Bruins, l’anima di Boston

NHL
Massimo Marianella

Massimo Marianella

©Getty

A Boston la concorrenza tra le squadre professionistiche è forte tanto quanto la passione e forse il titolo di squadra più amata della città resterà per sempre vacante in un’impossibile competizione sentimentale. Boston ama lo sport e, incondizionatamente, tutte le sue squadre. I Patriots perché hanno vinto per così tanti anni nell’era Brady-Belichick; i Red Sox invece hanno aumentato un già grande e naturale amore nei loro confronti perché (prima di questo millennio) non avevano vinto per tantissimi anni; i Celtics rappresentano la tradizione, la dinastia, la leggenda, ma i Bruins sono nel Dna di questa città

Original Six

Una delle “Original Six”, delle 6 squadre con Toronto, NY Rangers, Detroit, Chicago e Montreal che hanno iniziato l’avventura della NHL. Patrimonio di una città che ha un pubblico che ha “un’opinione su tutto” quindi difficile. I Bruins però, vincenti o meno negli anni, hanno sempre goduto di un pass di affetto forse perché, tutte assieme rappresentano bene ognuna delle caratteristiche che, una per franchigia, definiscono le altre squadre della città. Nel loro passato hanno la storia, le vittorie e le sconfitte. Quel non so che di aristocratico con un portamento popolare per una tradizione che si tramanda da generazioni senza che una decade sia stata diverso dalle altre. Sei Stanley Cup equamente divise praticamente in 6 decenni diversi. E’ una statistica senza numeri e senza prove tangibili, quindi niente più che una sensazione, ma in giro per la città si vedono più maglie, cappellini, giacconi e guanti dei Bruins di quanti non ce ne siano delle altre squadre. Sicuramente al TD Garden, divino con i Celtics), dove ci sono più riferimenti giallo neri che bianco verdi all’interno.

Tifosi all'interno del TD Garden
Tifosi all'interno del TD Garden

Bobby Orr

Per quanto possa sembrare incredibile poi, Gilette Stadium a parte ovviamente, per le strade si legge molto di più il nome di Bergeron che quello di Brady. Probabilmente una passione influenzata anche dalla grande tradizione hockeistica a livello universitario di tutto il Massachusetts, basti solo pensare a quanti talenti sono usciti di recente da Boston College. Fuori dal TD Garden infatti l’unica statua che fa bella mostra di sé all’entrata è quella dedicata a Bobby Orr, Hall of Famer oggi agente di molti grandi giocatori, ma soprattutto ex grande difensore per 10 anni con i Bruins dalla metà degli 60. Il difensore più offensivo della storia della NHL. L’unico ad aver vinto la classifica dei migliori realizzatori di una stagione e ad aver avuto un’annata da 30 e una da 40 gol con addirittura 9 triplette in carriera.

La statua di Bobby Orr fuori dal TD Garden
La statua di Bobby Orr fuori dal TD Garden

Phil Esposito & Ray Burque

Orr ha per molti anni diviso il ghiaccio con un “paisà” pure lui nella storia dei Bruins e di questo sport, quel Phil Esposito, anche lui Hall of Famer e inserito nella lista dei “100 greatest NHL Players”, che con la divisa dei Bruins ha segnato 530 gol. La sua maglia numero 7 è stata poi ereditata da Ray Burque e con lei la leadership e il carisma. Un numero che nel corso della sua avventura a Boston Burque ha dovuto abbandonare quando i Bruins hanno deciso di ritirarla in onore di Esposito, ma questo rende la storia ancora più bella perché alla fine della sua carriera è stato anche lui altrettanto leggendario da veder ritirato pure il suo nuovo #77. Difensore mancino Burque alla fine della carriera ha superato Orr per punti realizzati da un difensore nella storia NHL e chiuso la sua avventura professionale forse con un unico rimpianto quello di aver vinto la Stanley Cup con Colorado alla fine della sua carriera e non i suoi Bruins.

