Tennis Heroes – Non ci sono più i 'ragazzacci' di una volta'

Alcuni li hanno frequentati, con molti hanno litigato e fatto pace, qualcuno non lo hanno mai sopportato. È variegato il rapporto tra Adriano, Paolo e l’universo dei giocatori, di ieri e di oggi, etichettati come ‘bad boys’. “A me sono sempre piaciuti” - ammette Paolo. “Mica tutti, però” - corregge immediatamente il tiro Adriano. Simpatici ma fino a un certo punto. E il limite è sempre quello che separa un comportamento sopra le righe da un atteggiamento sfacciatamente maleducato. Poi, certo, il mondo del tennis, e dello sport più in generale, ha bisogno anche di personaggi che non facciano fatica a far parlare di sé per questioni che esulano da tecnica e tattica di gioco. Tra storie, focus e consuete divagazioni, il quinto episodio della serie ‘Tennis Heroes’ viene definito “pimpante” dagli stessi protagonisti, che si sono divertiti – e anche parecchio - a ripercorrere i colpi di testa proposti da una carrellata di ‘simpaticoni’, tanto per citare Panatta una volta in più. Racchette che volano, giudici di sedia maltrattati, esultanze naif o fuori misura. Il primo bad boys? Nastase! E forse ancora il numero uno della categoria. Si comportava male per distrarre l’avversario, e allo stesso tempo si caricava. Ha fatto di tutto, persino entrare in campo sotto un ombrello o in compagnia di un gatto nero. Nastase era un buono, in ogni caso, anche se Adriano confessa che ogni tanto gli avrebbe persino messo le mani addosso. McEnroe era diverso: carinissimo fuori dal campo, decisamente insopportabile durante i match. Il suo “You cannot be serious” urlato all’indirizzo del giudice di sedia è diventato persino il titolo della sua autobiografia. John faceva di tutto per cercare il litigio, le sue partite erano un’esplosione di rabbia più che uno show. Ma il suo tennis, in ogni caso, offriva sempre incredibili colpi di genio. Il più antipatico? Connors. Uno che in campo risultava addirittura sgradevole e spesso poco corretto. Per conferma chiedere a Barazzutti, con riferimento al famoso segno di palla cancellato a New York nel 1977. Adriano e Paolo, posizionati in studio uno di fronte all’altro, sono padroni della scena e si alternano alla perfezione un po’ come facevano ai tempi del loro mitico doppio. Sempre più agili nel districarsi dalle provocazioni proposte dall’intelligenza artificiale, che di tanto in tanto interviene a puntellare il discorso grazie agli spunti offerti da Stefano Meloccaro, ragazzaccio di profonda esperienza tennistica al servizio del format. Tra un ricordo e l’altro, AP e PB – giocando con le iniziali dei protagonisti – approfondiscono le motivazioni che possono trasformare un ragazzo in un ragazzaccio, sempre stando alle cose di campo. La frustrazione, forse? Oppure l’insicurezza. O più banalmente la volontà di mettere in atto una strategia di disturbo nei confronti dell’avversario di turno. Bad boys si nasce o si diventa? Domanda che non prevede una risposta precisa ma, piuttosto, la necessità di analizzare caso per caso. Quello di Canè, per dire, altro profilo citato dai nostri eroi: un giocatore dotato di una classe pazzesca che troppe volte ha finito per danneggiarsi da solo. Perché spesso “gli partiva la brocca”, per dirla con Adriano. Bad boys antichi ma anche più recenti nella storia del tennis. Un altro che ha ottenuto meno rispetto al suo standing di gioco è Safin, che ha occupato la vetta per un periodo troppo breve rispetto al suo livello. Le distrazioni, però, hanno preso il sopravvento. Fino a Kyrgios: un altro caso limite, talmente complesso da essere praticamente inallenabile. Cattivoni, mattacchioni, autolesionisti. Perché i bad boys della racchetta non sono tutti uguali. Di certo umorali, questo li accomuna. E pronti a scattare al primo click. Qualcuno per rimanere nei binari, qualcuno per uscirne definitivamente. Vincere o perdere una partita, alle volte, è un tema di dettagli. Nel mucchio c’è anche chi passa da ragazzaccio senza esserlo, il primo nome che viene in mente è quello di Ivanisevic. Protagonista a Wimbledon nel 2001 di una delle vittorie più incredibili della storia del torneo, anche grazie a quel servizio mancino in slice che soprattutto sui prati aveva conseguenze devastanti per gli avversari. Uno che ha dimostrato tutto il suo equilibrio facendo il coach di Djokovic negli anni a venire. Un po’ di equilibrio in più avrebbe permesso a Fognini, giocatore dalla mano splendida, di occupare stabilmente la Top10 della classifica mondiale, ma forse per farlo si sarebbe dovuto snaturare un po’. Ha chiuso la carriera giocando un match incredibile contro Alcaraz sul Centrale di Wimbledon, dimostrando ancora una volta – non più ragazzino – la facilità impressionante con cui produce tennis e le sue doti, se ispirato, di grandissimo fighter. Una cosa è certa, riallargando il discorso: i bad boys di una volta, quelli capaci di dare in escandescenze ma di vincere lo stesso, proprio non ci sono più. Oggi chi si comporta in maniera poco ortodossa, di solito esce dal campo con le ossa rotte. Nel tennis di oggi, fatto di regole molto più stringenti e di giudici elettronici, chi perde la calma finisce per perdere anche la partita. Tanto è vero che Sinner e Alcaraz, bravi ragazzi – anzi bravissimi – dei bad boys o presunti tali finiscono sempre per fare un sol boccone. Tutto all’insegna dell’estrema linearità.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Tennis Heroes – Non ci sono più i 'ragazzacci' di una volta'

Matteo Renzoni