Aconcagua. Italiani in ospedale, ma c'è un'altra vittima
Altri SportI tre superstiti della tragedia nella quale hanno perso la vita Elena Senin e Federico Campanini stanno bene e hanno passato la prima notte al caldo. Marina Attanasio: "Siamo stati fortunati". Però la montagna continua ad uccidere: morto un inglese
"Ora sto bene. Siamo stati fortunati": è quanto afferma Marina Attanasio, una dei tre alpinisti sopravvissuti dopo essere rimasti bloccati a due passi dalla vetta dell'Aconcagua. Marina è ora ricoverata insieme ai suoi due compagni, Mirko Affasio e Matteo Refrigerato nell'Ospedale Italiano di Mendoza, dove i medici sottolineano che "i tre sono fuori pericolo".
"Qualche ora fa ho sentito al telefono mio padre, mio fratello. Sono più tranquilli e lo sono anch'io", ha raccontato all'ANSA Marina nella stanza della terapia intensiva dell'Ospedale Italiano dove si trova da ieri pomeriggio insieme a Matteo e Mirko. Il gruppo è assistito dal medico Jorge Magistretti, il quale ha assicurato che lo stato clinico dei tre "è buono. La nostra idea è che rimangano ancora almeno per 48 ore in terapia intensiva. Sono fuori pericolo".
Ieri sera, poco dopo l'arrivo, hanno ricevuto le telefonate di qualche familiare. A Marina hanno poi fatto visita due amici di Milano che si trovavano a Mendoza per caso. Nell'incidente in vetta all'Aconcagua hanno perso la vita Elena Senin, già mercoledì, e successivamente la guida argentina Federico Campanini, che stava male da ore e che è morto dopo essere stato raggiunto dai soccorritori, che poi sono riusciti a far scendere dalla cima i tre sopravvissuti.
Marina ha ricordato che nelle lunghe ore trascorse sulla montagna, prima dell'arrivo della squadra di salvataggio, non ha "mai smesso di camminare, perchè a quelle temperature" era l'unico modo di sopravvivere, rilevando inoltre come, appena arrivati in vetta, la guida argentina si sia sentita molto male. "Ho subito capito che era in estrema difficoltà. Sono cose che capitano. Poi mi hanno detto che ha avuto un'edema polmonare. Noi stavamo bene, ma c'era molta neve e non potevamo conoscere la strada del ritorno", ha ricordato, spiegando la ragione per la quale sulla via della discesa il gruppo e' finito bloccato nel 'ghiacciaio dei polacchi'. "I soccorritori argentini sono stati bravissimi, l'organizzazione ha veramente funzionato, sono intervenuti con grande rapidita"', ha concluso, riferendosi alla squadra di salvataggio di circa 50 uomini messa in campo dalla pattuglia di soccorso di Mendoza e dalla forestale del Parco dell'Aconcagua.
Ma la montagna continua ad uccidere. Un alpinista inglese di 42 anni, infatti, Michael Freeman, è morto ieri dopo aver scalato l'Aconcagua, la cima più alta delle Americhe (6.962 metri d'altezza). Freeman, che aveva raggiunto la vetta con una spedizione di cui facevano parte anche due cileni e un neozelandese, sarebbe morto, stando alle prime informazioni, a causa di un arresto cardiaco.
"Qualche ora fa ho sentito al telefono mio padre, mio fratello. Sono più tranquilli e lo sono anch'io", ha raccontato all'ANSA Marina nella stanza della terapia intensiva dell'Ospedale Italiano dove si trova da ieri pomeriggio insieme a Matteo e Mirko. Il gruppo è assistito dal medico Jorge Magistretti, il quale ha assicurato che lo stato clinico dei tre "è buono. La nostra idea è che rimangano ancora almeno per 48 ore in terapia intensiva. Sono fuori pericolo".
Ieri sera, poco dopo l'arrivo, hanno ricevuto le telefonate di qualche familiare. A Marina hanno poi fatto visita due amici di Milano che si trovavano a Mendoza per caso. Nell'incidente in vetta all'Aconcagua hanno perso la vita Elena Senin, già mercoledì, e successivamente la guida argentina Federico Campanini, che stava male da ore e che è morto dopo essere stato raggiunto dai soccorritori, che poi sono riusciti a far scendere dalla cima i tre sopravvissuti.
Marina ha ricordato che nelle lunghe ore trascorse sulla montagna, prima dell'arrivo della squadra di salvataggio, non ha "mai smesso di camminare, perchè a quelle temperature" era l'unico modo di sopravvivere, rilevando inoltre come, appena arrivati in vetta, la guida argentina si sia sentita molto male. "Ho subito capito che era in estrema difficoltà. Sono cose che capitano. Poi mi hanno detto che ha avuto un'edema polmonare. Noi stavamo bene, ma c'era molta neve e non potevamo conoscere la strada del ritorno", ha ricordato, spiegando la ragione per la quale sulla via della discesa il gruppo e' finito bloccato nel 'ghiacciaio dei polacchi'. "I soccorritori argentini sono stati bravissimi, l'organizzazione ha veramente funzionato, sono intervenuti con grande rapidita"', ha concluso, riferendosi alla squadra di salvataggio di circa 50 uomini messa in campo dalla pattuglia di soccorso di Mendoza e dalla forestale del Parco dell'Aconcagua.
Ma la montagna continua ad uccidere. Un alpinista inglese di 42 anni, infatti, Michael Freeman, è morto ieri dopo aver scalato l'Aconcagua, la cima più alta delle Americhe (6.962 metri d'altezza). Freeman, che aveva raggiunto la vetta con una spedizione di cui facevano parte anche due cileni e un neozelandese, sarebbe morto, stando alle prime informazioni, a causa di un arresto cardiaco.