I primi 40 anni di Tania Cagnotto, la donna che ha saputo reinterpretare i tuffi

Chi scrive è nato negli anni ’60 del passato millennio, è stato svezzato con i giornali radio, è cresciuto con la tv in bianco e nero, incantato davanti a un televisore con un solo canale, sognando prima di addormentarsi sulle pagine del ‘Manuale delle Giovani Marmotte’ che suggerivano ai giovani lettori professioni moderne e ardimentose come quella dell’astronauta, del pilota o del reporter. Si è appassionato di sport e ancor prima di festeggiare i dieci anni già sapeva a memoria tutte le formazioni delle squadre di calcio di serie A. A quei tempi non esistevano i videogiochi né i telefonini, si volava con la fantasìa e per un bambino innamorato del giornalismo e dello sport ogni novità era una cuccagna. Ricordo di avere atteso con grande trepidazione che iniziassero i Giochi Olimpici del 1972 a Monaco di Baviera per due motivi specifici: perché mi rammaricavo di essere stato troppo piccolo per poter seguire quelle di Città del Messico del 1968 e perché già sentivo il profumo del futuro. La televisione aveva finalmente due canali e il secondo avrebbe trasmesso le Olimpiadi a colori in modo sperimentale: mentre in Italia si dibatteva se fosse meglio votarsi al sistema Pal o a quello Secam, io già ero seduto in poltrona ad attendere l’annuncio di Rosanna Vaudetti che avrebbe dato il la all’evento più importante della mia giovane vita. E neppure immaginavo che quell’edizione dei Giochi si sarebbe trasformata in una tragedia a causa del massacro di diciassette membri della delegazione israeliana da parte del commando terroristico di feddayyin palestinesi ‘Settembre Nero’. Furono giorni di cronaca nera e cronache agonistiche in tono un po’ dimesso. Quell’immersione totale nelle atmosfere dolci e amare mi spinse definitivamente sulla strada che poi avrei percorso professionalmente da adulto. I Giochi, relativamente alla parte sportiva, diventarono quasi ‘accessori’ all’attualità politica e all’aria di crisi internazionale che si respirava. L’Italia, per quello che ne sapevo, consultando i giornali, i miei album di figurine e la mia modesta ‘Enciclopedia dello Sport’, arrivava da due splendide figure fatte nelle Olimpiadi di Roma e poi di Tokyo , ma in Messico il nostro movimento sportivo si era come ripiegato su se stesso e non aveva regalato grandi soddisfazioni: i 3 ori, quattro argenti e i nove bronzi racimolati erano un buon bottino dal quale ripartire, ma non una prestazione ‘nazionale’ da esaltare. Per questo a Monaco di Baviera ci si aspettava una riscossa, almeno nelle discipline storicamente più forti e vincenti: la scherma e gli sport equestri su tutti e - naturalmente - i tuffi, nei quali disponevamo di due atleti formidabili che tutto il mondo ci invidiava. La coppia era formata da Klaus Dibiasi, biondo altoatesino nato in Austria ma poi ritornato in Italia quando i genitori optarono per vivere in Alto Adige, e Giorgio Cagnotto, conosciuto anche con il secondo nome Franco, torinese purosangue trapiantato a Bolzano. I due erano una garanzìa di medaglia. E raramente si scendeva dal podio. Tanto che a Monaco Dibiasi fece suo l’oro dalla piattaforma dai 10 metri e Cagnotto il bronzo. Poi il piemontese conquistò un argento dal trampolino dai 3 metri, a conferma dell’eccellente qualità della scuola italiana e del loro grande talento. Mi ricordo che aspettavo con ansia le gare di tuffi, certo che saremmo finiti sul podio e che la loro puntualità, la loro amicizia anche fuori dalle gare, la loro serenità semplice e seria quando erano in competizione mi colpì fin da subito. E ricordo che per me fu un giorno da ‘dimenticare’ quello in cui prima uno, poi l’altro decisero di abbandonare per questioni anagrafiche. Dibiasi aveva segnato un’epoca, unico a vincere tre olimpiadi consecutive nella stessa specialità e - poi - in uno sport individuale. Cagnotto ne era stato degno comprimario. E sotto sotto, lo ammetto a distanza di quarant’anni, un po’ sperai che la genetica potesse fare la sua parte - e poi anche il rapporto di fratellanza - quando Giorgio e Carmen Casteiner - dominatrice italiana dei tuffi in campo femminile - annunciarono il 15 maggio del 1985 la nascita della piccola Tania. Dentro di me, che già mi ero incamminato su questo sentiero professionale da grande, pensai: “se adesso non la buttano in acqua appena è in grado di tuffarsi e non la seguono Giorgio e Klaus, mi sa che perdiamo un bel treno…”. Fatto sta che Tania, crescendo, incominciò per davvero a tuffarsi e sotto la guida del papà decise di affrontare la dura vita dell’atleta agonista, piena di sacrifici certi e per nulla in grado di assicurare soddisfazioni garantite. Specie in una disciplina nella quale intanto emergeva la Cina di fenomeni giovanissime e apparentemente programmate in laboratorio. Ma dal papà Tania dimostrò presto di aver ereditato non solo il talento ma anche la perseveranza. E dalla mamma