Andreeva, la nuova stella del tennis che può davvero sorridere

L’anno è il 2023, il giorno è l’1 giugno. Mirra Andreeva ha lasciato sei game in due partite al Roland Garros, tre a testa ripartiti tra una veterana come Alison Riske e la francese Parry, che dodici mesi prima aveva eliminato la campionessa uscente Krejcikova sul Philippe Chatrier. La domanda in conferenza stampa forse non è particolarmente originale: “Qual è il sogno in carriera?”. La risposta, però, è geniale: “Djokovic ha vinto 22 Slam, quindi io ne voglio vincere 25, se possibile”. Quasi due anni dopo, in realtà chi ha aggiunto Major alla propria collezione è stato proprio Nole, salito a quota 24, ma Mirra, classe 2007 dagli occhi come il ghiaccio e un tennis già spaventosamente completo, nel frattempo ha vinto il primo WTA 1000 di una carriera già avviata alla fama. E alla fame, agonistica, di chi è diventata la più giovane di sempre ad aver trionfato in un torneo di questa categoria, festeggiando al meglio il successo con l’ingresso in top 10, a 17 anni e 10 mesi. D’altronde, 17 anni sono l’età da vivere pensando che ogni sconfitta è una lezione, non una umiliazione. In un tennis sempre più avviato verso la longevità – citofonare a tre come Federer, Nadal e Djokovic che hanno fermato il tempo – il rischio di vincere troppo e presto è di venire travolti dalle emozioni, dalle pressioni, dalle aspettative. Due anni fa, dopo aver vinto gli US Open a settembre 2023, Coco Gauff, altra ‘prodigy girl’ che sembra vincere da sempre, ma che è una classe 2004, disse, polemicamente, che gli haters erano stati coloro dai quali aveva tratto la maggiore energia. In questo Andreeva è più riflessiva, meno ragazza da copertina, ma diva perché concreta. E più che tecnicamente e tatticamente – aspetti nei quali la teenager russa comunque è cresciuta enormemente in meno di 24 mesi – Mirra è già fenomeno nel modo in cui riesce a resettare i momenti in cui inciampa in momenti di cattiva gestione emotiva. Chi segue il tennis juniores, infatti, di Andreeva ricorderà come prima immagine le lacrime inconsolabili dopo aver perso la finale dell’Australian Open 2023 contro la coetanea Korneeva. Le due, entrambe quindicenni e connazionali, si erano abbracciate a lungo a rete e durante la cerimonia di premiazione. In quella finale, Andreeva aveva pagato un po’ di mancanza di ‘punch’, rispetto all’amica-rivale. Tre mesi dopo, Mirra aveva raggiunto gli ottavi di finale nel WTA 1000 di Madrid, sconfiggendo una finalista Slam come Leylah Fernandez e una campionessa Slam come Marketa Vondrousova. Se vi state chiedendo, nel frattempo, dove è finita Korneeva, non è ancora riuscita a emergere, rimanendo incastrata – si fa per dire – nelle maglie del circuito ITF. Talento ed emotività, di nuovo, a scontrarsi in un sottile equilibrio da perfezionare. Altro episodio per inquadrare Mirra Andreeva: archiviata, forse anche troppo in fretta, la gioia per i primi ottavi di finale in uno Slam, a Wimbledon nel 2023, raggiunti dopo aver superato le qualificazioni, la sedicenne russa era stata avanti 6-3, 3-0 e palla per il 4-0 prima e per il 5-1 poi con due break di vantaggio, prima di venire condizionata dalle occasioni mancate prima e da una ‘querelle’ con l’arbitro Louize Engzell, fiscale nel darle un ‘penalty point’ che mandò Keys a match point, punendo un lancio di racchetta per terra. Avrebbe potuto Andreeva imitare Maria Sharapova e vincere i Championships da teenager? Difficile. Ne ha guadagnato comunque in esperienza? Probabile. Perché sapere di poter competere per uno Slam è carburante per arrivare ancora più in fondo. Salto temporale di dieci mesi e, al Roland Garros 2024, Andreeva incontra la numero 2 al mondo Sabalenka – che tra l’altro sarebbe stata lì ad attenderla a Wimbledon nel 2023 – e, approfittando anche