Ray Burque durante la cerimonia in cui venne ritirato il 7 di Phil Esposito
Ray Burque durante la cerimonia in cui venne ritirato il 7 di Phil Esposito

Willie O’Ree

Altro grande personaggio che definisce la storia di questa franchigia certamente Willie O’Ree il primo giocatore nero della storia della NHL. Non è stato un giocatore straordinario, con i Bruins 4 gol in 45 partite, ma leggendario è stato il suo impatto in questa Lega a livello umano tanto che è stato indotto anche lui nel 2018 nella Hall Of Fame. Oggi O’Ree ha 84 anni è spesso alle partite dei Bruins, vive a Boston e ha un programma con i quale aiuta i bambini di tutte le etnie e background sociale ad iniziare a giocare a hockey su ghiaccio  

O'Ree lo scorso ottobre alla prima del film "Willie", dedicato alla sua vita
O'Ree lo scorso ottobre alla prima del film "Willie", dedicato alla sua vita - ©Getty

Sold out

La squadra attuale ha personaggi probabilmente meno leggendari, ma non necessariamente un presente meno esaltante. La passione dei tifosi e della città, come detto, è sempre al massimo tanto che siamo arrivati dopo il match contro Winnipeg del 9 gennaio al 465esimo tutto esaurito consecutivo tra playoffs e regular season. Per trovare una partita al TD Garden dove non tutti i biglietti sono stati venduti bisogna tornare indietro al 2 dicembre 2009 quando l’avversario erano i Tampa Bay Lightning e quel mercoledì sugli spalti c’erano “solo” 16,553 spettatori. Una passione ampiamente ripagata dai risultati. Lo scorso anno hanno perso incredibilmente la Stanley Cup all’ultima partita possibile, gara 7, ed in maniera sanguinosa perché in casa ad opera di St Louis quando in tutta la città erano pronti i festeggiamenti.

Back to the Finals

In questa stagione, numeri alla mano, sono ripartiti alla grande e restano tra i principali favoriti per tornare a disputare la Stanley Cup. Dopo la seconda settimana di gennaio, poco dopo il giro di boa della stagione regolare sono serenamente primi nella Atlantic Division con 6 punti di vantaggio su Tampa, secondi solo ai Washington Capitals di Ovechkin nella Eastern Conference e terzi in tutta la NHL con un solo punto in meno rispetto agli stessi Capitals e ai campioni in carica dei St Louis Blues. Sono la 5° miglior difesa e il 6° miglior attacco del campionato, ma restano una squadra di mentalità e di struttura molto offensiva. La prima linea Bergeron, Pasternak e Marchand probabilmente ha pochi eguali al mondo e se tra di loro il miglior realizzatore è il ceco con la maglia 88, i grandi personaggi per motivi diversi sono gli altri 2. Uno il più amato dalla città di Boston, l’altro il più odiato da avversari e tifosi. Nello mondo dello sport in effetti si fatica a trovare un giocatore più fastidioso, irritante ed odiato così tanto da tutti come Brad Marchand.

Most hated man

Nello mondo dello sport in effetti si fatica a trovare un giocatore più fastidioso, irritante ed odiato così tanto da tutti come Brad Marchand. Canadese di 31 anni si è guadagnato questa fama con merito per tutte le risse, le gomitate, gli insulti, le provocazioni e tutte quelle piccole cose che, perfino su una pista di ghiaccio dove tanto nei contatti è concesso, sono oltre il limite del senso sportivo e mandano in bestia chiunque altro non abbia con lui legami di sangue o di squadra. Provocatore se ce n’è uno. Facilissimo (succede onestamente anche al sottoscritto) da odiare profondamente, ma bisognerebbe essere così onesti da riuscire a guardare oltre e riconoscere tutti, e sono tanti, i suoi meriti puramente hockeistici. E’ vicino ai 300 gol in carriera, ha già superato i 620 punti, ovviamente ha più minuti di penalità che partite giocate, ed è stato uno dei protagonisti della vittoria dell’anello di Boston nel 2011.

