Altro che Milano Show, una farsa ignobile
Altri SportGIOVANNI BRUNO denuncia la ridicola decisione di non onorare una tappa che aveva bloccato un'intera città. "Pericolosa? Che dire allora del pavé di Parigi o della terrificante Roubaix? Il pubblico non protesta, ma i telespettatori cambiano canale"
di GIOVANNI BRUNO
Due giri e mezzo, 30 chilometri di ciclismo contro quasi nove per 135 di vergognosa farsa. La Milano di 100 anni fa, quella della partenza da piazzale Loreto alle 2 e 43 di notte; la Milano dei mille arrivi, tra corso Sempione, l'Arena, Corso Venezia e cento angoli di storia ciclistica; la Mlano dei circuiti finali; la Milano di oggi - sede di tappa - o come è stata definita dal nuovo patron del Giro Angelo Zomegnan: Milano Show 100. Non merita e non ha meritato una ingnomignosa ridicola pedalata.
Una città bloccata sin dall'alba ha cercato in tutti i modi di prepararsi all'evento che non la vedeva protagonista principale, si arrivava da una notte di festa, una festa interista fatta come sempre di sventolii di bandiere, macchine strombazzanti, sfottò e bere con gli amici ad un campionato vinto.
Ebbene stamani, era tutto perfetto, non un coccio, non un vetro, solo qualche ragazzo con maglia interista di rientro felice. Già le transenne, sponsorizzate, e vigili che spostavano vetture incaute nonostante gli avvisi. Strade, incroci, traverse, rettilinei... controllati di un percorso cittadino... conosciuto ai molti e fatto conoscere tramite pubblicazioni degli organizzatori sin da dicembre.
Pericoloso? Forse, ma come tanti o tantissimi. Certo, siamo tutti sotto choc per quello che è accaduto al povero Horrillo ma da qui a farne un caso per un circuito cittadino è troppo. Si è detto che alcune macchine hanno attraversato, si è detto che altre macchine non sono state rimosse, si è detto delle rotaie, si è detto dei birilli rossi che delimitavano i tratti pericolosi, si è detto dei panettoni stradali ( non quelli natalizi)... si è detto troppo.
Anche perché tutto si è risolto in poco, quello che vi era da risolvere. Che dire allora, del pavé di Parigi, o delle strettoie dell'Amstel, o degli imbuti del Fiandre, o della terrificante Roubaix, o della discesa della cipressa o quella del galibier o quella del tourmalet, o del circuito di Berlino (Giro di Germania - patria dei Tram), o delle tappe greche del Giro 1996, o della pioggia, o delle strade bagnate, o della neve, o del vento, o dei pazzi quelli veri.
Boh. Il ciclismo è fatto di queste cose. A Milano girano migliaia di biciclette certo non a velocità da professionista, ecco proprio loro i professionisti, gente abituata a fare spettacolo a girare a mille in condizioni allucinanti e allora di che cosa stiamo parlano... volevano la corsa neutralizzata. Detto e fatto.
E poi Di luca, la maglia rosa, dopo poco si ferma, con affianco il signor Armstrong, e parla farfugliando qualche scusa banale per poi e scusarsi con il pubblico... troppo pericolo, un circuito così non è accettabile e allora... pedaliamo lenti. Buffoni. E tutte le volte che si è corso a Milano vi erano dei problemi? Mai. E allora di che cosa parliamo? Forse di un Giro diverso che ha creato dei problemi già all'inizio rispetto ad un ipotetica vacanza? Ma per cortesia.
Abbiamo sempre raccontato di un ciclismo vero, che cerca di uscire sempre dall'aninimato sprortivo, bella lezione a chi deve dare una immagine diversa di uno sport che ogni giorno sopporta critiche. Bravi, così si aiuta. E il pubblico? Quello a cui si è rivolto la maglia rosa? Il pubblico che ha affollato la sede stradale sin dal mattino, quello che all'inzio ha applaudito, svntolato bandierine, portato in spalla bambini... Ecco il pubblico di Milano.
Un pubblico che non ha protestato, alla chiusura della città ben conscio del valore di questo sport nella propria città, un pubblico che rispetta il ciclismo. Un pubblico che alla fine non ha più applaudito... che lezione.
