Pro Recco, Sandro Sukno è il nuovo allenatore. La sua storia

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Riccardo Re

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La vicenda di Eriksen ci ricorda come anche i giovani sportivi possano essere soggetti a problemi cardiaci. E proprio per un problema al cuore Sandro Sukno dovette dire addio alla pallanuoto. Ora però, a soli 31 anni, la Pro Recco lo ha scelto come nuovo allenatore della squadra campione d’Europa. Per lui una grande chance, nel mondo che non ha mai voluto lasciare

Non un pallanuotista qualsiasi. Ma il più forte. Aveva vinto Europeo, Olimpiade, e Mondiale... ed era stato nominato il miglior giocatore del torneo in quel disgraziato 2017. Il croato Sandro Sukno era come Federer nel tennis, Messi nel calcio, Hamilton nella Formula 1: ossia una leggenda del proprio sport. Solo che si era dovuto fermare. All’improvviso, a 27 anni e nel momento migliore. Aveva vinto già una Champions con la Pro Recco nel 2012, poi era andato e infine tornato: altri 3 scudetti con il club ligure, ma nel dicembre 2017 dopo il mondiale, lo stop obbligato. Problemi cardiaci, e di conseguenza all’anima. Perché Sukno non voleva smettere. Esami scrupolosi a Genova, poi a Roma, comunque tutti non sufficienti a concedergli l’idoneità sportiva. La Pro Recco perde il suo campione, ma non vuole perdere l’uomo: il presidente Felugo gli offre di restare nello staff.  Ma niente, perché talvolta i sogni corrono più veloci delle brutte notizie. Un’operazione a cuore aperto a Clevaland decisa solo per inseguire le proprie speranze, il ritorno in patria nello Jug, gli allenamenti monitorati. Ma nessuna partita e infine la resa, con una lettera nel 2019. Anche Sandro Sukno aveva capito di non poter più giocare a pallanuoto. Ma capisce soprattutto che la vita va avanti. Entra nello staff della nazionale croata, le prime esperienze in panchina e ora la grande chiamata. A soli 31 anni allenerà la Pro Recco. La squadra campione d’Europa. La vincitrice dell’ultima Champions League. Per riprendere con questo gruppo da dove si era fermato. Non una sfida banale. Ma Sandro Sukno non è uno qualsiasi. E quando il cuore batte, c’è sempre vita. Anche nello sport