Un grido, un'esigenza: ''Aridatece il Mortirolo''
Altri SportGIOVANNI BRUNO commenta un Giro che dopo l’ennesima tappa fotocopia fa rimpiangere il buon vecchio "tappone". "Il Vesuvio ha riservato un buon arrivo e un po' di emozione per il solito giochino degli abbuoni, ma nulla di più. Non rimane che accontentarsi dello scenario offerto dalla costiera amalfitana"
Ricominciamo con la solita storia di questo Giro. Una passeggiata per un tot di chilometri poi... salita: una ventina di minuti di grande battaglia. Emozioni a raffica, cuore e batticuore, giochi di classifica, marcamenti esasperanti. E poi il giochino dei secondi di abbuono e... nulla più.
Aridateci il Mortirolo veniva invocato un tempo. Ora, dopo l’ennesima tappa fotocopia di questo Giro, è divenuta una esigenza. Lo avevamo già scritto, lo avevano già scritto: mancano le reali tappe che fanno la differenza. Il “tappone”.
Oggi un buon arrivo e, come detto, molte emozionanti attese. Si aspettava il crollo di qualcuno e crollo non c’è stato, si aspettava un qualche recupero e recupero non c’è stato. Abbuoni, solo quelli, ma se si deve correre e accontentarsi soli di quelli stiamo messi malissimo. Il Giro ha detto che Menchov è un perfetto marcatore, ha giocato di astuzia e bravura al momento giusto (cronometro) e poi ha giocato con gli altri, qualche appannamento minimo (Blockhaus) e nulla più. Mi ha fatto male vederlo sicuro, all’inizio della salita del Vesuvio, aiutare a far entrare Di Luca, alle spalle dei suoi uomini, come dire: "Mettiti qui, perfetto così saliamo insieme".
Di Luca potrebbe essere il vincitore morale, appena 18 secondi dietro. Ha provato e riprovato, che altro poteva fare. Doveva provare, per se stesso e per il pubblico e per il Giro. Ogni partenza però si infrangeva e si impantanava nella colla della maglia rosa. Tanti i tentativi e pochi i frutti raccolti. Certo tanto coraggio e tanto cuore. Quasi commovente ma anche oggi si è arrivati alla fine, alla salita finale, in carrozza trasportati dal treno LPR in magnifico panorama mozzafiato. Amalfi, Ravello, Praiano, Positano, Capri in lontananza, Sorrento hanno fatto da cornice al multicolorato passaggio.
Il racconto, va citato, è stato ripreso dall’operatore Giorgio Viana con il pilota d’elicottero Gianni Bugno. Quel Bugno che, in rosa, si piazzò secondo alle spalle di Chozas in arrivo del 1990 quattro chilometri più sotto di oggi. Ma questo è il passato, anche perché diciannove anni fa erano le prime tappe ed era un giusto arrivo in quella cronologia di tappa oggi stride un po'.
Abbiamo visto il gioco Liquigas, finalmente, Agnoli in prima battuta, testa di ponte, poi Basso ed infine Pellizzotti. Ma Pellizzotti è stato anche lui marcato e poi non aveva o non ha avuto lo stesso spunto e forza degli altri giorni. Basso lo ha aiutato ma il guadagno (1 e 39 nella generale) è stato minimo.
Ha provato Simoni, ha provato Garzelli, ha provato persino Leipheimer… infine è stato ancora Sastre a vincere. Lo spagnolo ha voluto ribadire la sua forza in montagna e non in tappe brevi. Era solo per vincere, lo ha fatto, soffrendo, ma lo ha fatto. Armstrong più affaticato ma nelle curve verso Praiano è caduto… per fortuna non sulla spalla infortunata un mese fa.
Ora mancano, dopo la pianura di domani, i 14 chilometri della cronometro di Roma. 14 chilometri per celebrare e chiudere il Giro del centenario. Rimane in rosa Menchov, in ciclamino Di Luca, in verde Garzelli. Ma ci rimangono ancora delle meravigliose immagini di tante gente entusiasta sulla strada del Vesuvio o tra il lastricato di Ercolano, uno spettacolo meraviglioso come la costiera amalfitana… un preludio alle vacanze. Evviva nonostante tutto.