E il pubblico televisivo? E' stato più facile... ha cambiato canale. C'era tennis, motociclismo, calcio e tante altre discipline serie... ha evitato di sentire le interviste di direttori sportivi e patron di squadre che commentavano negativamenete il comportamento dei propri corridori. Stranezze del mestiere.
I corridori allora da chi dipendono? Cassani, in telecronaca ha detto una cosa fantasticamente vera e forse passata quasi inosservata: "I DS che fanno? guidano solo le macchine?" Geniale e vero. Sentire Bordonali, Saronni, Savio e tanti altri dire "Non sono d'accordo con quello che sta avvenendo" aveva del non credere, e allora è proprio vero che fanno gli autisti e non la tattica di gara. Come dice qualcuno: "le chiacchiere stanno a zero" . Ah... scusate , la corsa, ovvero gli ultimi ed unici 30 chilometri validi hanno fatto veder dei veri numeri da circo. Strepitosa coerenza nell'intrepretare la definizione: circuito pericoloso. Sessanta all'ora, spallate, botte, salti di carreggiata... di tutto.
Emozioni a tutto andare, alla faccia del pericolo... forse erano stanchi del non correre e dei non applausi. Se davanti pigiavano sull'acceleratore, dietro si staccavano.
Lance Armstrong, l'uomo immagine di questo Giro, l'uomo dal calzino nero (pedalino in romanesco), avuta la neutralizzazione ha passeggiato tra le vetrine di Milano, con il buon Di Luca e al giovin Signore Ivan Basso. Dimentichiamo il dietro del gruppo, quelli della Milano "neutralizzata", per celebrare quelli dello spettacolo.
Quarto successo Columbia, primo di Mark Cavendish. Tutto perfetto. La squadra, nessuno escluso era li davanti tirare il collo... la maglia bianca (secondo in classifica generale), Rogers (terzo in classifica generale) Boasson Hagen (già vincitore di tappa e maglia ciclamino), Renshow - stavolta perfetto - hanno portato il ragazzo britannico dell'Isola di Man in carrozza ai 300 metri... poi più nulla, Davis secondo e Farrar terzo in recupero. Petacchi, persa la ruota dell'inglese, non ha più potuto sviluppare la sua tattica ed ha lasciato perdere.
Domani riposo: Le chiacchiere stanno a zero.
Due giri e mezzo, 30 chilometri di ciclismo contro quasi nove per 135 di vergognosa farsa. La Milano di 100 anni fa, quella della partenza da piazzale Loreto alle 2 e 43 di notte; la Milano dei mille arrivi, tra corso Sempione, l'Arena, Corso Venezia e cento angoli di storia ciclistica; la Mlano dei circuiti finali; la Milano di oggi - sede di tappa - o come è stata definita dal nuovo patron del Giro Angelo Zomegnan: Milano Show 100. Non merita e non ha meritato una ingnomignosa ridicola pedalata.
Una città bloccata sin dall'alba ha cercato in tutti i modi di prepararsi all'evento che non la vedeva protagonista principale, si arrivava da una notte di festa, una festa interista fatta come sempre di sventolii di bandiere, macchine strombazzanti, sfottò e bere con gli amici ad un campionato vinto.
Ebbene stamani, era tutto perfetto, non un coccio, non un vetro, solo qualche ragazzo con maglia interista di rientro felice. Già le transenne, sponsorizzate, e vigili che spostavano vetture incaute nonostante gli avvisi. Strade, incroci, traverse, rettilinei... controllati di un percorso cittadino... conosciuto ai molti e fatto conoscere tramite pubblicazioni degli organizzatori sin da dicembre.
Pericoloso? Forse, ma come tanti o tantissimi. Certo, siamo tutti sotto choc per quello che è accaduto al povero Horrillo ma da qui a farne un caso per un circuito cittadino è troppo. Si è detto che alcune macchine hanno attraversato, si è detto che altre macchine non sono state rimosse, si è detto delle rotaie, si è detto dei birilli rossi che delimitavano i tratti pericolosi, si è detto dei panettoni stradali ( non quelli natalizi)... si è detto troppo.
