Golf, Rocca ne è convinto: "L'Europa vincerà la Ryder Cup"
Altri SportIl fuoriclasse italiano, che ha partecipato a tre edizioni della competizione, scommette sul talento dei fratelli Molinari, ricordando quella volta in cui batté Tiger Woods. "L'ho attaccato. Non fu contento della sconfitta" GUARDA IL VIDEO
Golf, Molinari: "Vogliamo riportare la Ryder Cup in Europa"
Golf, Dodo non ha paura: "C'è Tiger alla Ryder? Meglio così"
di Maghdi Abo Abia
E’ tuttora riconosciuto come il più grande golfista italiano di sempre. Costantino Rocca, nato a Bergamo, classe 1956, vincitore di cinque trofei nell’European Tour, tra il 1993 e il 1999, primo italiano a giocare per l’Europa nella Ryder Cup nel 1993, 1995 e 1997, anno in cui sconfisse Tiger Woods.
Che cosa significa giocare la Ryder Cup?
La Ryder è un qualcosa di diverso dal normale. Un torneo a squadre che oppone 12 europei e 12 americani, una qualificazione che dura due anni. Una competizione importantissima, l’unico torneo che ogni golfista gioca non per soldi ma per onore.
Nel 1997, anno della sua ultima partecipazione, batté un certo Tiger Woods...
All’epoca aveva solo 21 anni, eppure veniva dalla vittoria al The Masters. Già allora si vedeva la sua forza. E’ stato difficile giocare contro di lui.
Come decise di affrontarlo?
L’unica tattica a mia disposizione era di non lasciarmi influenzare dal suo gioco ma cercare di mettere la pallina sempre davanti alla sua, costringendolo ad attaccare.
E Woods?
La sconfitta non gli fece un gran piacere.
Secondo lei come andranno Francesco e Edoardo Molinari alla Ryder Cup?
Francesco è una garanzia. E’ regolare e solido. Edoardo è più estroso, ha una visione di gioco differente da quella del fratello. La cosa più importante è che abbiano dimostrato di essere in ottima forma.
Hanno punti deboli?
Se giochi la Ryder Cup non hai punti deboli. Potrebbe capitare una giornata storta, ma non sarebbe un dramma. Essendo una competizione a squadre, se perdi un incontro, puoi vincere quello successivo.
Possiamo contare su di loro?
Assolutamente. Sono molto affiatati, come ha dimostrato il successo alla Coppa del Mondo di golf. Inoltre, gli ultimi successi hanno confermato la loro esperienza e la loro solidità.
Parliamo di lei. Ha sempre dichiarato che il suo punto debole è il putt. Eppure gli appassionati di tutto il mondo la ricordano proprio per due putt…
Era il British Open del 1995. Un colpo dal vialetto alla 71esima buca e il putt da 18 metri alla 72esima. Arrivai secondo, sconfitto al play-off dall’americano Daly.
Come le vennero quei colpi?
Non erano previsti, ma li sentivo dentro di me. Non ero emozionato e ho cercato di imbucare. Quando giochi per vincere è fondamentale inventarsi i colpi.
Quanto è cambiato il golf in questi anni?
Ho cominciato nel 1983. Sono passati 27 anni. Era un altro golf. Avevi meno possibilità di allenarti. Dovevi portarti le palline da casa e c’era sempre il pericolo di colpire gli altri giocatori impegnati sul percorso. Oggi è diverso. Anche il gioco è cambiato. Prima era necessario avere estro e un maggior feeling con palla e mazza, oggi è importante essere lineari.
Come vede il golf in Italia?
Ci sono ancora pochi giovani praticanti. Mancano le strutture. Si sente la mancanza di campi turistici. I nostri sono per lo più privati, e quindi costosissimi.
Come può un giovane avvicinarsi al golf?
Se frequentasse un campo, i giorni di gare potrebbe passarli a fare il caddy, così come fanno i piccoli raccattapalle nel tennis o nel calcio, e da lì crescere. Ma tutto ciò non è possibile perché avvicinarsi a questo sport è davvero complesso, sia per i costi sia per le strutture.
Come potrebbero migliorare le cose?
Bisogna pensare a campi accessibili dal punto di vista economico e che siano facilmente raggiungibili dai ragazzi. Si potrebbero studiare percorsi a nove buche anziché 18. I costi si dimezzerebbero, ci vorrebbe meno terreno, sarebbero più vicini alle città e potrebbero essere usati dai giovani, e magari il numero di piccoli giocatori aumenterebbe.
