Super Bowl 2021, tutto quello che c'è da sapere sulla sfida tra Buccaneers e Chiefs

Sport USA

Michele Serra e Alberto Cantù

©Fotogramma
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L’evento sarà visibile nella notte tra domenica e lunedì alle 00:30 in streaming tramite l’app DAZN nella sezione App di Sky Q o sui dispositivi supportati. I clienti Sky possono aderire all’offerta Sky-DAZN su sky.it/faidate. E grazie a extra, che premia la fedeltà dei clienti, per chi ha Sky da più di tre anni e ha Sky Calcio e Sky Sport l’offerta Sky-DAZN è senza alcun costo aggiuntivo sull’abbonamento Sky, anziché 9,99€ al mese. Lo sconto è offerto da Sky.

SUPER BOWL, CHIEFS-BUCCANEERS LIVE

I fan del football americano sono forse più fortunati di qualunque altra categoria di tifosi al mondo. Per questioni di calendario la NFL ha schivato di un pelo la pallottola Covid nel 2019, e sempre per questioni di calendario la lega è stata quella con il cuscino temporale più ampio per programmare il 2020. C’è stato qualche passaggio a vuoto, certo, ma alla fine di una stagione sgangherata, per lo più spopolata sugli spalti ma comunque spettacolare, siamo incredibilmente arrivati all’ultimo atto. Il 7 febbraio a Tampa Bay, Kansas City Chiefs e Tampa Bay Buccaneers incroceranno i caschi per il cinquantacinquesimo Super Bowl della storia.

 

Sono fortunati anche quelli che non seguono da vicino il football americano,  ma che ne sono incuriositi al punto di decidere di fare nottata domenica. Difficile trovare due nomi da box office come Patrick Mahomes e Tom Brady, ma ad attrarre è anche il semplice fascino magnetico che questo evento esercita anche su chi non ha mai sentito parlare di terzi down, tackle for loss e pass interference. È il finale più suggestivo possibile. Sarà un Super Bowl strano, questo è sicuro. Gli spalti non saranno gremiti come d’abitudine, visto che la capienza del Raymond James Stadium sarà ridotta a circa 30 mila spettatori, un terzo dei quali sarà composto da personale sanitario che ha combattuto il virus in questi mesi. Sarà anche il primo Super Bowl aperto dai versi di una poetessa, Amanda Gorman, la stessa che si è esibita all’inaugurazione di Joe Biden poche settimane fa. Anche le circostanze in campo saranno inedite, visto che per la prima volta nella storia, una squadra, i Tampa Bay Buccaneers, si giocherà un Super Bowl nel proprio stadio. E chi poteva essere, se non Tom Brady, il quarterback destinato a sfatare questa maledizione decennale?

 

A rendere ancora più speciale la circostanza, l’avversario del quarterback dei Bucs sarà Patrick Mahomes, che è al contempo l’erede designato di TB12 come miglior quarterback in attività e il principale sfidante per il titolo di migliore della storia.

 

Nella notte tra domenica e lunedì, alle 00.30 italiane, si affronteranno il GOAT del presente e il potenziale GOAT del futuro, ma sarebbe sbagliato ridurre il fascino di questa sfida ai due protagonisti principali. I punti interrogativi non si limitano alla legacy dei due quarterback, ma vanno a toccare il passato, il presente e il futuro delle due franchigie. I Buccaneers riusciranno a tornare ai fasti del 2002, l’unico momento di gloria di una squadra tra le più sventurate della lega? Dopo il successo del 2019, i Chiefs riusciranno a scrivere il proprio nome nella leggenda diventando l’ottava squadra della storia a centrare il repeat? La risposta a queste domande passa attraverso la battaglia campale che avrà luogo sul gridiron. Di seguito vi daremo i punti di riferimento per godervela al massimo, partendo da quando ad attaccare saranno i Chiefs di Mahomes.

 

 

Quando Kansas City ha il pallone

I Chiefs sono da anni ormai in cima alla classifica del DVOA offensivo, la statistica di Football Outsiders che tiene conto non solo delle yard guadagnate, ma anche della posizione di campo, delle yard da percorrere per chiuderlo, e del punteggio.

