ATP Finals 2017, 10 cose da tenere d'occhio

Tennis

Federico Principi (in collaborazione con "l'Ultimo Uomo")

Dalla supremazia senza fine di Federer allo stato di forma di Nadal, dalla crescita di Alexander Zverev all'incognita Marin Cilic: tutto ciò che non dovete perdervi di queste ATP Finals

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Come ogni anno i motivi di interesse attorno alle ATP Finals sono svariati. Naturalmente c’è il fatto che si sfideranno quelli che, secondo la classifica, sono i migliori giocatori al mondo, ma soprattutto lo faranno in un contesto particolare. Da una parte la formula a gironi, che al di là dell’opinione che se ne può avere, regala un po’ di varietà; dall’altra le condizioni di gioco, cemento su campi indoor, che costringe i giocatori ad adattarsi a una situazione peculiare. Abbiamo raccolto gli spunti già interessanti che ci sono da seguire in questi “Master”, da Federer che punta al risultato storico al confronto con le NextGen ATP Finals.

1. Federer è il favorito a prescindere

Il fatto che Roger Federer, nel 2017 a 36 anni, sia arrivato da favorito assoluto per la conquista delle ATP Finals va sganciato dal punto di vista della cronaca stretta. Come già a Wimbledon, ci troviamo di fronte alla storia che si compie davanti a noi, e sarebbe quindi ingiusto rimanere delusi da un eventuale sconfitta. Bisogna mantenere la capacità di stupirsi di fronte al lavoro che Federer ha compiuto su sé stesso per mantenersi competitivo.

Restando sull’attualità, Federer ha sia le caratteristiche tecniche generali che lo stato di forma per risultare quasi imbattibile sui campi duri indoor. Nonostante la superficie di Londra non sia velocissima, come visto alle Next Gen ATP Finals disputate sullo stesso manto, il campo chiuso impone molta efficienza nei colpi di inizio scambio. Ma se la varietà e la precisione del servizio di Federer resteranno sempre straordinarie e immutate, lo svizzero ultimamente è parso estremamente efficace anche in risposta, sia nell'altro torneo indoor da lui giocato (Basilea), sia nel campo più veloce tra quelli dei Master 1000, ovvero Shanghai. Questo dovrebbe metterlo al riparo dai pericoli derivanti dal suo girone, nel quale ha pescato i più forti battitori possibili: Zverev e non Thiem, Cilic e non Dimitrov, Sock e non Goffin. È molto difficile che lo svizzero non esca indenne da questo girone.

Federer partecipa per la quindicesima volta alle ATP Finals e ha saltato solo un’edizione, quella scorsa, negli ultimi 16 anni. Nelle precedenti 14 partecipazioni ha registrato l'impressionante record di 10 finali. Il principale punto interrogativo riguarda il suo avversario di sempre.

2. Nadal può vincere le sue prime ATP Finals

Nadal ha partecipato al torneo di Parigi-Bercy per conquistare matematicamente la posizione di Numero 1 a fine anno, per la quarta volta in carriera (a parità con Djokovic, uno meno di Federer e 2 meno del record di Sampras). Gli mancava una sola vittoria per raggiungere questo traguardo, e ha calcolato che ovviamente sarebbe stato più facile ottenerla nel secondo turno (il primo per lui, testa di serie) di un Master 1000 piuttosto che alle ATP Finals, dove il livello degli avversari è sempre altissimo. Dopo aver battuto Chung, Nadal ha deciso di ritirarsi dal torneo in seguito alla vittoria in 3 set contro Pablo Cuevas, per problemi al ginocchio che in realtà si porta dietro fin da Shanghai.

Nadal non ha mai vinto questo torneo e l'impressione è che raramente, o forse mai, ha avuto così tante possibilità di farcela come in questa stagione. Forse proprio per questo motivo il maiorchino sta stringendo i denti per partecipare a un torneo che in passato, in altri contesti, non si era fatto problemi a disertare. Ma se in questi giorni lo spagnolo dovesse aver trovato un rimedio sul suo problema fisico, le sue possibilità di vittoria sarebbero inferiori solo a quelle di Federer.

