Una giornata particolare fra le tendopoli del Giro

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L'Aqulia saluta il Giro. La corsa rosa arriva nei luoghi del terremoto
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Il nostro inviato PAOLO PAGANI racconta la passerella di solidarietà a Pettino, quartiere simbolo dell'Aquila devastato dal terremoto dello scorso 6 aprile. Le parole di Franco Ballerini, Paolo Bettini e Don Dante: "Oggi passa il Giro, domani continuiamo a combattere". Il patron Zomegnan dona un assegno di 100.000 euro. IL VIDEO

di PAOLO PAGANI
Inviato a L'Aquila


Don Dante ha un crocefisso di legno al collo e un clergy grigio, maniche corte ai 35° del quartiere Pettino, periferia de L’Aquila. Sole bruciante e case vuote. Un deserto che un po’ impressiona. Il Gran Sasso è qua davanti, ancora pienissimo di neve lassù in vetta.

Qui, edifici nuovi di una discrezione piccolo borghese, il terremoto del 6 aprile ha fatto scappare tutti. Pareti scrostate, tetti in bilico. E qui è arrivato, un mese e mezzo dopo, il Giro d’Italia. Una pedalata solidale: 25 km tra Onna, Paganica, L’Aquila. I Comuni del finimondo. Fondriest, il ct Ballerini, Moser, il “grillo” Bettini: gli assi del ciclismo che fu, gentiluomini di stampo antico, erano qua a sudare. Asfalto rovente, bambini in festa, carovana di clacson, radio e tv, gli inviati dei giornali nazionali. Il Giro ha portato un sorriso, un giorno di festa popolare.

Don Dante Di Nardo è il prete coraggioso e sorridente, tarchiatello e brizzolato, che protegge questo gregge strano di sfollati sotto casa. Quartiere, il Pettino, di 16.000 residenti suppergiù, ottanta famiglie adesso stanno dentro a queste tende color kaki, verde militare stinto dalla canicola improvvisa. “Oggi passa il Giro, domani continuiamo a combattere” spiega Don Dante allargando i braccioni contadini. Che subito racconta volentieri: “La nostra è una tendopoli particolare. Nessun piano della Protezione Civile, infatti, la prevedeva. Ma noi abbiamo voluto restare, piantare le tende qua, creare un presidio per non abbandonare la zona. La nostra zona. Fuori dagli appartamenti, e va bene. Ma abbiamo messo i tendoni. E adesso la parrocchia del quartiere è diventata addirittura il quartier generale di tutta la Diocesi de L’Aquila. Qui c’è la Caritas, qui 50 volontari lavorano giorno e notte senza prendere un euro. Qui c’è anche la mensa aperta a tutti: un piatto di riso, la pasta. Come riconosco chi si merita ospitalità? Basta un sorriso, un sorriso di chi passa e bussa spalanca le nostre porte, assieme ai nostri cuori. Qui chi ha bisogno trova un paio di pantaloni puliti, perfino le creme solari per queste giornate di sole feroce”.

Non c’erano i big del Giro. Era la giornata di riposo, prima della rampa del Blockhaus da Chieti. Per trovare la forma, forse hanno perso un’occasione bella. Retorica magari. A che serve fare queste cose? Allora io rovescio la domanda: e se il Giro, traversando l’Abruzzo, non avesse speso un’ora, una parola, un gesto, che figura avrebbe fatto? Sui pedali delle vie del terremo, in mezzo a un silenzio assordante di rioni evacuati, hanno sudato, comunque, tre concorrenti della corsa rosa. Convinti di voler portare amicizia e di testimoniare una solidarietà sincera: Gasparotto (Lampre), Quinziato e Vanotti (tutti e due Liquigas).

Parla per tutti un grande della pedivella, circondato dai ragazzini che lo bloccano per sempre nel clic delle foto coi telefonini: Paolo Bettini, oro olimpico ad Atene. Soffia, sbuffando via la fatica: “Se anche abbiamo strappato un solo sorriso, per me è stato importante. Abbiamo parlato con gli abruzzesi prima di decidere questa passerella, i ciclisti e la gente comune. E siamo qua, io son contento d’averlo fatto”. Il ct azzurro Franco Ballerini: “Ci siamo resi conto di persona di cosa vuol dire vivere qua. Perché la tv non te lo fa capire, non può. Ora bisogna continuare a ricordare, a chi ha promesso aiuto, alle autorità impegnate nei soccorsi e nella ricostruzione, che serve per davvero aiutare. E in fretta. Ogni giorno. Il terremoto è una brutta bestia e te ne rendi conto facendo l’inventario delle piccole cose che t’ha rubato l’anima: quando scopri, per esempio, d’aver perso per sempre, sotto le macerie, la catenina d’oro della Prima Comunione di tuo figlio, una foto… Restare indifferenti non è possibile”. 

Poi c’è lui, il patron, Angelo Zomegnan. Camiciola bianca, scende dall’ammiraglia blu, sorride, è contento. Offre due aiuti: una maglia rosa con gli autografi di tutti i capitani (“Mettetela su e.Bay, è un consiglio: il ricavato vi potrà servire”) e un assegno, centomila euro che il Giro versa a chi ha bisogno. All’ingresso della tendopoli adesso c’è la Lina che saluta tutti, cuffia da cuoca in testa. Il cognome non importa (“Sono la Lina e basta”, sorride, intanto che una frotta di pischelli le ronza intorno alle sottane). E’ una volontaria Caritas, coordina la logistica del campo di Pettino, traguardo della pedalata solidale. “Che caldo, madonna mia, quante difficoltà in più. Siamo qua in ottanta e devo dire la verità: è dura mantenere viva la speranza. Ogni giorno una scossa, tanta paura, nessuna certezza di quando finirà il nostro Calvario”  Intanto, almeno il Giro non vi ha scordati, Lina. E Zomegnan butta lì: “Se l’anno prossimo tornassimo? Così controlliamo com’è andata…”.