 

Facciamo dunque entrare Andy Reid che, assieme a Mahomes, ha creato uno degli attacchi più moderni e funzionali della storia. Reid è un discepolo della West Coast Offense, una filosofia offensiva che predilige passaggi corti ma sicuri, per ottenere guadagni facili e costanti. Ma è anche un vero uomo di football, che studia il gioco a più livelli, tanto da aver facilitato l’introduzione nei playbook di squadre NFL anche concetti e giochi provenienti direttamente dal college o anche high school, dei veri e proprio tabù nel football professionistico anche solo quindici anni fa. Andy Reid, però, deve molto a questa squadra, che lo ha aiutato a separarsi dalla scomoda etichetta di perdente nei playoff. Prima della cavalcata al Super Bowl dell’anno scorso, Reid aveva vinto solo due partite di post-season su nove tra Philadelphia e Kansas City, e solo una delle ultime cinque partite casalinghe giocate dalle proprie squadre. Stiamo pur sempre parlando di uno dei più vincenti allenatori di sempre in stagione regolare (e ora anche nei playoff), che però aveva bisogno di una vittoria in grande stile per scrollarsi di dosso anni di malelingue: lui e Mahomes si sono cercati e trovati.

 

 

Tuttavia, nonostante l’eccellente prova offensiva offerta due settimane fa contro Buffalo, l’attacco dei Chiefs non arriva esattamente nel momento migliore dell’anno in termini di salute. Clyde Edwards-Helaire è rientrato giusto nella partita contro i Bills con compiti limitati; Sammy Watkins tornerà giusto in tempo per il Super Bowl, Le’Veon Bell è in dubbio e, come se non bastasse, ai lungodegenti Mitchell Schwarz (right tackle) e Kelechi Osemele (left guard) si è aggiunto l’infortunio al tendine d’Achille subito dal left tackle Eric Fisher: decisamente non le premesse migliori per affrontare una finale, per giunta contro quella difesa.

 

 

Per le due squadre non si tratta del primo incontro stagionale, avendo già condiviso il campo in occasione della week 12, in cui Kansas City ha portato a casa dalla Florida una vittoria tutto sommato agevole. In quel periodo i Bucs avevano subito una serie di sconfitte contro contender, o presunte tali, che sembrava potesse delegittimare le aspirazioni di vittoria, a maggior ragione per via del mediocre rendimento di Brady in quella fase.

 

Il gioco offensivo di Kansas City è basato su movimenti pre-snap per anticipare le intenzioni delle difese e combinazioni di tracce per costringere le stesse a fare scelte in decimi di secondo. MVP dell’incontro è stato Tyreek Hill, di cui probabilmente si ricorderà Carlton Davis, l’uomo dalla parte sbagliata in ciascuna delle tre occasioni. Va detto che lo schieramento dei suoi non lo ha messo nelle migliori condizioni di difendere; in tutti e tre i casi, Todd Bowles ha fatto disporre in suoi in cover 1 o cover 3, due coverage che hanno in comune il fatto di avere una sola safety a proteggere tutto il fondo del campo e a rimediare a eventuali errori dei cornerback nell’uno-contro-uno.

 

Come spesso succede, ai Chiefs non serve mettere in campo schemi particolarmente complicati: basta adattarsi alle circostanze, e il talento dei giocatori e di chi li mette in campo farà il resto. Nel caso dei tre touchdown di Hill – ma non solo, sono vari gli esempi che potremmo prendere come spunto da quella partita – l’attacco dei Chiefs ha colto la palla al balzo per via della disposizione difensiva degli avversari, che hanno prestato loro il fianco con cospicuo uso di cover 1 (tutti i defensive back a uomo tranne la free safety che protegge il fondo del campo). Chiedere a un solo giocatore di coprire una zona di campo così vasta, a maggior ragione quando i tuoi avversari hanno centometristi come Hill e Hardman, oltre un route runner di primo livello come Travis Kelce, non è cosa da poco: Carlton Davis, che marcava Hill a uomo in tutti e tre i casi, è stato superato senza troppa difficoltà dal numero 10 di Kansas City.