di un virus intestinale che aveva frenato la bielorussa, si affida al proprio tennis “giusto” e all’aiuto di una fortunata “coccinella”, come raccontato proprio ai microfoni di Sky Sport, per raggiungere la prima semifinale Slam in carriera. Nuova consapevolezza Vertigini, sì, ma anche consapevolezza. A proposito di equilibri da perfezionare. Salire nel ranking WTA con consapevolezza vuol dire prima di tutto sentirsi tra le favorite nei tornei di categoria inferiore. E infatti, per Andreeva il primo titolo WTA arriva appena un mese dopo, a luglio 2024, a Iasi, grazie al ritiro di Elina Avanesyan nel terzo set. Titolo cruciale, tra l’altro, per curare un’altra delusione, ossia la sconfitta al primo turno, sempre nel tempio di Wimbledon, contro un’altra 2007, tale Brenda Fruhvirtova che dodici mesi fa sembrava avviata a imitare Mirra e che invece è stata frenata da un infortunio alla schiena, a dimostrazione di come, più che la tecnica, sia importante la mentalità. E forse anche un po’ di fortuna. E così si arriva al 2025 e al trionfo a Dubai. Un dato su tutti spiega il salto di qualità compiuto da Andreeva. Durante il torneo, la diciassettenne russa ha sconfitto tre campionesse Slam: Vondrousova – probabile che la ceca non voglia più vederla in un sorteggio – Swiatek e Rybakina. Non che Mirra non avesse già sconfitto delle top ten: il problema era riuscire a confermarsi. Al Roland Garros, dopo la menzionata vittoria contro Sabalenka, in semifinale Andreeva aveva raccolto quattro game contro Jasmine Paolini, tra l’altro sconfitta due mesi prima a Madrid: dimostrazione di come tra le due non ci fosse un grande margine tecnico-tattico. A Cincinnati 2024, invece, vendicata la sconfitta proprio contro Paolini negli ottavi di finale, Andreeva aveva battagliato punto a punto con la numero 1 al mondo Swiatek, rimpiangendo il 6-4 nel terzo set. Un successo, una battuta d’arresto. Uno stop and go normale a 17 anni, tranne se ti chiami Mirra. Tanto magari da rischiare di perdere le certezze: la finale persa a Ningbo sul finire di 2024 contro la connazionale Kasatkina era sembrata un passo indietro nell’atteggiamento, con la rete tattica ricamata da Daria che sapeva di prova di maturità fallita e le lacrime di Mirra che ricordavano quelle di Melbourne un anno e mezzo prima. Le sconfitte back to back con Sabalenka, poi, per un totale di otto game raccolti in due partite, potevano essere quasi un campanello d’allarme in termini di ‘step back’ mentale. E invece, la baby-campionessa Andreeva è venuta fuori proprio qui. A 17 anni e 298 giorni, in un torneo iniziato in quieta dominanza e terminato con la lezione di esperienza a Clara Tauson, altra bambina prodigio, che in finale è sembrata contemporaneamente vecchia e inesperta, in un paradosso che nel tennis funziona benissimo. A proposito di esperienza, focus anche sull’esultanza. Inginocchiata, leggermente commossa e poi subito lucida in cerimonia di premiazione, nel ringraziare anche “sé stessa” per non essersi mai arresa. Da qui in poi Mirra Andreeva non vincerà tutte le partite. Ne perderà tante, qualcuna anche male, altre magari sprecando anche match point. E poi trionferà ancora in grandi tornei. Non è detto subito in uno Slam, non è detto in futuro in uno Slam. Sicuramente, però, a febbraio 2025, Andreeva ha già vinto tre scommesse. La prima, quella di chi, da Jabeur a Badosa, fino alla numero 1 al mondo Sabalenka, aveva scelto lei come vincitrice annunciata di un WTA 1000 in stagione. La seconda, la propria scommessa di essere in top 10 a fine 2025, scommessa vinta con dieci mesi di anticipo. La terza, quella di essere, comunque vada, personaggio arrivato per restare.

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Andreeva, la nuova stella del tennis che può davvero sorridere

Michela Curcio