Negli scontri diretti tra i due fuoriclasse, i 4 precedenti del 2017 (tutti sul duro) hanno invertito la storica tendenza tecnica e psicologica favorevole a Nadal. Il nuovo rovescio di Federer ha tolto tempo e sicurezze allo spagnolo, incapace di vincere un set negli ultimi 3 confronti diretti. Ma, come osservato da molti a Parigi-Bercy, Nadal in quest'ultimo periodo sta lavorando bene sulla risposta in anticipo, più vicina alla riga, un colpo fondamentale nel tennis indoor. In un difficilissimo primo turno all'ultimo torneo di Pechino, contro un Pouille pericoloso e in grande forma, Nadal ha creduto fino in fondo in questo tipo di risposta, nonostante storicamente si sia sempre rifugiato nella sua comfort zone arretrata man mano che la partita si fa tesa. Invece, è prorio grazie a questo colpo aggressivo, ha vinto al terzo set contro il francese.

Segnale di sicurezza e di continua tensione al miglioramento.

La diagonale sinistra resta ancora favorevole allo spagnolo. A Shanghai, Nadal riusciva ad anestetizzare leggermente lo svizzero soltanto quando riusciva ad agganciargli il rovescio con il suo dritto mancino, perdendo invece i mismatch in tutte le altre zone di campo. La superficie di Londra dovrebbe essere più granulosa di quella cinese, favorendo quindi lo spin del dritto di Nadal: molto dipenderà dal suo ginocchio, ma la speranza di tutti è di vedere un altro duello equilibrato tra le due leggende, spremendone un’altra volta l’inesauribili narrativa.

3. A che punto è realmente Alexander Zverev?

La clamorosa stagione del giovanissimo talento tedesco, unita alle sofferenze di molti big a eccezione di Nadal e Federer, gli ha permesso di arrivare a fine anno come numero 3 del ranking. Nonostante le aspettative sul suo futuro siano giustamente altissime, la posizione che Zverev occupa ora nelle classifiche mondiali sembra ancora un po' bugiarda.

Zverev ha vinto due Master 1000, a Roma e a Montréal, e guardando i nomi dei suoi rispettivi avversari in finale (Djokovic e Federer) si potrebbe pensare che sia già pronto per le sfide decisive di altissimo livello. Invece le prestazioni dei due fuoriclasse, insufficienti per motivi differenti (Djokovic per un'evidentissima discontinuità, Federer per un grave problema alla schiena), unite ai risultati deludenti di Zverev negli Slam, lo fanno arrivare alle Finals con molti dubbi sulla competitività attuale.

Soprattutto per i giovani, che dovrebbero avere una visione a lungo termine, è importante inizialmente consolidare più possibile il proprio gioco, per raccogliere risultati in futuro. Per fare questo occorre capire esattamente a che punto si è nella propria crescita, sotto tutti gli aspetti, per non interpretare in maniera troppo attendibile i semplici risultati.

Zverev è quasi sicuramente un futuro vincitore Slam, ma l'incostanza dei suoi risultati lo deve continuare a far riflettere su alcuni aspetti del suo gioco. In particolare il dritto, seppur migliorato, resta ancora troppo innocuo nei momenti di tensione e sulle palle senza peso. Confrontarsi in un palcoscenico nuovo (e dove tornerà spesso) come quello delle Finals deve rappresentare per Zverev un grande punto di partenza verso una carriera ad altissimi livelli, ma soprattutto uno stimolo per migliorare ancora molto.

4. Dimitrov farà finalmente il salto di qualità?                 

Inserito nel girone "Sampras", insieme a Nadal, Thiem e Goffin, Grigor Dimitrov ha una delle più grandi possibilità della sua carriera. Il giocatore teoricamente più forte del gruppo (Nadal) è in condizioni fisiche dubbie e già in molti precedenti ha concesso tantissimi set al bulgaro, perfino sulla terra battuta.

