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Doping, Sun Yang squalificato 8 anni dal Tas di Losanna. Carriera finita?

Nuoto

Il nuotatore, tre volte oro olimpico, è stato ritenuto colpevole di aver manomesso il controllo antidoping effettuato nel settembre 2018 con la distruzione di una provetta presa a martellate dalla guardia del corpo. La squalifica di 8 anni non è retroattiva, non gli verranno tolte le medaglie conquistate ai Mondiali 2019. Sun Yang potrà ricorrere al Tribunale Svizzero. La sentenza del TAS è una pesante sconfitta per la FINA, Federazione Internazionale nuoto. Gli altri campioni delle piscine esultano, pur con la tristezza per non essere stati tutelati negli ultimi anni

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E’ stata presa la decisione più severa, la squalifica di 8 anni per doping equivale di fatto a una radiazione. Finisce un lungo processo il cui percorso è stato ad ostacoli, complesso, osteggiato e a tratti imbarazzante in riferimento ai numerosi problemi di traduzione dal mandarino all’inglese durante le oltre 10 ore di udienza pubblica lo scorso 16 novembre a Montreux. Il Panel del TAS di Losanna composto da tre membri e presieduto dal giudice italiano Franco Frattini ha accolto all’unanimità la richiesta della WADA di punire il 28enne Sun Yang per aver ostacolato un controllo antidoping. Ha violato l’articolo 2.5 FINA DC (manomissione di qualsiasi parte del test antidoping) e non è riuscito a dimostrare una giustificazione convincente per aver distrutto un contenitore per la raccolta dei campioni, con l’aggravante di aver eliminato la possibilità di testare il campione in una fase successiva. La WADA aveva proposto una pena esemplare, dai 2 agli 8 anni, ma considerando la precedente squalifica di doping del 2014 (3 mesi per stimolante trimetazidina) Sun Yang è stato considerato dal TAS un recidivo, meritevole del massimo della pena.

I fatti del 4 settembre 2018

Nella villa del fuoriclasse si presentarono gli ispettori della Wada per un prelievo di sangue e urine nella finestra oraria cui ogni atleta deve dichiarare la propria disponibilità, in questo caso tra le 23 e le 24 della sera. Seguirono quattro ore di discussione tra l’entourage di Sun Yang e gli ispettori, con pure l’arrivo in fretta e furia del medico personale, il poco raccomandabile dottor Ba Zhen con alle spalle due squalifiche per violazioni antidoping accertate. Agli ispettori della IDTM, società svedese incaricata di effettuare i prelievi dalla WADA, veniva contestata la mancanza di un documento di riconoscimento e di una autorizzazione. Nota a margine, è sacrosanto diritto di un atleta conoscere l’identità di chi lo sta controllando, sapere nelle mani di chi sta mettendo la propria carriera e i propri sacrifici, su questo non ci piove. Il punto della vicenda qui è ben più complesso. Prima di arrivare alla fatidica distruzione di un contenitore del sangue, preso a martellate da una guardia del corpo istigata dalla mamma onnipresente di Sun Yang, desta molti sospetti la diffidenza e la contrarietà del cinese a rilasciare i propri campioni. Per la WADA i documenti erano in regola, con tutti i requisiti, ma si aggiunge pure la rivelazione diventata una aggravante: la stessa IDTM aveva controllato Sun Yang altre 60 volte in passato, un ispettore era lo stesso di un test effettuato nel 2017. Come mai quella sera il cinese non si è fidato?

La carriera 

 

La carriera di Sun è mostruosa, in termini di successi ma pure di sospetti. Oltre ai tre ori olimpici (nei 400 stile e 1500 stile a Londra 2012 con record del mondo tuttora imbattuto, nei 200sl a Rio 2016) in bacheca ha in bella mostra dodici titoli mondiali e una dozzina di altre medaglie tra argenti e bronzi. A casa sua è una icona, lo sportivo più medagliato di sempre ma pure un idolo simile ad una rock star tra spot pubblicitari, apparizioni televisive, incursioni nel mondo della musica. Tanto amato in patria quanto osteggiato dai rivali che ne hanno sempre contestato gli atteggiamenti, le manfrine, le liti a bordovasca, le assenze sospette (chiedere a Greg Paltrinieri che in finale nei 1500 ai Mondiali di Kazan 2015 si ritrovò con la corsia numero 4 vuota…), gli allenamenti in luoghi spesso segreti e i controlli antidoping effettuati con il contagocce. Alle Olimpiadi di Rio fece clamore la frase del francese Camille Lacourt: "Quello lì fa la pipì viola".

