Ali-Frazier e il 'Thrilla in Manila': 50 anni dal match del secolo

Forse avrebbe dovuto chiudere così, quell’1 ottobre del 1975 a Quezon City, area metropolitana di Manila, Filippine. Andarsene da vincitore, salutare tutti lasciando vacante la sua cintura e risparmiarci il tramonto fatto purtroppo anche di incontri imbarazzanti come quelli contro Larry Holmes e Trevor Berbick. La vita, agonistica, di Muhammad Alì poggia principalmente su tre pilastri. Il primo match contro Sonny Liston, quello di Miami nel 1964 con la conquista del primo titolo mondiale. Una vittoria contro ogni pronostico che fece capire al mondo che l’oro di Roma nei medi non era stato un episodio. Poi ci fu ‘The Rumble in the jungle’ contro Foreman nel 1974. Il diretto destro che fece vedere le stelline a George gli permise di attraversare la soglia che divide quelli mortali dagli eterni. Infine, ci fu la trilogia con Joe Frazier. E di queste tre sfide è sicuramente l’ultima, battezzata dallo stesso Alì: ‘The thrilla in Manila’, quella che regge il confronto, e forse addirittura lo supera, con le battaglie contro Liston e Foreman. Ogni volta che Alì saliva sul ring non era possibile raccontare soltanto, si fa per dire, quel che tutti potevano vedere tra le corde. Colui che nacque Cassius riusciva ogni volta a fornire a chi aveva voglia di narrarlo una serie inesauribile di episodi e aneddoti. Pare che a Manila Alì ne prese assai più nella sua stanza d’albergo dalla moglie rispetto a quel che poi gli sarebbe accaduto contro Joe. Belinda aveva letto su un giornale che l’incauto marito era stato a un ricevimento offerto dal dittatore filippino, Ferdinando Marcos, e gli aveva presentato un’avvenente signora, Veronica Porsche. Marcos la salutò come fosse la ‘signora Alì’ e Belinda decise di prendere il primo volo disponibile per affrontare di petto la questione. Un paio d’anni dopo Manila il Campione sposò effettivamente Veronica ma in quel momento Belinda era la detentrice della cintura e pare non mancò far valere le sue ragioni. Passato indenne quel match, Alì dovette combattere contro Joe alle dieci del mattino con un tasso di umidità surreale. La violenza dei colpi visti nelle 14 riprese supera di gran lunga quel che i due riuscirono a fare nei precedenti incroci tra di loro. Al punto che il vincitore dopo il getto della spugna da parte dell’angolo del suo avversario pronunciò l’indimenticabile: “È stata la cosa più vicina alla morte che mi sia mai capitata”. Secondo il dottor Pacheco, storico medico che ha seguito tutta la carriera di The GOAT, fu proprio da Manila che iniziarono a vedersi i primi segnali della malattia di Alì. Che ne prese e ne diede come oggi probabilmente sarebbe inimmaginabile, visto che incontri come ‘Thrilla in Manila’ di questi tempi verrebbero interrotti molto prima per non far rischiare la pelle ai pugili. Frazier nelle ultime riprese combatté da non vedente. I suoi zigomi erano talmente gonfi da chiudergli di fatto gli occhi. “Don’t stop this fucking fight”, pare abbia urlato a Eddie Futch quando il suo secondo gli aveva fatto intendere che stava per prendere l’asciugamano e gettarlo in mezzo al ring per certificare che il suo ragazzo si era arreso. Dall’altra parte del quadrato Alì ansimava, cercando nei sali e nelle amorevoli cure di Angelo Dundee, suo eterno angelo custode, le forze per non mollare proprio pochi metri prima del traguardo. “Cut them off”, si racconta il Campione abbia detto a Dundee chiedendogli di tagliargli le corde dei guantoni e di abbandonare quella “fottuta battaglia” dalla quale invece Joe non voleva liberarsi. Nessuno sa se tutto questo sia mai accaduto, ovvero che Frazier volesse ancora tre minuti per giocarsi tutto alla quindicesima e invece Alì fosse pronto per la doccia. Un finale degno di un thriller, appunto. Poco importa se è stato solo immaginato, se quelle parole sono il frutto di una mente fantasiosa. Il Maestro Rino Tommasi avrebbe chiosato così: “Mai rovinare una bella storia con la verità”.

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Ali-Frazier e il 'Thrilla in Manila': 50 anni dal match del secolo

Fabio Tavelli