Il n° 1 Coni dopo il deferimento della pattinatrice per omessa denuncia e favoreggiamento di Schwazer: "Sono amico di Carolina, le sono affezionato. Cosa può dire Malagò cittadino? Che non è giusto. Il presidente del Coni, invece, deve stare zitto..."
"Sto vivendo un dramma personale, io sono amico di Carolina, le voglio bene e le sono affezionato. Dopo la vittoria della Pellegrini a Pechino, la medaglia che mi ha dato più soddisfazione è stata quella di Carolina a Sochi" ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in merito al deferimento della pattinatrice per omessa denuncia e favoreggiamento nella positività dell'ex fidanzato e marciatore Alex Schwazer.
"Ho chiesto a due avvocati, persone esperte in materia, che vorrei parlare con Carolina, le vorrei dire che le sono vicino" ha continuato il presidente del Coni, parlando al Foro Italico al convegno "Lotta al doping: peculiarità normative e strategie di contrasto. Aspetti giuridici ed operativi" e riferendosi al caso Kostner. "Mi hanno detto, non lo posso fare, posso essere equivocato", ha spiegato.
Per la pattinatrice, la Procura antidoping del Coni ha chiesto quattro anni e tre mesi di squalifica. "Sui giornali ci hanno fatto un mazzo così - ha rilevato Malagò -. Mi hanno fatto un mazzo così. Ritengo la cosa non giusta. Chi è il legislatore? Fino a oggi chi è il modello di riferimento? La Wada. Fino al 31 dicembre 2014 il regolamento impone minimo quattro anni per questo tipo di reato, poi dal primo gennaio 2015 grazie anche alle norme adottate questo discorso si può dimezzare. Cosa può dire Malagò cittadino? Che non lo trovo giusto. Il presidente del Coni, invece, deve stare zitto. Qual è la colpa del Coni? Aver rispettato le leggi".
"L'argomento (doping, ndr) lo sto aggredendo, nessuno lo ha fatto come l'ho fatto io, anche nelle scuole e nelle università. Bisogna giudicare la governance dal momento dell'elezione a oggi e al prossimo futuro. Non è gusto creare una commistione di responsabilità con quanto accaduto prima".
"Schwazer spera di andare ai Giochi di Rio? Su questo argomento non faccio il tifo né in un senso e neppure nell'altro" prosegue Malagò, commentando il desiderio del marciatore azzurro, squalificato per doping fino al gennaio 2016, di partecipare ai prossimi Giochi olimpici. "Ci sono delle norme e questo vale sia nella giustizia sportiva che in quella ordinaria. Sono norme non certo legiferate da me che dicono come a fronte di un tipo di comportamento sia prevista una certa entità della pena - sottolinea il n° 1 dello sport italiano-. Alla fine dell'entità della pena uno è padrone di andare viva su un'isola in Australia e staccare la spina con il resto del mondo, piuttosto che tornare a gareggiare, e uno non può che prenderne atto. Io non sollecito né ad andare a vivere in Australia e neppure a tornare a gareggiare", conclude Malagò, dicendo che questa è "una situazione condivisibile e molto di buon senso".
"Ho chiesto a due avvocati, persone esperte in materia, che vorrei parlare con Carolina, le vorrei dire che le sono vicino" ha continuato il presidente del Coni, parlando al Foro Italico al convegno "Lotta al doping: peculiarità normative e strategie di contrasto. Aspetti giuridici ed operativi" e riferendosi al caso Kostner. "Mi hanno detto, non lo posso fare, posso essere equivocato", ha spiegato.
Per la pattinatrice, la Procura antidoping del Coni ha chiesto quattro anni e tre mesi di squalifica. "Sui giornali ci hanno fatto un mazzo così - ha rilevato Malagò -. Mi hanno fatto un mazzo così. Ritengo la cosa non giusta. Chi è il legislatore? Fino a oggi chi è il modello di riferimento? La Wada. Fino al 31 dicembre 2014 il regolamento impone minimo quattro anni per questo tipo di reato, poi dal primo gennaio 2015 grazie anche alle norme adottate questo discorso si può dimezzare. Cosa può dire Malagò cittadino? Che non lo trovo giusto. Il presidente del Coni, invece, deve stare zitto. Qual è la colpa del Coni? Aver rispettato le leggi".
"L'argomento (doping, ndr) lo sto aggredendo, nessuno lo ha fatto come l'ho fatto io, anche nelle scuole e nelle università. Bisogna giudicare la governance dal momento dell'elezione a oggi e al prossimo futuro. Non è gusto creare una commistione di responsabilità con quanto accaduto prima".
"Schwazer spera di andare ai Giochi di Rio? Su questo argomento non faccio il tifo né in un senso e neppure nell'altro" prosegue Malagò, commentando il desiderio del marciatore azzurro, squalificato per doping fino al gennaio 2016, di partecipare ai prossimi Giochi olimpici. "Ci sono delle norme e questo vale sia nella giustizia sportiva che in quella ordinaria. Sono norme non certo legiferate da me che dicono come a fronte di un tipo di comportamento sia prevista una certa entità della pena - sottolinea il n° 1 dello sport italiano-. Alla fine dell'entità della pena uno è padrone di andare viva su un'isola in Australia e staccare la spina con il resto del mondo, piuttosto che tornare a gareggiare, e uno non può che prenderne atto. Io non sollecito né ad andare a vivere in Australia e neppure a tornare a gareggiare", conclude Malagò, dicendo che questa è "una situazione condivisibile e molto di buon senso".