Dakar, una striscia di sangue lunga trent'anni

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Storia di una corsa che ha divorato persino il suo inventore: Thierry Sabine, morto nell'86. Pascal Terry, il motociclista che ha perso la vita ieri, è il numero 19 della lista nera. Ma sono 52 le vittime, contando anche spettatori e giornalisti

Cambia il continente, diverso è lo scenario e soprattutto il percorso, ma la morte alla Dakar è sempre dietro l'angolo, nonostante l'ottimismo della vigilia per  le minori insidie rispetto alla competizione africana. Dopo soli quattro giorni di gara nel nuovo percorso tra Argentina e Cile, il rally più famoso e pericoloso del mondo dimostra di essere rimasto tale e aggiunge l'ennesima vittima alla lunga striscia di sangue cominciata già nel lontano 1979, anno di nascita della vecchia Parigi-Dakar.

Con la morte del motociclista francese Pascal Terry, le cui cause sono ancora da accertare, è salito a 19 - secondo le stime della Afp - il numero dei concorrenti morti durante la corsa, mentre il computo globale compresi spettatori, giornalisti e organizzatori sarebbe arrivato a quota 52.

Da Patrick Dodin, il primo a morire nel '79 per una caduta nella Dakar, mentre tentava di sistemarsi il casco che gli si era allentato, a Terry la Dakar si è guadagnata la nomina di corsa della morte che ha mietuto anche vittime eccellenti come il campione italiano Fabrizio Meoni nel 2005 e il suo stesso  ideatore, Thierry Sabine. Il 15 gennaio dell'86, durante l'8°  edizione, infatti, precipita con l'elicottero su cui viaggiava in compagnia di altre quattro persone, ovvero il cantante Daniel  Balavoine, la giornalista Nathaly Odent, il pilota Francois-Xavier Bagnoud ed il tecnico radio Jean-Paul Lefur.

Muoiono tutti. Il mezzo seguiva la tappa Niamey-Gourma Rharous e volava a bassa quota per controllare la sicurezza dei piloti, in balia di una tempesta di sabbia. L'11 gennaio 2005, invece, il 47enne toscano della Ktm Fabrizio Meoni, che aveva vinto la Dakar  nel 2001 e nel 2002 viene stroncato da un arresto cardiaco successivo ad una caduta in cui era rimasto coinvolto nel corso  dell'11ma tappa, da Atar a Kiffa.

L'ultimo a morire nell'edizione in Africa era stato Elmer Symons: come per Terry anche per il 29enne sudafricano era la prima Dakar in sella alla moto dopo due edizioni passate nel backstage della carovana, in una squadra di assistenza. Per lui  la morte è arrivata al chilometro 142 della quarta tappa, la speciale tra Er Rachidia e Ouarzazate, a causa di un incidente gli è stato fatale.

Symons è caduto in una pista accidentata  tra le montagne del deserto marocchino, giudicata molto  pericolosa: a nulla sono valsi i soccorsi, arrivati otto minuti  dopo la tragica caduta, perché con ogni probabilità il pilota è morto sul colpo e i medici arrivati sul posto hanno solo potuto costatare l'avvenuto decesso.

Un anno dopo, ironia della  sorte, la carneficina della Dakar viene fermata per il timore di possibili attentati terroristici. L'ombra di Al Qaida è riuscita a non far disputare l'edizione 2008 del Rally e a far emigrare oltreoceano la 'corsa maledetta' che, come dimostrato ancora oggi, sembra non volerne sapere di fermare la sua striscia di sangue lunga ormai trent'anni.