per 3788 yards e 23 TD. Sa gestire al meglio il campo che Elliott gli apre con le sue corse per sfruttare un parco ricevitori che, dalla metà della scorsa stagione, è diventato importantissimo. Prima con l’arrivo di Cooper da Oakland (quest’anno 971 yards e 7 TD), poi con quella di Cobb da Green Bay (3 TD ed una media di 15,1 yards a ricezione) e infine col ritorno di Jason Witton che ha lasciato la cabina di commento del Monday Night Football, dove per altro è rimasto un solo anno, per tornare a vestire la sua maglia 82 e quest’anno ha dimostrato di non aver perso né fisico né il tocco con 48 ricezioni completate e 3 TD realizzati. Attacco col giusto mix e difesa che, secondarie a parte, ha una struttura importante con Robert Quinn (9,5 sacks) preso dai Dolphins, l’esperienza anche “vocale” nello spogliatoio di Michael Bennett quindi Demarcus Lawrence poi 3 dei linebackers migliori di tutta la NFL Leighton Vander Esch, Jaylon Smith e Sean Lee. Se a questo aggiungiamo entusiasmo potenziale dell’ambiente, possibilità economiche, tifosi e cassa di risonanza davvero gli ingredienti per un prodotto vincente ci sarebbero tutti, ma qualcosa non funziona e, visto che a sorpresa non è colpa della pressione messa da Jerry Jones, lo sguardo perplesso (o accusatore) finisce inevitabilmente in panchina oltre che verso la secondaria difensiva che non riesce a recuperare troppi palloni e ad uno special team disastroso. Adesso i Cowboys hanno 3 partite verità. La prima abbordabile a Chicago poi 2 sfide toste, in casa contro i Rams e quella decisiva a Philadelphia. Tre partite per, potenzialmente, sancire l’ufficialità della post season e cambiare gli umori per il momento un po' rabbuiati.
Nella storia, da due lati diversi
Nel weekend NFL anche due flash opposti che hanno riscritto il libro dei record della Lega. In negativo col nome di Josh Shaw, cornerback dei Cardinals, pizzicato a scommettere sulla NFL cosa ovviamente vietata. E’ stato immediatamente sospeso a tempo indeterminato ed è il 4° della storia recente del football a subire una punizione così dura per la stessa motivazione dopo Art Schlichter, ex quarterback dei Colts nel 1983, Paul Hornung, running back straordinario della storia dei Packers nel 1963 e, nello stesso anno, anche il defensive tackle Alex Karras dei Detroit Lions.
In positivo invece la firma di Jason Sanders il kicker dei Miami Dolphins, che ha segnato il TD forse più incredibile dell’anno in un trick play su lancio da TD del punter e holder della squadra Matt Haack. Un’azione incredibile e spettacolare che ha portato al primo TD su ricezione di un kicker da quando c’era riuscito Jim Turner dei Denver Broncos nel 1977.