"Non salgo sul podio con chi bara"

La protesta più eclatante agli ultimi Mondiali di Gwangju quando l'australiano Mack Horton si è rifiutato di salire sul podio dei 400 stile (con Gabriele Detti medaglia di bronzo): “Non salgo sullo stesso podio di chi bara”.  Anche il britannico Duncan Scott non volle stringere la mano al cinesone sul podio dei 200 stile. Scene simili non erano mai accadute, la FINA pensò bene di ammonire sia Horton sia Scott per “tutelare” Sun Yang. E qui arriva la conseguenza più grave che potrebbe avere la decisione odierna del TAS, perché la questione non riguarda solamente il fuoriclasse cinese, in ballo c’è tutto il nuoto mondiale. La squalifica di 8 anni per doping di Sun Yang rischia di provocare un effetto tsunami nelle acque clorate di tutto il globo. La Federazione Internazionale di Nuoto ne esce in ginocchio, agli occhi di tutti appare chiaro il suo comportamento permissivo, financo molle: di fronte alle provetta distrutta a martellate nel 2018 la Fina si è limitata a rifilare una semplice ramanzina, nel Panel del 3 gennaio 2019  deliberò di non considerare valido il controllo antidoping della WADA, dando il via libera a Sun Yang di poter partecipare ai Mondiali di Gwangju. Vengono alla luce adesso nuovi particolari circa le mosse della FINA di evitare il processo al TAS come la richiesta di far rimuovere dal Cda della WADA il procuratore capo Richard Young per conflitto di interesse, avendo Young fatto parte della Commissione Legale della FINA fino al febbraio del 2019. Tra parentesi: stiamo parlando dello stesso Richard Young che in passato ha perseguito i casi di doping di Lance Armstong e di Marion Jones, mica di un azzeccagarbugli. La stessa FINA, secondo AP, avrebbe tentato di bloccare l’udienza pubblica del TAS presentando istanza per un deposito tardivo della WADA dinnanzi al Tribunale Federale Svizzero. Diciamolo, non proprio un comportamento irreprensibile da parte di una Federazione che in tutto il mondo dovrebbe promuovere il nuoto e al tempo stesso dovrebbe vigilare sulla pulizia e la correttezza del proprio sport in quanto firmataria del codice WADA. L’australiano Mack Horton da oggi assume ancor più il ruolo di paladino dello sport pulito, l’anti Sun Yang, il nemico numero uno dei tifosi cinesi. A proposito, la scorsa settimana la sua vecchia scuola ha deciso di non intitolargli più, come aveva promesso, la nuova piscina in costruzione. Eh già, il prestigioso college Caufield Graammar School di Melbourne ha pensato di accantonare il suo ex allievo campione olimpico per non “disturbare” i propri affari in Cina, essendo proprietario di una scuola cinese a Nanjing. Domanda maliziosa, non è che il potere degli affari, o dei grandi sponsor, in Cina è lo stesso che negli ultimi anni ha distratto la FINA?

Cosa succede ora?

Sun Yang ha la possibilità di ricorrere in appello contro la squalifica di 8 anni, ogni sentenza del TAS è impugnabile di fronte all’Alta Corte del Tribunale Svizzero, per poter ancora sperare di gareggiare a Tokyo. Non si tratta di una squalifica retroattiva, non gli saranno tolte le medaglie conquistate ai Mondiali 2019, lo ha deliberato lo stesso TAS: non è dimostrabile che abbia fatto uso di doping dal settembre 2018 in poi quindi non deve essere squalificato retroattivamente. Di certo il sistema sportivo dell’intera Cina da oggi trema, i sospetti degli allenatori del doping di Stato della ex DDR rifugiatisi nelle province dell’Impero o le famigerate pozioni di sangue di tartaruga (!) appaiono adesso chiacchiere rispetto alla gravità della squalifica di Sun Yang. I grandi campioni delle piscine oggi esultano al grido di: "Finalmente un impostore è stato sgamato”. In molti però prevale anche la sensazione di profonda tristezza per non essere stati tutelati. Avete mai sentito Gregorio Paltrinieri o Gabriele Detti, i principali rivali azzurri di Sun Yang, alzare la voce o protestare come ha fatto l’australiano Horton? No. E non certo per paura o per troppa educazione ma per una questione di profondo rispetto dello sport, della fatica e del sudore. Vale la risposta di entrambi prima di Rio 2016: “Come facciamo a pensare che Sun Yang sia dopato senza prove? E anche se lo pensassimo come potremmo tuffarci in acqua massacrandoci ogni giorno fino a nuotare 19 Km?” Touché.

©Getty

La protesta eclatante dell'australiano Mack Horton nel corso degli ultimi Mondiali di nuoto di Gwangju. La medaglia d'argento decise di non salire sul podio dei 400sl vinti proprio da Sun Yang