Vincere alla Bradbury. Ormai è un modo comune per definire una vittoria inaspettata e rocambolesca. Il pattinatore australiano più famoso al mondo che vince l’oro olimpico a Salt Lake City. Sembra ieri. In realtà sono passati esattamente 15 anni da quando Steven Bradbury ha regalato al suo Paese la prima e unica medaglia d’oro nello short track. Ve lo ricordate?
D’altronde come dimenticare il trionfo del grande sfavorito, del brutto anatroccolo che sconfigge i giganti dello short track. Già ai quarti di finale è ultimo a un giro dalla fine. Poi, avviene il primo di una serie incredibile di colpi di scena: il giapponese Naoya Tamura cade perché toccato dal canadese Marc Gagnon, che viene quindi squalificato. Bradbury recupera due posizioni e passa il turno insieme al diciannovenne idolo americano Apolo Ohno.
In semifinale si ripete quasi la stessa scena: Bradbury parte ed è già ultimissimo. Due metri lo distaccano dal gruppo di avversari compatto davanti a lui. Poi, nell’ultimo giro cade il sud coreano Kim Dong-Sung e, dopo poco, il canadese Mathieu Turcotte e il cinese Li Jiajun si eliminano a vicenda. L’australiano è in finale dei 1000 metri.
Bellissima favola, che sembra però giunta al capitolo finale: una qualificazione storica senza possibilità di podio. Gli avversari di Bradbury sono dei mostri dello short track, tanto che il telecronista alla partenza commenta: “Ecco l’americano Apolo Ohno, l’idolo di casa (…) si limiterà a vincere o stravincerà?” Insieme a lui Li Jiajun, , il coreano Hyun-Soo Ahn e il ripescato Mathieu Turcotte.
Già dalla spinta iniziale è evidente la differenza di passo dell’australiano, che a due giri dalla fine è completamente staccato dal gruppo. A 20 metri dal traguardo comincia la battaglia per il podio e come in una barzelletta i pattinatori favoriti cadono tutti, uno sull’altro, come i birilli del bowling.
Bradbury assiste allo strike e taglia il traguardo in 1 minuto e 29 secondi. Le braccia al cielo: è oro, uno dei più incredibili nella storia dei Giochi. “La vittoria più bella della mia vita – ha detto l’australiano – un risultato che mi sono meritato dopo anni di sacrifici”. E come dargli torto. Dopo Salt Lake City si è ritirato, all’apice della carriera, e ha iniziato a girare il mondo raccontando la sua storia e presentando il suo libro: “Last man standing”, l’ultimo uomo in piedi.