In conclusione ci dica, chi vince questa Ryder Cup?
Non voglio essere patriottico e dirlo solo perché ci sono i fratelli Molinari, ma sono sicuro che sarà il team europeo a trionfare.
Golf, Dodo non ha paura: "C'è Tiger alla Ryder? Meglio così"
di Maghdi Abo Abia
E’ tuttora riconosciuto come il più grande golfista italiano di sempre. Costantino Rocca, nato a Bergamo, classe 1956, vincitore di cinque trofei nell’European Tour, tra il 1993 e il 1999, primo italiano a giocare per l’Europa nella Ryder Cup nel 1993, 1995 e 1997, anno in cui sconfisse Tiger Woods.
Che cosa significa giocare la Ryder Cup?
La Ryder è un qualcosa di diverso dal normale. Un torneo a squadre che oppone 12 europei e 12 americani, una qualificazione che dura due anni. Una competizione importantissima, l’unico torneo che ogni golfista gioca non per soldi ma per onore.
Nel 1997, anno della sua ultima partecipazione, batté un certo Tiger Woods...
All’epoca aveva solo 21 anni, eppure veniva dalla vittoria al The Masters. Già allora si vedeva la sua forza. E’ stato difficile giocare contro di lui.
Come decise di affrontarlo?
L’unica tattica a mia disposizione era di non lasciarmi influenzare dal suo gioco ma cercare di mettere la pallina sempre davanti alla sua, costringendolo ad attaccare.
E Woods?
La sconfitta non gli fece un gran piacere.
Secondo lei come andranno Francesco e Edoardo Molinari alla Ryder Cup?
Francesco è una garanzia. E’ regolare e solido. Edoardo è più estroso, ha una visione di gioco differente da quella del fratello. La cosa più importante è che abbiano dimostrato di essere in ottima forma.
Hanno punti deboli?
Se giochi la Ryder Cup non hai punti deboli. Potrebbe capitare una giornata storta, ma non sarebbe un dramma. Essendo una competizione a squadre, se perdi un incontro, puoi vincere quello successivo.
Possiamo contare su di loro?
Assolutamente. Sono molto affiatati, come ha dimostrato il successo alla Coppa del Mondo di golf. Inoltre, gli ultimi successi hanno confermato la loro esperienza e la loro solidità.
Parliamo di lei. Ha sempre dichiarato che il suo punto debole è il putt. Eppure gli appassionati di tutto il mondo la ricordano proprio per due putt…
Era il British Open del 1995. Un colpo dal vialetto alla 71esima buca e il putt da 18 metri alla 72esima. Arrivai secondo, sconfitto al play-off dall’americano Daly.
Come le vennero quei colpi?
Non erano previsti, ma li sentivo dentro di me. Non ero emozionato e ho cercato di imbucare. Quando giochi per vincere è fondamentale inventarsi i colpi.
Quanto è cambiato il golf in questi anni?
Ho cominciato nel 1983. Sono passati 27 anni. Era un altro golf. Avevi meno possibilità di allenarti. Dovevi portarti le palline da casa e c’era sempre il pericolo di colpire gli altri giocatori impegnati sul percorso. Oggi è diverso. Anche il gioco è cambiato. Prima era necessario avere estro e un maggior feeling con palla e mazza, oggi è importante essere lineari.
Come vede il golf in Italia?
Ci sono ancora pochi giovani praticanti. Mancano le strutture. Si sente la mancanza di campi turistici. I nostri sono per lo più privati, e quindi costosissimi.
Come può un giovane avvicinarsi al golf?
Se frequentasse un campo, i giorni di gare potrebbe passarli a fare il caddy, così come fanno i piccoli raccattapalle nel tennis o nel calcio, e da lì crescere. Ma tutto ciò non è possibile perché avvicinarsi a questo sport è davvero complesso, sia per i costi sia per le strutture.
Come potrebbero migliorare le cose?
Bisogna pensare a campi accessibili dal punto di vista economico e che siano facilmente raggiungibili dai ragazzi. Si potrebbero studiare percorsi a nove buche anziché 18. I costi si dimezzerebbero, ci vorrebbe meno terreno, sarebbero più vicini alle città e potrebbero essere usati dai giovani, e magari il numero di piccoli giocatori aumenterebbe.
In conclusione ci dica, chi vince questa Ryder Cup?
Non voglio essere patriottico e dirlo solo perché ci sono i fratelli Molinari, ma sono sicuro che sarà il team europeo a trionfare.