Dimitrov è sembrato in forma fisica straordinaria per tutto il 2017, ma continua a soffrire i grandi battitori: di recente ha perso contro Del Potro e Isner, faticando molto anche contro Janowicz a Stoccolma e contro Harrison a Shanghai. È fortunato che tutti i migliori servitori di questo Master siano nell'altro girone, con la concreta possibilità quindi di puntare al primo posto nel suo gruppo ed evitare Federer in semifinale.

Un grande risultato alle Finals per Dimitrov, alla sua prima partecipazione, non sarebbe casuale ma rappresenterebbe il completamento di un processo, molto lungo e lento, di creazione di una propria identità. L'assunzione di Dani Vallverdu come coach gli ha finalmente dato il giusto indirizzo: Dimitrov non è più la copia sbiadita di Federer ma è diventato un giocatore che bilancia molto bene aggressività e talento con una grande condizione fisica che lo fa essere giustamente attendista in alcuni casi. Ha cambiato il suo dritto, ma soprattutto ha trovato una sua dimensione precisa che lo fa andare avanti nonostante ancora qualche sconfitta di troppo. Se dovesse finalmente ottenere un risultato pesante, perfino la vittoria del torneo, nel 2018 ci sarà da divertirsi anche con lui.

I due lati ben bilanciati di Dimitrov: nel primo punto attacca manovrando, con intelligenza e pazienza; nel secondo è più diretto e sfrutta il suo talento.

5. Qual è il vero Cilic?

Marin Cilic ha vinto il suo unico Slam nel 2014, dopo la pausa forzata per doping che ha contribuito a fargli migliorare con più calma diversi aspetti del suo gioco. La finale di Wimbledon di quest'anno sembrava una sorta di consacrazione definitiva della sua presenza ad alti livelli, dopo aver vinto anche il primo Master 1000 a Cincinnati nel 2016. Ma recentemente Cilic si è esibito in molte prestazioni estremamente deludenti che hanno posto alcuni punti interrogativi su di lui.

Il croato sembra aver fatto dei passi indietro verso le debolezze di inizio carriera, soprattutto con il dritto. Nei momenti peggiori si sta irrigidendo e lo sta colpendo molto vicino al corpo, perdendo tanto potenziale di spinta o addirittura steccandolo. Nonostante il veloce indoor sia un'ottima condizione di gioco per Cilic, il croato ha perso contro Julien Benneteau una brutta partita a Parigi-Bercy e ha rischiato tantissimo contro Marton Fucsovics a Basilea.

Dopo la finale di Wimbledon, Cilic ha ottenuto molti risultati deludenti, tra i quali spicca la sconfitta contro Schwartzman allo US Open, che di fatto gli ha impedito un'altra finale Slam visto il tabellone. Le Finals daranno alcune risposte sul fatto che questo sia stato un semplice momento negativo passeggero, o se invece rappresenti una pericolosa tendenza generale.

6. Come interpretiamo l’incredibile qualificazione di Sock?

Una delle qualificazioni più incredibili e insperate della storia delle Finals si è materializzata con l'arrivo di Sock. Lo statunitense aveva necessariamente bisogno di vincere il torneo di Parigi-Bercy, una prospettiva impensabile per un giocatore che non aveva mai raggiunto una finale in un 1000 o un quarto di finale in uno Slam. Invece le sconfitte di Carreño Busta al primo turno e di Del Potro ai quarti contro Isner gli hanno spalancato le porte verso una finale da favorito contro Filip Krajinovic e verso il suo primo "Master".

Sock avrà subito un test proibitivo contro Federer, con annesso onere di aprire il programma di singolare. Ma ha avuto la fortuna di evitare nel sorteggio il gruppo "Sampras", con i più solidi Nadal, Thiem e Dimitrov che gli avrebbero probabilmente chiuso le porte. Sock avrà a che fare con Zverev e Cilic, apparsi in versioni molto sbiadite nelle ultime settimane: la superficie ruvida e non velocissima della "O2 Arena" dovrebbe favorirlo nel suo dritto in top spin, tanto nella rotazione (lo scorso anno era il più arrotato del circuito) quanto nella complessa preparazione con la violenta frustata dell'avambraccio. Sock è ancora un giocatore poco solido e con un piano tattico non definito, probabilmente anche troppo istintivo, ma vederlo in semifinale non dovrebbe essere un'enorme sorpresa.

