La pattinatrice azzurra non ha rilasciato dichiarazioni al termine dell'audizione davanti alla Procura antidoping del Coni. Il legale: "Carolina ha chiarito i dubbi. Lei non sapeva, è assolutamente in buona fede"
Settanta domande e altrettante risposte. Nelle quattro ore trascorse nella Procura Antidoping del Coni (soltanto una pausa per mangiare un panino e andare in bagno), Carolina Kostner ha cercato di fugare qualsiasi dubbio: lei non sapeva che il proprio ex fidanzato e marciatore azzurro Alex Schwazer, fermato alla vigilia dei Giochi di Londra 2012 (e poi squalificato fino a gennaio 2016), faceva uso di Epo.
Nessuna parola da Carolina - Una verità da raccontare, dopo aver fallito la prima convocazione per "motivi lavorativi" (uno show sul ghiaccio all'Arena di Verona), direttamente al procuratore Tammaro Maiello e al suo vice Mario Vigna, evitando di incrociare i giornalisti che l'attendevano allo stadio Olimpico di Roma, sede degli uffici dell'antidoping. Ci è riuscita al mattino, entrando da un'entrata secondaria. Ci ha provato nel pomeriggio, quando, intorno alle 16.55, tailleur scuro e capelli sciolti, ha ripercorso il tragitto all'inverso. Stavolta dinanzi ai fotografi. Provata dall'audizione fiume e visibilmente tesa, con accanto la manager Giulia Mancini, la pattinatrice si eè infilata direttamente nell'auto di uno dei legali, Giovanni Fontana e Massimiliano Di Girolamo.
Le parole della difesa - A spiegare la linea scelta per difendersi dall'accusa di "complicità" e "omessa denuncia" (artt. 2.8 e 3.3 NSA) è stato Fontana, tornato poi all'Olimpico assieme all'agente: "Carolina ha chiarito i dubbi, penso che anche la procura sia rimasta soddisfatta. Lei non sapeva, è assolutamente in buona fede". Perchè allora, secondo quanto emerso dall'inchiesta della Procura di Bolzano, mentì agli ispettori della Wada che il 29 luglio 2012, bussarono alla porta della sua casa di Oberstdorf, coprendo la presenza di Schwazer che si sarebbe dovuto trovare invece a Racines, sede della sua reperibilità? "Lei non ha coperto niente e nessuno, dietro richiesta di Alex aveva risposto all'ispettore antidoping che lui non era in casa perchè lui aveva dato un'altra reperibilità ed era indispettito. Lei ha inteso come una violazione della privacy che l'avessero cercato dove non dovevano. Poi chiamò Alex al telefono per dirgli 'parlaci tu che devono venire a Racines'. Non c'è nessuna violazione perchè lui è stato trovato, testato ed è anche risultato positivo".
"Carolina non sapeva chi fosse il dott. Ferrari" - E l'incontro in autogrill con il dottor Michele Ferrari, medico inibito a vita? "Un episodio del tutto sporadico - lo bolla Fontana -. L'ha visto solo una volta, non aveva neanche capito che si chiamava Michele Ferrari. Pensava fosse un preparatore atletico, hanno parlato di tabelle di allenamento". Mentre sulla tenda ipossica utilizzata dal suo ex durante la notte, precisa: "In Germania è amessa. Lui ogni tanto aveva dei problemi di respirazione e, a suo dire, questo macchinario gli serviva per questi problemi".
I rischi di Carolina - La procura confronterà ora le risposte con la documentazione in possesso, ma prima di un deferimento della 27enne altoatesina probabilmente convocherà altri testi. Rischia 4 anni e mezzo. E le medaglie vinte? "Assolutamente no - assicura il legale -. Non ha nulla a che fare con il doping. Ci aspettiamo una valutazione serena dalla Procura anche se c'e' una caccia alle streghe, un momento in cui il mondo sembra schierato contro il Coni".
Nessuna parola da Carolina - Una verità da raccontare, dopo aver fallito la prima convocazione per "motivi lavorativi" (uno show sul ghiaccio all'Arena di Verona), direttamente al procuratore Tammaro Maiello e al suo vice Mario Vigna, evitando di incrociare i giornalisti che l'attendevano allo stadio Olimpico di Roma, sede degli uffici dell'antidoping. Ci è riuscita al mattino, entrando da un'entrata secondaria. Ci ha provato nel pomeriggio, quando, intorno alle 16.55, tailleur scuro e capelli sciolti, ha ripercorso il tragitto all'inverso. Stavolta dinanzi ai fotografi. Provata dall'audizione fiume e visibilmente tesa, con accanto la manager Giulia Mancini, la pattinatrice si eè infilata direttamente nell'auto di uno dei legali, Giovanni Fontana e Massimiliano Di Girolamo.
Le parole della difesa - A spiegare la linea scelta per difendersi dall'accusa di "complicità" e "omessa denuncia" (artt. 2.8 e 3.3 NSA) è stato Fontana, tornato poi all'Olimpico assieme all'agente: "Carolina ha chiarito i dubbi, penso che anche la procura sia rimasta soddisfatta. Lei non sapeva, è assolutamente in buona fede". Perchè allora, secondo quanto emerso dall'inchiesta della Procura di Bolzano, mentì agli ispettori della Wada che il 29 luglio 2012, bussarono alla porta della sua casa di Oberstdorf, coprendo la presenza di Schwazer che si sarebbe dovuto trovare invece a Racines, sede della sua reperibilità? "Lei non ha coperto niente e nessuno, dietro richiesta di Alex aveva risposto all'ispettore antidoping che lui non era in casa perchè lui aveva dato un'altra reperibilità ed era indispettito. Lei ha inteso come una violazione della privacy che l'avessero cercato dove non dovevano. Poi chiamò Alex al telefono per dirgli 'parlaci tu che devono venire a Racines'. Non c'è nessuna violazione perchè lui è stato trovato, testato ed è anche risultato positivo".
"Carolina non sapeva chi fosse il dott. Ferrari" - E l'incontro in autogrill con il dottor Michele Ferrari, medico inibito a vita? "Un episodio del tutto sporadico - lo bolla Fontana -. L'ha visto solo una volta, non aveva neanche capito che si chiamava Michele Ferrari. Pensava fosse un preparatore atletico, hanno parlato di tabelle di allenamento". Mentre sulla tenda ipossica utilizzata dal suo ex durante la notte, precisa: "In Germania è amessa. Lui ogni tanto aveva dei problemi di respirazione e, a suo dire, questo macchinario gli serviva per questi problemi".
I rischi di Carolina - La procura confronterà ora le risposte con la documentazione in possesso, ma prima di un deferimento della 27enne altoatesina probabilmente convocherà altri testi. Rischia 4 anni e mezzo. E le medaglie vinte? "Assolutamente no - assicura il legale -. Non ha nulla a che fare con il doping. Ci aspettiamo una valutazione serena dalla Procura anche se c'e' una caccia alle streghe, un momento in cui il mondo sembra schierato contro il Coni".