Giorni selvaggi: così ho inseguito l'onda perfetta
Altri SportL'INTERVISTA. Rischiare, viaggiare, condurre una vita al ritmo dell'oceano: è il surf, bellezza. A raccontarlo è William Finnegan con Giorni selvaggi. Una vita sulle onde, autobiografia vincitrice del Premio Pulitzer 2016 appena pubblicata da 66thand2nd. Che confessa...
Lo sport associato al Premio Pulitzer edizione 2016 (Sezione Biografie o Autobiografie) e il surf come maestro di vita. Con le Hawaii in tutta la loro violenza (ma come, non sono un Paradiso?) a fare da sfondo. Sono queste le premesse di Giorni selvaggi. Una vita sulle onde, opera del reporter statunitense del New Yorker William Finnegan. Per capirne di più, le alternative a portata di mano sono tre. Comprare il libro, andare alla Biblioteca Sormani di Milano questa sera alle ore 21 per incontrare l'autore, oppure leggere le prossime righe.
L'italiano medio legge la parola Surf e pensa al divertimento puro. Eppure il titolo originale del tuo libro è Barbarian Days...
"Il pensiero diffuso in tutto il mondo è che non si tratti di un sport serio. Invece, nel momento in cui si affronta l'oceano, si assumono grandi responsabilità. Si rischia la vita. Da parte mia, con il passare degli anni ho continuato a farlo anche da giornalista, seppure in modo diverso, come reporter di guerra".
Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
"Ho fissato da subito un obiettivo: non limitarmi a descrivere le Hawaii come un Paradiso terrestre. Ho voluto raccontare con la massima professionalità il mondo che rappresentano, la vita quotidiana, tutto ciò che c'è dietro. Volevo descrivere la sensazione che si prova quando si è attratti in modo totale dall'oceano, dalla sua capacità di generare onde stupende, dai sacrifici che bisogna fare per compiere viaggi lunghissimi per ritrovarsi nel posto giusto al momento giusto, di fronte all'onda perfetta. Di certo non è una vita qualunque, quella di chi vive seguendo i ritmi dell'oceano. Per me è bellissima, affascinante".
Surf e viaggio sono diventate, in fretta, una cosa sola
"Terminata la scuola sapevo che avrei dovuto iniziare a lavorare. Ero anche riuscito a trovare un impiego e a guadagnare i miei primi soldi, ma avevo sempre in mente la stessa cosa: girare il mondo alla ricerca dell'onda perfetta. Quando sono diventato grande mi sono chiesto: come posso riuscirci? Un mio amico mi ha dato una buona idea: semplice, viaggia e valla a cercare. Così ho fatto per anni, scappando dai rischi e dalle scelte sbagliate. L'unica cosa che dovevo fare era pensare al surf, senza dover prendere decisioni molto complesse".
Significa che il surf è molto più di uno sport?
"Indubbiamente. Mi ha aiutato a capire meglio me stesso e a scoprire un modo diverso di scrivere. Durante il mio ultimo lavoro (insegnavo nelle case a Città del Capo, in Sudafrica, un Paese pieno di contraddizioni politiche ma ideale per il surf) alcuni miei studenti sono finiti in prigione, o ancora peggio sono stati uccisi. Durante questa esperienza ho capito che avrei dovuto scrivere un libro sul Sudafrica, così sono diventato un giornalista, per raccontare queste storie. Tutto è passato attraverso il surf".
Cosa lo rende unico?
"Inizi a surfare da bambino con onde piccole, poi pian piano ti confronti con onde sempre più potenti (anche se io ho cercato di bruciare le tappe...). A un certo punto ti trovi di fronte a un interrogativo: riuscirai a sopravvivere e a crescere in modo sicuro, affrontando onde così pericolose? E sarai abbastanza forte? E' il surf. Rischi la vita. Questa è una gran bella differenza, rispetto agli altri sport individuali...".
Esiste un trucco?
"Il segreto è rispettare le onde. Non dimenticare mai la loro potenza. Stare sempre attenti a ogni movimento. Cercare di migliorarsi pur conoscendo le difficoltà, pur consapevole dei limiti. Attraverso l'esperienza è possibile riuscire a farlo".
Sembra una regola di vita
"Il surf e la vita vanno di pari passo. Quando sento il bisogno di fare surf, è come sentire il bisogno di vivere. Per me è una felicità reale, la stessa che posso provare stando accanto a mia figlia".
In quale sezione ti piacerebbe trovare il tuo libro?
"In America abbiamo una sezione speciale chiamata New book dedicata alle nuove uscite, ecco, spero proprio che finisca lì. Quando ero giovane esisteva un editore inglese che pubblicava libri con il marchio Penguin Books: aveva un logo di colore arancione e pubblicava tutti i più grandi successi della letteratura. Mi piacerebbe, un giorno, vedere il mio libro tra quei grandi classici".
Un grande classico opera di un surfista, un giornalista o un vero scrittore?
"Scrittore. E' stata la mia più grande ambizione sin dall'infanzia".