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Bob Hayes, l'uomo che vinse con due scarpe diverse

Atletica

Nicola Roggero

Nella camera di chiamata, prima di una gara di atletica, l’atleta può uscire solo con il materiale a disposizione. E lui aveva solo una scarpa chiodata. Per giunta quella non era una gara qualunque, ma la semifinale olimpica dei 100 metri a Tokio 1964

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Dalla borsa spuntò solo una scarpa. L’altra non c’era, finita chissà dove. Bob Hayes capì di essere nei guai. Nella camera di chiamata, prima di una gara di atletica, l’atleta può uscire solo con il materiale a disposizione. E lui aveva solo una scarpa chiodata. Per giunta quella non era una gara qualunque, ma la semifinale olimpica di Tokio sui 100 metri. Dove diavolo era finita l’altra calzatura da gara? Ebbe un flash. Qualche ora prima, nella camera del villaggio Olimpico, stava scherzando con Joe Frazier, grande favorito per l’oro nei mediomassimi. Pare si tirassero addosso gli indumenti e che Frazier, prima di andare all’arena, gli avesse chiesto un chewing-gum. "Cerca nella mia borsa", la risposta. Era probabile, se non certo, che la scarpa fosse uscita rovistando dentro per cercare il chewing gum. Per Bob, non c’erano altre opzioni. Lui, il più serio candidato all’oro dei 100 metri, il ragazzo della Florida che doveva far scordare la sconfitta degli americani quattro anni prima a Roma per mano del tedesco Armin Hary, avrebbe gareggiato con una normale scarpa da jogging, senza i chiodi. Non solo: la pista in terra battuta di Tokio era un pantano per il temporale scoppiato poco prima della partenza.

 

Non si arrese, sommando la rabbia ad un talento che non si è più visto sui 100 metri. Su quel terreno fradicio, con una scarpa che priva di chiodi non faceva presa sul terreno, segnò un 9.91 che all’epoca era fantascienza. I 5 metri di vento alle spalle resero non omologabile il record. Ma quel tempo, tecnicamente, valeva di più del 9.95 con cui Jim Hines avrebbe vinto 4 anni dopo a Città del Messico, con il vantaggio dell’aria rarefatta dell’altitudine e della pista in sintetico. In finale, con vento nella norma, avrebbe vinto in 10.06, sempre con la scarpa da jogging e un altro problema. Era stato estratto in prima corsia, dove poco prima avevano terminato la prova i marciatori della 20 km., trasformandola in un terreno arato. Non abbastanza per fermare la potenza sprigionata dagli 84 chili di muscoli distribuiti sui 180 centimetri di Bob Hayes. Il quale, pochi giorni dopo, avrebbe trascinato all’oro la 4x100 americana. "Avete un solo compito, dare il testimone a Bob Hayes", si raccomandò il tecnico degli Stati Uniti agli altri tre frazionisti. Loro eseguono, ma quando parte è quinto, a tre metri dalla Francia prima. Jocelyn Delecour dirà di aver sentito il suono sempre più forte dei passi di Hayes che divorava la pista. 8”6 la sua frazione lanciata, ci vorrà Bolt per fare meglio.

Bob Hayes taglia il traguardo nella finale dei 100 metri a Tokio, due scarpe solo apparentemente identiche: una chiodata, una da jogging (Getty)

La staffetta fu l’ultima gara di Bob Hayes. Scelto dai Dallas Cowboys, nemmeno ventiduenne lasciò l’atletica per il football. Fece la storia anche della NFL quando gli allenatori avversari furono costretti ad inventare la difesa a zona per difendere su Hayes: mai si era visto un ricevitore tanto veloce. Sarebbe arrivato al Superbowl, tuttora unico al mondo ad aver vinto l’oro olimpico e il Vince Lombardy Trophy, prima di litigare con la vita, conoscendo il carcere e vittima dell’alcool. Un cancro lo portò via a neanche 60 anni, nel 2004. Il suo grande amico Joe Frazier, nel frattempo campione mondiale nei pesi massimi, lo avrebbe raggiunto nel 2011. Gli avrà chiesto se quel giorno, a Tokio, avesse trovato il chewing gum.

Bob Hayes conduce gli USA alla vittoria nella staffetta 4x100 (Getty)