Si è spento nella sua casa di Ascoli Piceno il "prof" che portò ai massimi livelli uno dei campioni d'atletica più amati dagli italiani. Con Mennea raggiunse record e i più grandi risultati mai ottenuti dalla velocità azzurra
E' morto Carlo Vittori, lo storico allenatore di Pietro Mennea. Il tecnico, figura di spicco dell'atletica italiana, aveva 84 anni e si è spento ad Ascoli Piceno, dove era nato. L'ultima apparizione pubblica di Vittori risale al 30 novembre, al Coni per ricevere il 1° Premio del concorso letterario, a pochi giorni dal deferimento di massa dell'atletica azzurra. "L'atletica italiana non c'è più", fu l'amaro commento del decano dei tecnici azzurri che scoprì anche Marcello Fiasconaro. "E' dai tempi del generale Gola che i risultati sono andati sempre peggiorando", aggiunse.
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it"><p lang="it" dir="ltr">Lo sport italiano piange Carlo Vittori. La terra ti sia lieve maestro. R.I.P. <a href="https://t.co/dS6OHDkXOI">https://t.co/dS6OHDkXOI</a>— CONI (@Coninews) <a href="https://twitter.com/Coninews/status/680113075765264388">24 Dicembre 2015</a></blockquote><script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>
La figura di Vittori è legata indissolubilmente a quella di Pietro Mennea, scomparso due anni e mezzo fa. Insieme hanno dato lustro all'atletica italiana. Si erano conosciuti nel 1970 e il loro sodalizio portò a vittorie e record diventati leggendari. "Di Pietro - disse - ho un ricordo lungo una vita. Lo vidi correre per la prima volta ai campionati italiani giovanili, sulla pista di Ascoli Piceno, nel 1968, nei 300 metri: lì capii che era un talento naturale, una forza della natura. Lo conobbi nel 1970, quando il suo allenatore Mascolo lo portò a Formia. Le doti che gli riconosco sono l'impegno e la testardaggine: era davvero un martello pneumatico. Un esempio? Se per caso arrivavo con 5' di ritardo all'allenamento, si faceva trovare con il dito indice che batteva sull'orologio. E questo accadeva anche dopo nove o 10 anni di attività".
Nemico giurato del doping, per Vittori, che il 23 novembre scorso era a Formia per le celebrazioni del 60° anniversario del centro di preparazione olimpica della cittadina pontina, non c'era bisogno di assistere all'ultima bufera doping per scoprire che "l'atletica italiana era finita. Già a Pechino non abbiamo raggiunto alcun risultato di rilievo - aveva spiegato - Non so perché si tratti l'atletica cosi'. E' - aveva concluso amaramente il 'padre' dei grandi successi di Mennea - l'unica disciplina sportiva capace di riempire gli stadi per 8-9 giorni quando ci sono le Olimpiadi ed invece è trattata con le pezze ai piedi".
Nato ad Ascoli Piceno il 10 marzo del 1931, si era affermato in gioventù come sprinter, arrivando a vestire la maglia azzurra per otto volte, tra il 1951 e il 1954 (nel 1952, anche la partecipazione ai Giochi di Helsinki); ma solo successivamente, a bordo pista, nel ruolo di allenatore, il professore contribuì a scrivere pagine memorabili per la velocità italiana. L'approccio metodologico innovativo, il rigore applicativo, avevano bisogno di un interprete: il cerchio si chiuse all'inizio degli anni '70, quando Vittori prese in mano il talento di Pietro Mennea, elevandolo all'ennesima potenza sportiva.
Tanto crebbe Mennea sotto la guida di Vittori, tanto crebbe il prof nella sua conoscenza della materia, in un'evoluzione che rese entrambi pilastri di una vera e propria scuola italiana della velocità internazionalmente riconosciuta. Fu l'età dell'oro della velocità italiana culminata, al di là degli straordinari successi di Pietro nella medaglia d'argento mondiale della staffetta 4x100 a Helsinki 1983, con il quartetto azzurro (Tilli, Simionato, Pavoni, Mennea) subito dietro gli sprinter Usa e davanti i russi. Per quei successi l'atletica italiana gli aveva conferito solo poche settimane fa la sua onorificenza più alta, la Quercia al merito di III grado. I funerali di Carlo Vittori si svolgeranno sabato mattina nella Chiesa di Sant'Angelo Magno ad Ascoli Piceno