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NBA, Schröder punito: ad Atlanta litiga con tutti

NBA
Dennis Schroder e Dwight Howard cercano di spiegarsi, ma l'atmosfera ad Atlanta sembra essere pesante (foto Getty)
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Prima ha un diverbio in campo con Dwight Howard, poi parole dure verso il suo allenatore che lo manda in panchina nel terzo quarto e non lo fa più tornare in campo. E intanto Atlanta continua a perdere

Un rimbalzo difensivo di Dwight Howard, Dennis Schroder che gli chiede palla, il centro degli Hawks che opta invece per un apertura lunga tutt’altro che precisa verso Thabo Sefolosha, col pallone che si perde infatti oltre la linea laterale. Una giocata come tante – sloppy, le definiscono in America, un misto di disattenzione e scarsa cura – che però è diventato l’episodio di cui tutti parlano in queste ore ad Atlanta. Alla palla persa di Howard, infatti, è seguito uno scambio acceso di battute tra il centro di Atlanta e la sua point guard tedesca. Così acceso che – con gli Warriors impegnati a riprendere il  gioco – Schröder non fa tempo ad accorgersi che il pallone è già finito nelle mani del suo uomo, niente meno che Steph Curry, che si ritrova così completamente smarcato dietro l’arco per tre facili punti. Coach Budenholzer non ci sta e chiama un immediato timeout e dopo nemmeno un minuto richiama in panchina uno Schröder fino a quel momento on fire, autore di 23 punti di cui ben 19 nel solo primo quarto. “Una normale decisione, di quelle che spettano all’allenatore”, la definisce l’ex assistente di coach Popovich, che evidentemente dal maestro ha imparato anche qualche mossa motivazionale. Perché Schröder – che esce con 8:41 da giocare nel terzo quarto – non mette più piede in campo fino al termine della gara, poi persa dai suoi Hawks 119-111. “Non ho capito la decisione – le parole del playmaker titolare di Altanta – immagino avesse a che fare con la tripla di Steph Curry durante lo scambio di opinioni avuto con Dwight [Howard] ma quello è il mio modo di esprimere il mio fuoco competitivo e cercare di vincere le partite. Forse sono soltanto troppo competitivo”. 

Schröder non ci sta – La punizione di Schröder ha continuato a far parlare di sé anche nel post-partita. Mike Budenholzer ha voluto insistere su un punto in particolare: “Dobbiamo restare uniti e remare tutti nella stessa direzione, questo è il punto, questa è la cosa più importante. Dobbiamo superare i singoli errori e restare uniti, di squadra”. Parole che dovrebbero suonare forti e chiare alle orecchie della point guard tedesca di Atlanta, il cui caratterino è generalmente riconosciuto nei circoli della lega. Anche recentemente il suo ritorno ad Atlanta in ritardo rispetto ai programmi dopo la pausa dell’All-Star Weekend aveva portato alla decisione di sospenderlo per una partita, mentre quella successiva a Orlando l’aveva visto partire dalla panchina e non in quintetto per un secondo ritardo, questa volta nel presentarsi all’appuntamento per prendere il bus di squadra coi compagni. Due indizi che ora diventano tre – e quindi una prova – sul rapporto non sempre facile tra un allenatore che sta cercando di costruire in Georgia quella cultura di squadra appresa nel Texas a casa Spurs e un giocatore che non ha mai fatto mistero di desiderare attenzioni e riflettori. Tanto che nel dopo partita ai giornalisti non ha nascosto che per lui la cosa non è finita qui: “Voglio un incontro con l’allenatore, io e lui, per spiegarci. Voglio che ci sia anche Dwight [Howard], per poter poi essere tutti sulla stessa lunghezza d’onda”. Un augurio condivisibile, visto che Atlanta ha perso sei delle ultime otto partite, scendendo pericolosamente in classifica dove è già uscita dalle prime quattro posizioni a Est, quelle che assicurano il vantaggio campo almeno al primo turno di playoff.   

E Howard? – L’unico che sembra non essere preoccupato è Dwight Howard, che cerca (chissà quanto sinceramente) di minimizzare l’accaduto: “Sono cose che succedono nel corso di una stagione, si fanno errori, siamo umani”. Stesso atteggiamento sulle polemiche: “Sentite, siamo una squadra no? E in una squadra è normale avere degli scambi di opinioni, che non sono necessariamente conflittuali. Dennis [Schröder] vuole parlarne a porte chiuse? Ben venga, farà bene alla nostra squadra e a tutti noi singolarmente”. Un atteggiamento all’apparenza saggio, ma che lascia comunque qualche dubbio: com’è come non è, c’è sempre il centro ex prima scelta assoluta al centro di polemiche e litigi: non andava d’accordo con Kobe Bryant a Los Angeles, non c’era intesa con James Harden a Houston e ora da un suo litigio con Dennis Schröder l’ultimo episodio. Possibile che sia solo un caso?