Most loved man

Il giocatore più amato, quello di cui in tanti vestono sugli spalti del TD Garden e in giro per la città la maglia 37 è un altro canadese, uno dei migliori di tutti nell’era moderna: Patrice Bergeron. Ha giocato anche vicino ai nostri confini a Lugano durante il lockout della NHL nel 2012 (29 punti in 21 partite), ma probabilmente in tanti allora non hanno colto la grandezza dell’opportunità di vederlo giocare qui in Europa.

Bergeron mostra la maglia del Lugano durante la presentazione del 2012
Bergeron mostra la maglia del Lugano durante la presentazione del 2012

Con la nazionale dalla foglia d’acero rossa si è messo al collo 2 ori olimpici (Vancouver e Sochi) e uno mondiale, con Boston non si è limitato a vincere la Stanley Cup, lo ha fatto firmando il gol decisivo per il trionfo a gara 7! I Bruins lo hanno scelto al secondo giro col numero 43 del Draft del 2003 e, rileggendone oggi la carriera, è incredibile che tutte le franchigie, compresi i Bruins che con la 21 chiamarono il difensore americano Mark Stuart, non se lo siano assicurato prima. Trecentottanta gol e 575 assist dopo lo rimpiangono in tanti.

Captain Chara

Uno che invece ha dovuto addirittura imporsi anche solo per giocare ad hockey è il capitano Zdeno Chara. Vista l’altezza, 2 metri e 06, nella natia Slovacchia hanno fatto di tutto per convincerlo a giocare a basket, ma alla fine la sua passione ha avuto la meglio. Per debuttare nella NHL ha dovuto avere una sorta di dispensa speciale per poter utilizzare un bastone più lungo del consentito altrimenti non sarebbe mai arrivato da quell’altezza a controllare regolarmente il disco sul ghiaccio. Un bastone che da anni usa come un’arma. Non perché ci colpisca gli avversari (beh… qualche cross checking…) ma perché per 5 anni ha vinto la competizione del tiro più potente all’All Star Game con una velocità record arrivata a 108,8 mph, più di 175 chilometri orari.

Comprese quelle con gli Ottawa Senators e i New York Islanders ha superato quest’anno le 1700 partite nella NHL, ma più che per i numeri o la stazza sul ghiaccio, sa farsi notare anche per quello che fa fuori. Prima delle feste di Natale di quest’anno ha, ad esempio, fatto il giro dei centri di rifugio degli homeless della città portando in regalo scatoloni di calzettoni pesanti, di tutti i colori e tutte le misure, per aiutarli a stare al caldo e fronteggiare le rigide temperature dell’inverno del Massachusetts.

Tuukk

Un altro Europeo è una delle colonne della storia moderna dei Bruins: il finlandese Tuukka Rask. Il portiere che ha giocato più partite, che ne ha vinte di più e con più shutout nei playoff in tutta la storia di Boston. Leggendario per la sua mobilità, reattività e velocità nell’usare il guanto, ha portato la Finlandia alla medaglia di bronzo a Sochi e proprio questa sua capacità acrobatica se l’è vista riconoscere addirittura dalla scienza tanto che una specie di vespe africane (si trovano soprattutto in Kenya) hanno la denominazione ufficiale scientifica di “Thaumatodryinus Tukkaraski”. E pensare che lo aveva scelto Toronto nel Draft del 2005, ma i Maple Leafs pensarono bene di scambiarlo subito... Una stagione estremamente promettente quella attuale. Presto per pensare ad organizzare la parade da Boyslton Street a Boston Common, ma tra i favoriti per questa edizione della Stanley Cup questi Bruins bisogna obbligatoriamente metterli.

Tuukka Rask
Tuukka Rask - ©Getty