La rotazione con cui Sock comanda attraverso il dritto.

7. La qualità del gioco

Il 2017 è forse il punto di non ritorno nella visione di un certo tipo di programmazione dei tornei. Le quantità di infortuni e di stop hanno raggiunto livelli allarmanti e non più tollerabili per la credibilità di tutto il circuito. Soprattutto se l'ultimo appuntamento stagionale dovesse offrire un livello di gioco non all'altezza della fama dei partecipanti, il problema si acuirebbe ulteriormente e darebbe forse una spinta decisiva per effettuare modifiche regolamentari. Anche quello della qualità del gioco potrebbe essere un aspetto molto controverso durante le ATP Finals.

8. La visibilità del doppio

Il doppio è quella specialità che esce allo scoperto soltanto in una manifestazione all'anno, un po' come la 24 Ore di Le Mans per il WEC o le gare olimpiche in molti sport poco seguiti. Le ATP Finals sono uno splendido esempio di promozione di una categoria che purtroppo viene irrimediabilmente snobbata dai migliori, nonostante i regolamenti che a livello ATP hanno accorciato le partite. Ma è soltanto attraverso questa specialità che si scoprono al grande pubblico giocatori atipici, riciclati o semplicemente poco adatti al singolare. Henri Kontinen ad esempio, finalista perdente a Wimbledon junior nel 2008 contro Grigor Dimitrov, che aprirà il programma. Qualche anno fa Florin Mergea, vincitore sempre di Wimbledon junior nel 2003 e aspirante pilota di Formula 1 da ragazzino, che alle Finals raggiunse la finale nel 2015 insieme a Rohan Bopanna.

Questa, però, è anche l'occasione anche per ammirare scambi diversi, fatti di serve and volley e di duelli a rete. Uno spettacolo regalato da coppie consolidate tatticamente e molto valide nei fondamentali tecnici, come i gemelli Bryan e i francesi Herbert/Mahut, o il singolarista Ryan Harrison che potrebbe ricalcare proprio le orme di Kontinen e Mergea. L'interesse non sarà quindi rivolto solo al singolare, come invece per tutti gli altri tornei dell'anno.

9. La formula dei gironi è riproducibile altrove?

Ultimamente questo tema sembra uscito dai radar, ma i numerosi esperimenti delle Next Gen ATP Finals di Milano potrebbero riportarlo alle cronache. Soprattutto nei Master 1000, che sono i tornei più selettivi per partecipazione (escluse le Finals), questa formula potrebbe essere riutilizzata per vedere almeno due o tre partite per ogni giocatore, o comunque per dare un po' più di varietà. Certi match, soprattutto all'ultima giornata, avrebbero meno significato per il torneo, ma un premio in punti e denaro per ogni incontro darebbe motivazioni sempre alte, soprattutto per i giocatori di seconda fascia.

10. Il confronto diretto con le Next Gen ATP Finals

Se c'è un banco di prova per le tante nuove regole sperimentate all'evento di Milano, questo è sicuramente la vicinanza con le Finals vere e proprie, dove il pubblico può immediatamente percepire la differenza. I giovani coinvolti alle Next Gen Finals, ad eccezione di Andrey Rublev, si sono dichiarati soddisfatti di tutte le innovazioni, ma la sensazione che hanno lasciato è più quella di un accondiscendenza forzata, tipica di chi è a inizio carriera, piuttosto che di una reale convinzione. Federer e Nadal non hanno esitato un minuto a contestare le nuove regole.

L'impressione è che ci sono alcuni aspetti ai quali ci si possa abituare anche abbastanza velocemente (l'abolizione del "let" al servizio), altri che hanno già funzionato (l'Hawk-eye istantaneo) e altri invece con i quali sarebbe più difficile convivere per non far perdere riconoscibilità a questo sport, come i set a 4 game con tie-break sul 3-3. In ogni caso, dopo le ATP Finals, tutti quanti, giocatori e organizzatori, ma anche il pubblico, avranno un quadro più chiaro.