Mezza maratona Trieste: denuncia su sfruttamento atleti africani o pessima comunicazione?

Atletica

Lia Capizzi

(foto Facebook TFR)

Le polemiche in merito alla mezza maratona di Trieste. Gli organizzatori fanno marcia indietro, cambiando idea: "Inviteremo atleti africani". Una tale provocazione però nascondeva qualche punto interrogativo… Ecco cosa è davvero successo nel caso del giorno

Una polemica enorme per una vicenda che deve essere chiarita. L'accusa di razzismo, di discriminazione, è pesante e molto grave. È grave per Trieste, città di confine e di integrazione, storicamente incontro di culture e linguaggi diversi. È grave per lo sport che ha nel suo stesso DNA il concetto di "inclusione". Di mezzo c’è sicuramente un problema di disinformazione perché non è vero che la mezza maratona di Trieste sia vietata agli atleti africani: basta verificare il regolamento del Trieste Running Festival pubblicato sul web. Alla voce "partecipazione atleti non tesserati in Italia" non risulta infatti alcun divieto, non c’è alcuna esclusione. Non si tratta quindi di una questione di partecipazione, che è libera per tutti, ma il vero problema riguarda l’ingaggio, cioè una trattativa privata che non ha l’obbligo di essere resa pubblica (al contrario del montepremi che invece deve essere dichiarato).

Gli organizzatori hanno deciso di non invitare - e quindi di non pagare - gli atleti africani per contestare il fatto che siano sfruttati da manager senza scrupoli. Per giustificare tale scelta Fabio Carini presidente di ATP MIRAMAR, società che organizza il Trieste Running Festival, porta ad esempio un caso di due anni fa: un atleta africano salito sul podio nell’edizione 2017 non aveva i soldi necessari per tornare a casa, abbandonato dal proprio manager. Ricapitolando, il messaggio degli organizzatori vuol essere un grido di battaglia contro il "mercimonio di atleti extracomunitari". Vengono tirati in ballo manager poco seri che propongono atleti a costi bassissimi a discapito di atleti italiani ed europei che hanno un diverso costo di mercato. Detta così, però, si tratta di una generalizzazione bella e buona, rischia di passare per una giustificazione di comodo. I furbetti e le persone disoneste ci sono dappertutto, anche tra i manager. Così come, invece, ci sono manager seri di atleti africani che ne curano la crescita, l’allenamento, vitto e alloggio, con scrupolosità. 

Per dovere di chiarezza la mezza maratona di Trieste è considerata una manifestazione di terza fascia, rientra nella categoria "bronze". La Fidal (Federazione Italiana Atletica Leggera) classifica le maratone e le mezze maratone in tre fasce: gold, silver e, appunto bronze. La distinzione si basa su parametri di qualità agonistici, organizzativi e di montepremi. La terza fascia, bronze, non prevede un minimo di montepremi. Nel regolamento della mezza maratona di Trieste si legge testualmente: "Vengono premiati con premi in natura i primi 3 atleti maschi assoluti e le prime 3 atlete femmine assolute della classifica generale". Quindi zero soldi. La domanda ora viene spontanea. Con quali manager hanno trattato gli organizzatori della mezza maratona di Trieste? Di quali atleti stiamo parlando? Non sarebbe stato più utile fare nomi e cognomi? Esiste un albo ufficiale dei manager, quindi basterebbe denunciare quelli disonesti.

Travolti da un qualcosa più grande di loro, gli organizzatori annunciano di voler fare marcia indietro. "Inviteremo gli atleti africani, la nostra è stata una provocazione", si legge in una nota a tarda sera. Sarà. Resta però in tutti noi un grosso dubbio. C’è stata davvero la volontà di denunciare uno sfruttamento di atleti extracomunitari o si è trattato di un problema di pessima comunicazione?

La Procura federale della Federazione Italiana di Atletica Leggera vuole vederci chiaro ed ha aperto un’inchiesta "volta ad accertare - si legge nel comunicato- fatti ed eventuali violazioni alle proprie norme e regolamenti commesse da società affiliate o da tesserati Fidal".