Anche perché tutto si è risolto in poco, quello che vi era da risolvere. Che dire allora, del pavé di Parigi, o delle strettoie dell'Amstel, o degli imbuti del Fiandre, o della terrificante Roubaix, o della discesa della cipressa o quella del galibier o quella del tourmalet, o del circuito di Berlino (Giro di Germania - patria dei Tram), o delle tappe greche del Giro 1996, o della pioggia, o delle strade bagnate, o della neve, o del vento, o dei pazzi quelli veri.
Boh. Il ciclismo è fatto di queste cose. A Milano girano migliaia di biciclette certo non a velocità da professionista, ecco proprio loro i professionisti, gente abituata a fare spettacolo a girare a mille in condizioni allucinanti e allora di che cosa stiamo parlano... volevano la corsa neutralizzata. Detto e fatto.
E poi Di luca, la maglia rosa, dopo poco si ferma, con affianco il signor Armstrong, e parla farfugliando qualche scusa banale per poi e scusarsi con il pubblico... troppo pericolo, un circuito così non è accettabile e allora... pedaliamo lenti. Buffoni. E tutte le volte che si è corso a Milano vi erano dei problemi? Mai. E allora di che cosa parliamo? Forse di un Giro diverso che ha creato dei problemi già all'inizio rispetto ad un ipotetica vacanza? Ma per cortesia.
Abbiamo sempre raccontato di un ciclismo vero, che cerca di uscire sempre dall'aninimato sprortivo, bella lezione a chi deve dare una immagine diversa di uno sport che ogni giorno sopporta critiche. Bravi, così si aiuta. E il pubblico? Quello a cui si è rivolto la maglia rosa? Il pubblico che ha affollato la sede stradale sin dal mattino, quello che all'inzio ha applaudito, svntolato bandierine, portato in spalla bambini... Ecco il pubblico di Milano.
Un pubblico che non ha protestato, alla chiusura della città ben conscio del valore di questo sport nella propria città, un pubblico che rispetta il ciclismo. Un pubblico che alla fine non ha più applaudito... che lezione.
E il pubblico televisivo? E' stato più facile... ha cambiato canale. C'era tennis, motociclismo, calcio e tante altre discipline serie... ha evitato di sentire le interviste di direttori sportivi e patron di squadre che commentavano negativamenete il comportamento dei propri corridori. Stranezze del mestiere.
I corridori allora da chi dipendono? Cassani, in telecronaca ha detto una cosa fantasticamente vera e forse passata quasi inosservata: "I DS che fanno? guidano solo le macchine?" Geniale e vero. Sentire Bordonali, Saronni, Savio e tanti altri dire "Non sono d'accordo con quello che sta avvenendo" aveva del non credere, e allora è proprio vero che fanno gli autisti e non la tattica di gara. Come dice qualcuno: "le chiacchiere stanno a zero" . Ah... scusate , la corsa, ovvero gli ultimi ed unici 30 chilometri validi hanno fatto veder dei veri numeri da circo. Strepitosa coerenza nell'intrepretare la definizione: circuito pericoloso. Sessanta all'ora, spallate, botte, salti di carreggiata... di tutto.
Emozioni a tutto andare, alla faccia del pericolo... forse erano stanchi del non correre e dei non applausi. Se davanti pigiavano sull'acceleratore, dietro si staccavano.
Lance Armstrong, l'uomo immagine di questo Giro, l'uomo dal calzino nero (pedalino in romanesco), avuta la neutralizzazione ha passeggiato tra le vetrine di Milano, con il buon Di Luca e al giovin Signore Ivan Basso. Dimentichiamo il dietro del gruppo, quelli della Milano "neutralizzata", per celebrare quelli dello spettacolo.
Quarto successo Columbia, primo di Mark Cavendish. Tutto perfetto. La squadra, nessuno escluso era li davanti tirare il collo... la maglia bianca (secondo in classifica generale), Rogers (terzo in classifica generale) Boasson Hagen (già vincitore di tappa e maglia ciclamino), Renshow - stavolta perfetto - hanno portato il ragazzo britannico dell'Isola di Man in carrozza ai 300 metri... poi più nulla, Davis secondo e Farrar terzo in recupero. Petacchi, persa la ruota dell'inglese, non ha più potuto sviluppare la sua tattica ed ha lasciato perdere.
Domani riposo: Le chiacchiere stanno a zero.