 

Di questi tre esempi, il più interessante è forse quello tratto dal secondo TD. Tampa Bay è in nickel (cioè ha cinque defensive back) e sembra essere disposta in cover 2, cioè con i cornerback a uomo e due safety a sorvegliare il fondo del campo. Una volta partito lo snap, però, la difesa porta un blitz con i propri linebacker e la secondaria si dispone a uomo, come vediamo dal movimento di una delle due safety che si abbassa per marcare un eventuale checkdown (passaggio in extremis quando tutte le opzioni sono coperte) al running back. Kelce, il ricevitore isolato sul lato debole, corre una traccia in mezzo al campo per portarsi via il difensore, mentre Hill – il ricevitore più interno sul lato forte – va a occupare la zona di campo in cui prima c’era la safety. Va da sé che Edwards, numero 32, non può coprire così tanto spazio e Hill, dopo aver battuto il diretto marcatore, può segnare in tranquillità. 

Non che giocare a zona non comporti rischi, anzi. Portando due giocatori in due zone limitrofe del campo con le loro tracce, significa costringere il difensore che pattuglia quella parte di campo a fare una scelta in un decimo di secondo, con risultati spesso non ineccepibili.

 

Va detto, però, che la linea offensiva dei Chiefs è ormai un patchwork di riserve o titolari riadattati in altre posizioni. Di fronte si troverà una squadra al top in molte categorie statistiche, e soprattutto per quanto riguarda le corse. I Bucs sono primi in DVOA contro di esse: primi per yard concesse, per yard di media e per touchdown segnati. Dal canto loro, i Chiefs sono una delle squadre che meno si affida al gioco palla a terra – solo nel 39% degli snap offensivi, uno dei dati più bassi di Lega; contro la linea difensiva dei Bills, buona ma non al livello di quella dei Bucs, la o-line di Kansas City è spesso andata in difficoltà e, pur non avendone avuto molto bisogno vista l’eccellente prova di Mahomes, il gioco di corsa ha latitato. Nonostante ciò, la squadra di Reid è in grado di recuperare con misdirection e passaggi corti sfruttando l’abilità dei propri giocatori di creare yard dopo aver ricevuto il pallone.

 

I Buccaneers sono anche una delle squadre che si affida più spesso al blitz, cioè all’utilizzo di più di quattro pass rusher da aizzare contro il quarterback, ben nel 39% dei loro possessi difensivi; si tratta, però, di una tattica che domenica potremmo vedere poco, essendo di fronte a quello che, verosimilmente, è il miglior passatore contro i blitz. Come mostrano le statistiche di Pro Football Focus, in stagione Mahomes ha lanciato oltre 1300 yard, 18 touchdown e un solo intercetto contro i blitz, oltretutto con efficacia irreale (136 di passer rating). Tuttavia, viste le condizioni dell’offensive line dei Chiefs, Tampa Bay dovrebbe riuscire a generare pressione con soli quattro uomini, senza quindi prestare il fianco a un attacco e a un quarterback che si adattano come pochi altri alle circostanze.

 

Se vogliamo parlare di giocatori sottovalutati, o comunque meno conosciuti rispetto a tanti dei loro compagni di squadra, allora la secondaria è il reparto giusto. Per anni è stata il vero tallone d’Achille di Tampa Bay, che negli ultimi tre draft vi ha posto rimedio, costruendo dal nulla il reparto come è attualmente. Stiamo parlando di giocatori giovani ma che si sono già guadagnati il soprannome di Grave Diggers, i becchini; come ha detto Carlton Davis, uno dei cornerback titolari, scusandosi in anticipo per il linguaggio, loro «giocano per uccidere e per dominare senza lasciare tracce (dell’avversario)». Sono effettivamente una secondaria molto fisica ma allo stesso tempo piuttosto disciplinata: Tampa Bay è una delle squadre meno penalizzate per pass interference e nella metà bassa per quanto riguarda gli holding.

 

Un aspetto in cui la difesa dei Buccaneers eccelle è proprio la capacità di nascondere le proprie intenzioni in coverage, ma anche la disciplina dei giocatori nel passarsi le marcature al volo quando sono disposti a zona, e nessun difensore è direttamente responsabile di un attaccante.

 

Sulla carta, la difesa di Tampa Bay è più che attrezzata per contenere l’attacco di Kansas City, approfittando per esempio del match apparentemente impari tra le due linee. A emettere il verdetto definitivo ci penserà il campo che, al Super Bowl, parla una lingua diversa.

