"La pallavolo mi ha permesso di battere bulli e dislessia": la storia di Martina Morandi

Questa è la storia di Martina Morandi, una giovane pallavolista di quasi 23 anni che quest'anno gioca alla Uyba Busto Arsizio, società che milita in Serie A1. La sua è una storia molto particolare perché da bambina gli hanno diagnosticato un DSA, un disturbo specifico dell'apprendimento, la dislessia, che l'ha costretta a fare i conti con il bullismo e con le difficoltà di inserimento a scuola e tra gli amici. Poi è arrivata la pallavolo, che le ha completamente cambiato la vita. Una vera e propria rinascita, perché proprio la pallavolo l'ha convinta che questo non doveva e non poteva essere un limite ma doveva essere un’arma vincente, un vero e proprio ‘superpotere’ come lo chiama lei. “In famiglia usiamo questo termine, come dice il mio papà devo attivare i miei super powers. – dice Martina ridendo – Sono quei poteri che comunque ci rendono unici. Spesso molti dislessici, non solo nello sport, ma anche a scuola, si vergognano o si sentono un peso per gli insegnanti o per i compagni, o per i compagni di squadra oppure addirittura per la società. E invece non devono, noi dislessici semplicemente applichiamo delle strategie diverse che magari ci portano a impiegarci un po’ di più a capire le cose, ma non dobbiamo vergognarci”. Ma quando è arrivata la diagnosi? “Già a 4 anni mia mamma, insieme alle neuropsichiatre e alle maestre, soprattutto elementari, aveva notato che facevo fatica a leggere e a stare con gli altri bambini, allora le neuropsichiatre hanno proposto ai miei genitori di evitare gli sport individuali come il tennis o il nuoto ma di virare su uno sport di squadra, e da lì per caso è nata la pallavolo, che è diventata una passione sempre più grande. In campo eravamo tutte uguali, non c’erano differenze. – prosegue Martina – Sono riuscita a sbloccarmi, a scuola i bambini mi prendevano in giro perché usavo le mappe concettuali e leggevo con fatica. Usavano nomignoli di tutti i tipi, e questo mi ha fatto cadere un po’ l’autostima. Poi a un certo punto anche i miei genitori mi hanno detto che non dovevo sentirmi diversa in senso negativo, ma mi hanno fatto capire che ero unica”. Un percorso lungo per tornare a credere in sé stessa e riuscire a trovare le strategie giuste. “Tutt’ora all’Università uso le mappe concettuali, le liste di parole e tantissimi colori e anche le immagini mi aiutano tantissimo, come per esempio per la pallavolo: quando dobbiamo studiare degli schemi, per memorizzarli non segno solo lo schema, ma disegno l’intero campetto su un foglio, così è più facile”. E proprio da qui l’idea di costruire un protocollo scientifico per fornire gli strumenti giusti agli allenatori che si approcciano ai ragazzi con DSA. Così Matteo Morandi e sua moglie Paola, i genitori di Martina, che nel 2021, a seguito di un incidente molto grave in moto del figlio Mattia, hanno dato vita alla Fondazione Morandi per poter dare il loro contributo in ambito sociale, hanno anche deciso di ideare un progetto, chiamato TatticaMENTE, per cambiare le cose anche in ambito sportivo. “Grazie ha una collaborazione con Vero Volley e adesso ovviamente anche con Uyba stiamo sviluppando un protocollo medico-scientifico per come i ragazzi devono essere allenati se hanno dei disturbi di apprendimento. – dice Matteo Morandi, presidente della fondazione – Ci piace usare i giochi di parole: bisogna pensare ad una TATTICA legata a una MENTE che lavora in maniera diversa. Quindi con due neuropsichiatri stiamo proprio capendo come utilizzare al meglio quei ‘trucchetti’, come li chiamiamo noi, che devono attivare questi superpoteri”. E infatti la mente di Martina utilizza degli strumenti particolari per poter performare al meglio in campo. “I riferimenti sono tanto utili: magari devo fare delle alzate delle mie compagne e so che devo tenerla più dentro perché c'è una riga o più fuori perché c'è un'altra riga. Oppure la rete mi aiuta molto: sul bordo ci sono diversi sponsor, e quelli mi ricordano dove devo fare precisamente l’appoggio. – ride Martina – Lo so, sono tutte strategie un po’ complesse però nel mio cervello sono tutte già preimpostate e molto chiare da seguire”. Strategie che l’hanno resa la ragazza sorridente e sicura che è ora, un vero vulcano che ha imparato a sfruttare le sue caratteristiche per realizzare i suoi sogni. Come l’esordio in Serie A, in casa contro Firenze, di fronte ai propri tifosi che hanno reso tutto davvero speciale. “Per me è stato unico e impagabile, non riesco neanche a descrivere l’emozione di poter giocare con e contro delle campionesse, ai miei idoli che hanno vinto la medaglia d’oro a Parigi. Arrivare a giocare in Serie A è un sogno e sono riuscita a realizzarlo. Sono molto fiera di me, molte volte non me lo ricordo e non me lo dico spesso, ma devo esserlo, soprattutto dopo tanto lavoro e tanti sacrifici. – conclude emozionata - E alla me bambina vorrei dire di crescere e di crederci, perché ogni sacrificio viene ripagato e i sogni si avverano”.

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