Non c'è padel senza Fernando Belasteguin: perché è stato il più grande di tutti

Non c’è padel senza Bela. Non c’è stato e non ci sarà. Mi rendo conto che sia un’affermazione forte, anche perché è sempre sbagliato identificare uno sport con un solo campione, ma effettivamente, se ci penso bene, non può esserci frase migliore per descrivere quanto Fernando Belasteguin, da tutti conosciuto come el Boss, abbia dato a questo sport e abbia soprattutto permesso a questo sport di diventare quello che è oggi e quello che tutti speriamo diventi nei prossimi anni. Uno sport sempre più giocato, conosciuto e apprezzato, come in questi giorni a Milano stiamo vedendo dal vivo durante il Premier Padel P1 che si sta giocando all’Allianz Cloud, l’ultimo dell’incredibile carriera da professionista del più grande giocatore di padel di tutti i tempi. Numeri senza senso Dopo aver lanciato il sasso, non voglio di certo nascondere la mano. Per questo proverò a spiegarvi perché Bela è stato, è e sarà ancora così importante per il padel. I numeri, seppur mostruosi, arrivano in secondo piano per il mio modo di vedere, ma è sempre bene iniziare dalle certezze: per 16 anni, di cui 13 consecutivi , Bela è stato numero 1 del mondo, tra il sodalizio più vincente di sempre con Juan Martin Diaz e l’accoppiata col brasiliano Pablo Lima; 216 i tornei vinti , 1 anno e 9 mesi di imbattibilità con 22 tornei vinti consecutivamente. Numeri che oggi non hanno quasi senso, forse in nessuno sport, e che costituiscono di fatto la base del nostro discorso e delle nostre domande. Come è riuscito a essere così dominante, perché ha vinto così tanto? Partiamo. Il primo professionista A mio modo di vedere sono soprattutto due le chiavi di lettura dell’incredibile storia di successo di Bela in questo sport. Uno sport che quando Fernando ha iniziato a giocare era totalmente diverso rispetto a quello che è oggi. E che proprio Bela ha contribuito in maniera decisiva a trasformare. La “leyenda de Pehuajo”, altro suo soprannome, è stato a mio modo di vedere il primo vero professionista di questo sport. Da quando, poco più che ventenne e oramai fermo da 5 mesi per una crisi di identità, ha preso parte a un tour di tornei in Spagna, Bela ha deciso di far diventare questo sport una professione e ha cambiato radicalmente l’approccio di quelli che erano i giocatori dell’epoca. Il padel era ancora visto, anche dai più forti, per l’appunto come un gioco, da fare con gli amici e dopo il quale andare al bar a bere cerveza e divertirsi; Fernando, invece, ha introdotto un approccio serio e professionale, sia nello stile di vita che nell’allenamento, contribuendo in maniera decisiva a cambiare anche la filosofia degli altri giocatori, che hanno dovuto mutare il proprio approccio per non rimanere indietro e restare al passo del Boss. Il primo a leggere il gioco Il secondo fattore decisivo per la sua grandezza è stato invece di natura più legata al campo, direi tattica. Bela è stato senza dubbio il primo di tutti a capire il senso di questo gioco, a saperlo interpretare correttamente, a essere consapevole delle cose che andavano fatte in campo per poter vincere le partite. Essendo un gioco di racchetta arrivato molto dopo il tennis, soprattutto all’inizio la maggior parte dei giocatori più bravi erano quelli che arrivavano per l’appunto dal tennis, che giocavano sempre ad alta velocità, puntando sulla potenza dei colpi, mentre lui ha capito che il padel era un altro gioco, che si doveva ogni tanto rallentare lo scambio, usare moltissimo i pallonetti e in questo modo ha iniziato a creare un solco tra lui e i suoi avversari. Al contrario loro non strafaceva, non cercava il punto sensazionalistico o la giocata a effetto: è sempre stato costanza e concretezza, nel senso più padelistico del termine. Anche perché, e qui sta l’effettiva ed enorme grandezza di questo giocatore, dal punto di vista tecnico Bela non ha mai avuto uno spiccato talento in qualcosa di specifico, non ha mai avuto un colpo eccezionale nel quale era decisamente più bravo di altri. Non aveva, anzi non ha, in fondo ha smesso veramente da pochi giorni, uno smash più potente, una vibora più velenosa, una bandeja più efficace, una volée più tagliata, un pallonetto più profondo degli altri giocatori; ma ha ed ha sempre avuto prima degli altri una grandissima intelligenza e la capacità di leggere al meglio ogni situazione. Per questo è stato il più grande di tutti. E soprattutto in questo senso, come lo è stato per tutti gli argentini come me, può e deve essere di ispirazione anche per i tanti giocatori amatoriali, che spesso si nascondono dietro l’alibi di non possedere un grandissimo bagaglio tecnico. Costruttore di talenti Se fin qui vi ho spiegato perché non c’è stato padel senza Bela, ora proverò a motivarmi perché non c’è ancora e, in un certo senso, non ci sarà. Negli ultimi anni della sua carriera, diciamo gli ultimi 5, da quando si è separato da Lima e non ha più vinto quanto prima, Bela ha capito che avrebbe dovuto cambiare ruolo e dedicarsi soprattutto a crescere i nuovi talenti del padel, in campo. E così ha fatto. Se, come lui stesso ha detto nell’emozionante discorso al termine dell’ultima partita della sua carriera - quella persa contro Garrido e Bergamini agli ottavi del P1 di Milano -, lascia un padel che oggi si gioca a livelli mai visti prima, il merito infatti è anche suo, che ha contribuito in maniera decisiva a migliorare il fenomenale istinto tecnico di tanti dei migliori al mondo di oggi, a cominciare dai due mostri che hanno dominato gli ultimi due anni, Tapia e Coello. Non è un caso che entrambi siano passati dalla sua scuola , da una serie di tornei giocati insieme e che solo dopo abbiano acquisito la maturità anche mentale per decidere di mettersi insieme e di riscrivere la storia di questo sport, come prima di loro hanno fatto Galan e Lebron. Poi Yanguas, anche lui destinato a una grande carriera e, ultimissimo, Tino Libaak, una delle più recenti gemme del padel argentino. Per questo anche il padel di oggi, come quello di ieri, deve continuare a ringraziarlo. Un'eredità senza fine E quello che sarà? Beh, è evidente che un personaggio come Bela, che ha fatto del padel tutta la sua vita, non si allontanerà dal suo centro di gravità, come peraltro ha già fatto capire. E dedicherà il resto della sua vita a crescere futuri talenti e portare il padel in giro per il mondo. Già nel 2020, anticipando i tempi, Fernando ha deciso di avviare il Bela Padel Center ad Alicante, una Academy di livello internazionale, e a breve ne aprirà un’altra a Barcellona. Ma il suo intento è quello di non fermarsi, arrivando a gestire almeno altri 10 centri tra Italia, Messico e soprattutto Stati Uniti, il mercato nel quale il padel deve per forza affermarsi per poter crescere a livello planetario. Per questo non ci sarà padel senza lo zampino di Bela. Ma anche perché, in fondo, per tutti resterà sempre una grandissima fonte di ispirazione, a prescindere dai tanti nuovi campioni che ci faranno divertire in questi anni. Per questo el Boss va solo ringraziato. Perché non ci sarebbe stato il padel senza di lui. E, in fondo, non ci sarà.

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