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Non solo Gago: 10 atleti infortunati rimasti in campo

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Gago e Beckenbauer, ma anche Michael Jordan e Tiger Woods. Quando la voglia di vincere è più forte del dolore fisico. Una carrellata di imprese sportive memorabili realizzate nonostante incidenti di gioco gravissimi

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Più forti della sofferenza fisica. La voglia di competere come miglior antidolorifico. Fernando Gago, in Argentina-Perù di qualificazione ai Mondiali, è rientrato in campo dopo essersi rotto il legamento crociato del ginocchio destro. “Non mi interessa, lasciatemi giocare”, ha detto ai medici. Sei minuti dopo si è dovuto rassegnare ed è stato sostituito. Non capita tutti i giorni, comunque, di vedere un atleta che continua a gareggiare, seppur per poco, nonostante un infortunio così grave. Non capita tutti i giorni, ma capita. Ecco dieci storie di straordinaria resilienza tratte dai libri di storia dello sport.

Gennaro Gattuso: 90 minuti con un ginocchio rotto

I sei minuti giocati da Gago senza legamento crociato devono aver reso orgoglioso Gennaro Gattuso. L’attuale allenatore della Primavera del Milan, al  4’ di una partita di campionato contro il Catania, nel tentativo di intervenire in scivolata finì con la punta del piede conficcato in una zolla del prato di San Siro, sollecitando il ginocchio con tutto il peso del corpo. Dopo qualche smorfia, “Ringhio” si rialzò e continuò a giocare fino alla fine. Il giorno dopo arrivò il responso del medico: lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio destro.

Marcos Assunçao: punizione con lesione

Giocare con un infortunio è già difficile, ma segnare? L’ex centrocampista della Roma Marcos Assunçao ci è riuscito nel 2002 in una partita casalinga contro il Piacenza, su calcio di punizione. Il brasiliano aveva da poco subito un contrasto durante il quale aveva preso un colpo al ginocchio, ma era voluto restare in campo proprio per battere la punizione. Per fortuna della Roma, che si ritrovò avanti 2-0, ma non per Assuncao, costretto a uscire subito dopo il gol. Ma uno specialista, d'altronde, lo è anche con una lesione al menisco.

Michael Jordan: “Flu game”

La carriera di Michael Jordan è costellata di grandi imprese compiute grazie all’incrollabile fede nelle sue capacità. In Gara-5 delle Finali Nba 1997 contro gli Utah Jazz realizzò 38 punti, prese 7 rimbalzi e servì 5 assist nonostante un’intossicazione alimentare. Provocata, si dice, da una pizza che MJ si era fatto consegnare nella sua camera d’albergo di Salt Lake City. Coach Phil Jackson dichiarò: “Non era sceso dal letto per tutto il giorno, se si alzava vomitava e aveva momenti di vertigine e tutto il resto. Eravamo preoccupati dei minuti che poteva resistere ma lui ci disse che voleva giocare. Alla fine restò in campo quarantaquattro minuti. Di per se è già un’impresa stupefacente”. Sì, non è un infortunio, ma provateci voi.

Isiah Thomas: 11 punti nelle Finals su una gamba

Parlando di veri infortuni, tutti ricordano la Gara-7 delle Finals Nba 1970 tra New York Knicks e Los Angeles Lakers. Il centro dei newyorkesi Willis Reed, con uno strappo alla coscia, si presentò comunque sul parquet, tra lo stupore generale. Firmò i primi due canestri e poi uscì, ma ciò fu sufficiente per ispirare la vittoria dei suoi. Si tende a dimenticare, invece, ciò di cui fu capace il playmaker dei Detroit Pistons Isiah Thomas in Gara-6 delle finali 1988, sempre contro i Lakers. Dopo aver iniziato il terzo quarto segnando 14 punti, si slogò una caviglia. Lasciò brevemente il campo e poi tornò, realizzando 11 dei 15 punti di fine quarto della sua squadra. Ma i Lakers riuscirono ad avere la meglio nell’ultimo periodo di gioco e a far loro anche Gara-7. Si sa, la storia la scrivono i vincitori.

