Ogni medaglia conta, soprattutto agli Europei di Atletica

Vivere o anche solo guardare il campionato di atletica è sempre molto stimolante. Soprattutto se il livello si conferma alto, come quello che abbiamo constatato durante in questi giorni. Sì, l’Europa in senso generale c’è eccome e di questo dobbiamo essere contenti: a livello di lanci, salti e di staffette. Spettacolari. Ma prima di parlare dei nostri, permettetemi di celebrare come è giusto che sia un atleta, Ingebrigsten, e una nazione, l’Olanda, per quello che abbiamo visto. Il primo si conferma una delle stelle più luminose dell’atletica: è l’unico ad aver vinto due ori , con una classe impeccabile. L’Olanda invece ha meritato il primo posto nel medagliere e nella classifica punti. Capita spesso per la nazione ospitante, perché c’è una spinta diversa: era successo anche a noi a Roma, lo scorso anno. Piccola delusione: il palazzetto non sempre pieno nelle quattro giornate. Onestamente non me l’aspettavo. Lacrime di delusione... Come non mi aspettavo certi risultati negativi che sembravano difficili da pronosticare. È inutile girarci intorno: sul getto del peso avremmo potuto fare certamente meglio. Mi dispiace molto per Fabbri, ma anche per Weir e Ponzio. Erano quasi tutti dati per vincenti, mentre siamo riusciti a totalizzare solo quattro punti tra ritiri, ottavo e sesto posto. So bene come ci si sente quando arriva una delusione sportiva. A Sidney nel 2000 ero a un passo dal voler interrompere la carriera: mi ero infortunato, non volevo più andare avanti. Ma siamo agonisti: passa la nottata della delusione e il giorno dopo in qualche modo ci rigeneriamo. Gli atleti non vanno mai lasciati soli e per fortuna è così: sono accompagnati da uno staff di ottimo livello, da chi si occupa della preparazione o della parte medica, fino al mental coaching. C’è un ambiente che dà la possibilità di ripianificare senza andare troppo in crisi: permette di condividere gioie e dolori, trovare nuova motivazione e nuova linfa. E infatti quattro anni dopo è arrivata Atene 2004. ... lacrime di gioia A proposito di linfa, in Italia ne abbiamo parecchia e bella giovane. Parto dagli ori. Dosso, Iapichino e Diaz sono stati eccezionali. Ma erano tutti podi potenziali. Per renderli reali ci voleva qualcosa in più nel momento che contava ed è quello che è stato fatto. Larissa, per esempio, ha realizzato delle prestazioni in linea con le sue migliori prove. Zaynab ha realizzato il record italiano nel momento più importante. Testa, mentalità, tecnica. Tanta tecnica. Andy, che non è giovane come le altre, si è confermato semplicemente stratosferico. Ma in generale tutti quelli che hanno vinto una medaglia devono essere fieri del loro risultato. Anche Furlani. Io non sono deluso e spero che non lo sia neanche lui: questo risultato fa parte di un processo che può portare a raggiungere obiettivi ben più prestigiosi. Non è soltanto una questione di prova, ma di come la prova viene affrontata: bisogna saper gestire le aspettative, che per lui erano molto alte nonostante l’età. Ha un po’ litigato con il salto, ma è successo anche a Mihambo nel femminile, e infatti ha vinto Iapichino. Non tutto accade da un momento all’altro, bisogna metabolizzare questi momenti, imparare. Per me è stato un passo avanti. Anzi, un salto. Quello che in questa edizione è stata la nostra specialità. È un aspetto da considerare e che ci fa sorridere per il futuro, aspettando il rientro dei big che in Olanda non abbiamo potuto vedere. Adesso, però, è giusto festeggiare. Un oro è sempre un oro, e non si darebbe il giusto valore se si pensasse subito al prossimo allenamento o alla prossima prova. La vittoria è in qualche modo una misura del lavoro che viene portato avanti tutti i giorni, bisogna assorbirla e assaporarla prima di archiviarla. Fra qualche giorno ci sarà modo di resettare tutto e ripartire. Nel bene, in questo caso, ma anche nel male. Pensando un po’ al futuro. Vi dice niente Los Angeles 2028?

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