 

 

X-Factor Kansas City: Travis Kelce

Tampa Bay avrà sicuramente le mani piene nel dover affrontare un attacco del genere, e probabilmente qualcuno avrà meno spazio di altri. Se dovessimo fare un singolo nome, sarebbe quello del tight end. Probabilmente non c’è un singolo difensore in grado di tenere Kelce uno-contro-uno nella Lega, e nemmeno nei Buccaneers, benché White e David tra i linebacker siano due signori marcatori. Se effettivamente dovessero mettere i sigilli al fondo del campo e cercare di togliere di mezzo le deep threat della squadra, Hill e Hardman, ecco che potrebbero aprirsi scenari interessanti per Kelce.

 

X-Factor Tampa Bay: Jason Pierre-Paul

Anche in Florida e senza un paio di dita di una mano, Pierre-Paul è ancora un edge rusher al di sopra della media. Di fronte si troverà Mike Remmers, right tackle, che per l’occasione si sposterà a sinistra come sostituto di Fisher infortunato. Contro Green Bay, la coppia JPP-Shaq Barrett ha demolito i tackle, risultando decisiva: il matchup contro Kansas City è molto allettante. Attenzione anche alle sorprese, come un Pierre-Paul scalato in caso di zone blitz, un tipo di blitz in cui un uomo di linea scende in copertura, e al suo posto a blitzare finisce un linebacker: Tampa ha già usato qualche volta in stagione questa carta, che peraltro ha fruttato anche un paio di intercetti all’ex New York Giants.

 

 

 

Quando Tampa Bay ha il pallone

Tom Brady arriva a questo Super Bowl al termine della stagione più incredibile della sua leggendaria carriera. Il 2020 non è stato il suo miglior anno in assoluto, ma è di certo il più strabiliante una volta considerate le circostanze. Lo scorso marzo, a 42 anni suonati, Brady ha lasciato Boston e i Patriots per proseguire la sua caccia al prossimo anello ripartendo da Tampa Bay, un ambiente sconosciuto e parecchio diverso da quello dove si era mosso, in campo e fuori, per più di vent’anni. Con l’off-season ridotta ai minimi termini a causa del Covid, Tom si è trovato a dover imparare un nuovo sistema, una nuova progressione sui passaggi e soprattutto a introiettare la filosofia offensiva del suo nuovo coach Bruce Arians, lo sciamano della palla lunga, fautore di un sistema per molti versi opposto al quick-passing game conservativo tipico dei Patriots degli ultimi anni. Il 2020 è stato l’anno in cui Brady ha dovuto trasformarsi da chirurgo a bombarolo, guidando la classifica del numero di lanci profondi con 83 tentativi, 8 in più del secondo quarterback. Alcune di queste bombe da 20+ yard sono lanci di una bellezza stordente, che ci ricorda quanto negli anni abbiamo sottovalutato la gittata del braccio di TB12.

Brady non ha mai avuto un cannone per braccio, ma anche a 43 anni riesce a compensare la potenza inferiore grazie al tempismo e al piazzamento del pallone.

 


Alla luce delle circostanze tecniche, logistiche e anagrafiche, gli ottimi numeri della regular season (4633 yard, 40 TD e soli 12 intercetti) sono fuori di testa. Al netto di qualche passaggio a vuoto più che comprensibile, Brady ha guidato uno dei migliori attacchi della lega, sicuramente il più spericolato. Dietro l’indole aggressiva del Brady 2020 non c’è solo il sistema spregiudicato di Arians, ma anche la presenza di un parco ricevitori finalmente d’élite, tale da garantirgli mani sicure e velocità da vendere. Brady ha distribuito piuttosto democraticamente la palla ai suoi playmaker, alternando palle profonde per Mike Evans e Scotty Miller a passaggi medio-corti per Chris Godwin e per il fido Rob Gronkowski. Le armi con cui Brady scenderà in campo domenica sono le più affilate che ha avuto a disposizione almeno dal 2007 in poi.

