Gli angeli custodi del Giro: ecco chi sono e come lavorano

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Mauro Vegni, direttore operativo del Giro
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PIER AUGUSTO STAGI racconta due figure che caratterizzano da decenni la corsa: Vito Mulazzani e Mauro Vegni. Sono la "safety car" che interviene per avvertire i ciclisti di un pericolo, com'è successo nella sedicesima tappa del Monte Petrano

di PIER AUGUSTO STAGI
direttore Tuttobici
da Monte Petrano (Pesaro-Urbino)



Ad un certo punto l'hanno visto tutti: in testa al gruppo maglia rosa, lungo la discesa del Catria, in sella alla sua moto con la bandiera rossa in mano. Davanti c'erano Popovych scatenato e Cunego poco dietro. Sembrava di assistere ad un gran premio di F.1. Difatti, la velocità che i corridori toccano in discesa, è davvero da brividi: dagli ottanta ai cento chilometri orari. Quindi, ecco apparire in mondovisione, una sorta di "safety car", con le sembianze di una moto, che scandisce l'andatura, prima di riaprire la bagarre.
 
Vito Mulazzani è il più esperto dei motociclisti. Una vera istituzione del gruppo, punto di riferimento per tutti i corridori. Lui, in contatto con il collegio di giuria e in particolare con Mauro Vegni, il direttore operativo della corsa rosa, è l'angelo custode di tutti i corridori. Coordina tutte le moto staffetta, interagisce con le vetture dell'organizzazione e di giuria, dialoga con radioinformazioni.
 
"Ad un certo punto, lungo la discesa del Catria, prima dell'ultima salita verso Monte Petrano - ­ ci racconta Mauro Vegni, direttore operativo del Giro -, si  è venuta a creare una situazione particolare. Non di pericolo grave, ma che andava gestita con un po' di intelligenza e prudenza. L'asfalto cambiava. Il fondo stradale presentava uno speciale bituminoso chiaro che sembrava una strada bianca, ma strada bianca non era. Un bituminoso ecologico, che con il passaggio delle ammiraglie si era un po' logorato, tanto da rilasciare uno strato di polverina bianca che andava segnalata ai corridori. Ecco che Vito si è posto in testa al gruppo maglia rosa con la sua bandierina rossa. In questo modo i corridori hanno percepito il pericolo, e hanno affrontato la discesa con maggiore prudenza. Sia ben chiaro: non è la prima volta che certe cose vengono fatte, anzi. Diciamo che oggi è stato ben visibile anche al grande pubblico perché è avvenuto proprio nella fase calda della corsa. E in ogni caso, quel gruppo di cinquanta inseguitori, alle spalle di Popovych e Cunego, viaggiavano in sella alle loro biciclette, sempre sul filo degli ottanta chilometri orari".