Tiger Woods: gamba rotta, crociato ko, sempre il migliore

Prima degli scandali a sfondo sessuale, Tiger Woods faceva parlare di sé solo sul green, e solo positivamente. Nel 2008 riuscì a trionfare allo U.S. Open convivendo con una frattura da stress alla gamba  e con la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio.

Bert Trautmann: il prigioniero di guerra che giocò col collo rotto

Il portiere tedesco del Manchester City Bert Trautmann ne aveva già vissute tante sulla sua pelle. Durante la seconda guerra mondiale combatté sul fronte orientale per tre anni guadagnandosi cinque medaglie. Fu trasferito al Fronte Ovest e lì fu catturato dagli inglesi, che lo portarono in un campo per prigionieri di guerra. Nel 1948 uscì di prigione e iniziò a giocare a calcio in Inghilterra. Durante la finale di Fa Cup del 1956  in uno scontro di gioco si dislocò cinque vertebre del collo. Svenne, fu rianimato con i sali e continuò a giocare, difendendo con le sue parate il 3-1 finale. Dopo la consegna della medaglia iniziò a lamentarsi: “Ho un po’ di torcicollo…”.

Shun Fujimoto: tutto per la squadra

Alle Olimpiadi di Montréal del 1976, lo spirito combattivo di questo ginnasta permise alla squadra giapponese di conquistare l’oro. Durante gli esercizi a corpo libero si ruppe il ginocchio, ma continuò a gareggiare: 9.5 al cavallo con maniglie, 9.7 agli anelli, atterrando da 2 metri e mezzo in perfetto equilibrio, prima di collassare in agonia. In questo modo peggiorò il suo infortunio: la rotula, già rotta, si spostò  e i legamenti della gamba si lacerarono. Tempo dopo gli hanno chiesto se l’avrebbe rifatto: “No, non lo rifarei”.

Franz Beckenbauer: il Kaiser non si spezza

Una delle foto più iconiche del calcio, tratta da una delle partite più memorabili, Italia-Germania 4-3. Kaiser Franz che gioca il secondo tempo supplementare della semifinale di Messico ’70 con la spalla lussata: mano sul petto e  vistosa fasciatura che gli spezzetta in tanti segmenti il numero 4 sulle spalle.

Jack Youngblood: fino al Super Bowl e oltre

I giocatori di football americano sono abituati a farsi male. Ma Jack Youngblood (“sangue giovane”, che cognome appropriato), defensive end dei Los Angeles Rams, nei playoff Nfl del 1980 ha esagerato. Con il perone rotto ha giocato due turni di playoff e il Super Bowl. Come se non bastasse, la settimana successiva ha partecipato anche al Pro Bowl, l’all star game del football, una partita senza alcun valore. Se lo chiamavano il “John Wayne” del football, un motivo doveva pur esserci… Menzione d’onore, anche per Byron Leftwich, quarterback che negli anni del college rimase in campo in una partita in cui si era fratturato la tibia. Visto che non era praticamente in grado di camminare, gli uomini di linea lo trasportavano in spalla tra uno snap e l’altro.

Derek Redmond: al traguardo con papà

La carriera del velocista britannico Derek Redmond è stata segnata da diversi infortuni. Ai Giochi olimpici di Barcellona 1992, durante la semifinale dei 400 metri, si strappò il bicipite femorale della gamba destra a metà del giro di pista. Non si dette per vinto, anche se la gara era ormai persa. Proseguì saltellando sulla gamba sinistra per un po’, per poi ricevere il sostegno dal padre, che l’aveva raggiunto dagli spalti oltrepassando gli addetti alla sicurezza. Quando i due arrivarono al traguardo l'intero stadio esplose in una standing ovation.