 

A proposito di 2007 e di Super Bowl, dall’altra parte del campo Brady troverà un vecchio fantasma. Si tratta di Steve Spagnuolo, colui che tredici anni fa, da coordinatore difensivo dei New York Giants, affondò l’invincibile armata di Brady a un passo dalla stagione perfetta. Ironicamente, Brady è il motivo stesso per cui Spags si trova sulla panchina dei Chiefs: nel 2018 i Patriots espugnarono Arrowhead in overtime mettendo in imbarazzo la passività della difesa allora guidata da Bob Sutton. Dopo quella disfatta Andy Reid si è messo subito alla ricerca di un coordinatore in grado di plasmare la difesa di KC ad immagine e somiglianza dell’attacco, e l’ha trovato in Spagnuolo. Si parla spesso d’identità e di quanto trovarla sia fondamentale per plasmare un Championship team. Da quando è arrivato Spags, l’identità dei Chiefs è la stessa su entrambi i lati del pallone: aggressività. Fuori la cover 2 man polverosa di Sutton, dentro un pacchetto di blitz imprevedibili e spesso spregiudicati, la controparte perfetta dei missili scagliati da Mahomes sull’altro lato del campo. I Chiefs di Spagnuolo infatti sono una delle difese più aggressive della lega per numero di blitz portati (noni nella lega per blitz %) e per tipo di coperture sui passaggi legate a questi blitz. Brady e i suoi dovranno affrontarli sapendo di non potersi permettere nemmeno uno snap di distrazione, perché i loro avversari giocheranno all gas no brake dall’inizio alla fine. 

Nel Super Bowl del 2007 Spagnuolo riuscì a neutralizzare Brady con un piano gara semplice ma efficace, quello della famosa “pressure with 4”: non sbilanciarsi in blitz, portare pressione solo con i quattro uomini di linea in modo da avere ben 7 difensori dedicati alla difesa dei passaggi. Quel piano funzionò perché i “4 davanti” dei Giants, giocarono una partita leggendaria che li vide dominare dal primo all’ultimo minuto la linea offensiva dei Patriots.

 

Nel Super Bowl del 2020 l’obbiettivo di Spagnuolo sarà sempre quello di mettere la museruola a Brady, ma il suo piano d’attacco sarà per forza di cose diverso. A differenza dei Giants di una volta, la linea difensiva dei Chiefs ha un solo pass rusher stellare, Chris Jones, e quindi non potrà permettersi di limitarsi ad “attaccare con 4” i cinque uomini di linea offensiva chiamati a proteggere Brady. Jones dominerà di sicuro l’interno contro la debole guardia destra di Tampa, ma per portare una pressione veramente soffocante sarà necessario il contributo di linebacker e defensive back lanciati in blitz, esattamente come accadde nel match di week 12 tra Bucs e Chiefs. È piuttosto raro che le due finaliste si siano incontrate anche in regular season, e non possiamo che partire dal primo round per trarre indicazioni valide per il secondo.

 

Lo scorso novembre Spags scagliò tutti i blitz del suo arsenale contro Brady, mettendolo sotto pressione già dai primi snap della partita. I Bucs furono colti alla sprovvista al punto da convertire la miseria di un quattro primi down nell’intero primo tempo e segnare un solo touchdown nei primi otto drive offensivi, mentre Brady veniva massacrato dai giocatori di Spagnuolo. Colpire fisicamente Brady è importante perché va a punire l’unico aspetto del suo gioco peggiorato sensibilmente negli ultimi anni, la sua disponibilità a farsi colpire di nuovo. A 43 anni il suo corpo reagisce inconsciamente alla pressione affrettando i lanci e inceppando un processore nervoso solitamente impeccabile. 

I Chiefs arrivano a questo rematch forti della consapevolezza di aver annullato i Bucs per larghi tratti della partita, soprattutto nei primi due quarti. Tuttavia, ci sono almeno tre ragioni per cui Spagnuolo non può dormire sonni troppo tranquilli in vista di domenica. La prima è che snobbare Tom Brady sarebbe l’errore più fatale che si possa commettere nel football. La seconda è che già in Week 12 i Bucs si sono registrati durante la partita e hanno trovato buone risposte già nel corso del match, in particolare sfruttando il quick passing game. Quando la pressione non è arrivata troppo in fretta, Brady ha dimostrato di avere tutte le risposte necessarie per attaccare sul corto le sacche di spazio che la difesa dei Chiefs è costretta a concedere a causa dei suoi blitz e delle sue coperture esotiche sui passaggi. Non a caso, i numeri grezzi di Brady nella partita (345 yard e 2 touch down segnati) sono stati più che buoni. Ora che l’attacco di Tampa gira finalmente a pieno regime, TB12 sarà ancora più efficace nel neutralizzare la pressione dei Chiefs liberandosi in fretta del pallone. Sotto questo punto di vista sarà fondamentale la prova dei tight end Cameron Brate e Rob Gronkowski e ancora di più quella del running back Leonard Fournette, i target preferiti da Brady sulle ricezioni corte.

 

La terza ragione è che la grande prova dei Chiefs nel primo tempo si è retta su un filo sottilissimo. Per andare a colpire Brady, Spagnuolo ha lasciato spesso i suoi cornerback esterni 1vs1 contro gente del calibro di Mike Evans e Antonio Brown. L’azzardo ha pagato, ma scommettere un Super Bowl sulla capacità di Bashaud Breeland e Charvarius Ward di resistere senza aiuto contro gli stalloni di Tampa è davvero un rischio esagerato. Quando il gene clutch prende il sopravvento sull’istinto di conservazione, Brady è capace di sfornare gioielli del genere anche con due difensori aggrappati al collo. 

Come disse Omar Little in The Wire, «You come at the King, you best not miss».

 

Spagnuolo sarà probabilmente disposto a giocarsi questo all in, anche perché non può certo snaturare l’identità difensiva dei suoi a un passo dal Super Bowl. D’altro canto, anche i Bucs saranno probabilmente costretti a giocare molto aggressivi nonostante una strategia impostata su passaggi rapidi e gioco di corse potrebbe essere più premiante. Non bisogna dimenticare che le partite si giocano su due lati del campo, e dall’altro lato c’è un quarterback capace di segnare fino a 28 punti in un solo quarto. Uno stile troppo compassato, oltre a non essere nelle corde di Arians, è impensabile quando c’è da tener testa ai ritmi dell’attacco di Kansas City.  Tampa dovrà sfornare punti in attacco e per questo, volente o nolente, Brady dovrà centrare più di una big play su passaggio, esporsi alle trappole di Spagnuolo e resistere alle ondate di pressione dei Chiefs.

Quando attaccheranno i Bucs e difenderanno i Chiefs vedremo affrontarsi due squadre che difficilmente mutano il proprio stile in funzione dell’avversario. Due squadre che saranno incentivate dalle circostanze a portare all’estremo la propria aggressività. Due squadre che vogliono imporre il contesto e non subirlo, costi quel che costi. La componente scacchistica del gioco, quella fatta di strategie, aggiustamenti e contro aggiustamenti, sarà meno importante che sull’altro lato del campo. Il matchup tra questi due reparti si deciderà a colpi di cariche frontali tra il blitz di Spagnuolo e i passaggi profondi di Arians. Linea contro linea, running back contro linebacker, ricevitori contro cornerback. Scontri di reparto, duelli individuali. Il football nella sua versione più primordiale. A prescindere da chi l’avrà vinta, sarà spettacolo puro.

 

X-Factor Buccaneers: Chris Godwin

Per i puristi del gioco, andiamo con Chris Godwin, ricevitore poco appariscente ma fenomenale. I Chiefs lo temono e lo hanno raddoppiato in parecchie occasioni in Week 12. È il miglior “separator” a disposizione di Brady e la sua capacità di offrire un target pulito immediatamente sarà fondamentale contro una difesa aggressiva come quella di KC. Per voi fan del line play facciamo anche il nome di Ryan Jensen, un bulldozer di centro che durante questi playoff è diventato il giocatore preferito di Rick Ross.

X-Factor Chiefs: Tyrann Mathieu

Una scelta scontata. Non c’è nemmeno bisogno di dirvi il numero di maglia o la posizione che gioca. Honeybadger ci metterà giusto qualche minuto per saltare fuori dal vostro sullo schermo. 

Lo vedrete vagare per il campo al momento dello snap, col passo felpato di un predatore nell’erba alta, per poi saltare fuori all’improvviso e cambiare la partita. Tyrann Mathieu, un cagnaccio di safety, volto e soprattutto voce della difesa. Il suo arrivo ha rivoluzionato la cultura difensiva dei Chiefs. Una difesa di “dawgs” che ringhiano e mordono dal primo all’ultimo minuto, anche dopo averli colpiti dritto sul muso.