la capacità di andare a testa alta incontro alle difficoltà senza mai scoraggiarsi più del dovuto. Di suo, nel corso degli anni, ci ha messo invece la passione. Tanta passione perché, come ha spesso ripetuto, “senza di quella non si riesce a fare nulla. E poi serve pazienza. E tanto coraggio, perché nei tuffi quello non puo’ certo mancare”. Tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio Tania si impone già a livello giovanile e poi entra fragorosamente a far parte dell’élite europea. E in pochissimo tempo si impone come una stella di prima grandezza nel panorama internazionale della sua categoria, conquistando quattro ori e cinque argenti ai mondiali a cui partecipa e nove ori un argento e un bronzo ai campionati continentali. Non solo l’Italia, ovviamente, si accorge di lei e ben presto ci si rende conto che è il momento di farle fare il salto fra le grandi. Trampolino, piattaforma, sincronizzato. Per Tania non fa differenza. Agli Europei di Berlino del 2002 vince dai 3 metri con Maria Marconi e conquista un argento individuale dalla piattaforma. Agli Europei di Madrid dell’anno successivo si migliora dalla piattaforma, vincendo l’oro, e porta a casa anche un bronzo dal trampolino di un metro. Poi in famiglia decidono che è il momento di tentare il salto di qualità. E Tania sale su un aereo diretto a Houston, dove potrà allenarsi nelle strutture dell’Università ed essere presa sotto l’ala dell’allenatrice russa Juljia Pakhalina, che secondo Tania è la sua guida tecnica ideale. Si iscrive al corso di laurea in Scienze della Nutrizione e intanto si allena duramente e fa in tempo a vincere un titolo di Tuffatrice dell’anno ai campionati americani e stabilire il record di nove volte ‘Diver of the week’. Nel 2005 debutta ai Mondiali di Montreal. In Canada Tania conquista dal trampolino da 3 metri un’incoraggiante medaglia di bronzo: prima medaglia iridata vinta da una tuffatrice italiana nella storia. La sua vita è fatta di studio e piscina. Juljia Pakhalina, nata sulle rive del fiume Sura nell’allora Unione Sovietica, ha solo otto anni in più di Tania, è minutina, rigorosa, ma le due parlano lo stesso linguaggio. Juljia ha alle spalle una carriera importante dal trampolino. Fra Olimpiadi, Mondiali e Europei ha messo in bacheca 8 ori, cinque argenti, un bronzo e per tre volte ha vinto la Coppa del Mondo, una dal trampolino e due nel sincronizzato. Il palmarés è senza dubbio invidiabile e fonte di ispirazione per la bolzanina, che lavora sodo. Peccato però che alla fine del mese di settembre del 2005 il Paese venga devastato dal quarto uragano più violento della storia: l’Hurricane Rita, di quinta categoria, che spazza via tutto e fa danni per oltre undici miliardi di dollari, abbattendosi con gran violenza fra Sabine Pass e Johnsons Bayou , distruggendo totalmente alcune comunità sulla costa e uccidendo sette persone. Giorgio Cagnotto è rammaricato per quanto accade negli Usa e preoccupato per Tania che “intanto si è spostata ad Austin, dove ora si trova a casa di una amica. E’ da alcuni mesi a Houston, dove si sta allenando per i prossimi giochi olimpici grazie ad una borsa di studio, ma l'università è stata evacuata e mia figlia ha dovuto abbandonare il campus”. Tramontata l’idea di poter lavorare con continuità a Houston, Tania è costretta suo malgrado a ritornare a casa, dove tuttavia riparte con impegno e riprende ad allenarsi mantenendo fede ai programmi tracciati con la Pakhalina. Il 24 marzo del 2007 è terza ai Mondiali di Melbourne, in Australia. Un bronzo incoraggiante da cui riparte per conquistare l’oro in Olanda, ad Eindhoven, nell’individuale l’anno successivo, prendendosi anche una medaglia di bronzo insieme a Noemi Batki nel sincronizzato dalla piattaforma. Quando arrivano i Giochi di Pechino, nel 2008, la tensione è tanta, sa di dover cercare di raccogliere quanto seminato in tanti anni di sacrificio e impegno. Il podio le sfugge e arriva quinta, ma i 349,20 punti ottenuti sono il record personale in una manifestazione internazionale, nella quale ha ottenuto anche per la prima volta più di ottanta punti con un singolo tuffo. Ottenere persino dieci fra gli applausi dei cinesi è stato quasi come vincere una medaglia. Ma non averla conquistata è diventata un nuovo punto di partenza per Tania, animata da una grinta che ha ereditato dalla mamma, che forse anche per questo ha fatto un passo indietro quando si è trattato di dover seguire da allenatrice la figlia, lasciandola alla gestione del padre, più posato: troppo emotiva, la mamma, avrebbe trasmesso a Tania un punto debole. Invece Tania sembra non provare affatto emozioni. Ma solo la voglia di riprovarci presto e per fare meglio. E infatti agli Europei arriva l’immediato riscatto: il 5 aprile 2009 è il giorno del terzo oro consecutivo -stavolta nel sincronizzato, in coppia con Francesca Dallapé - in una edizione storica per gli azzurri, che conquistano ben sette medaglie. E a luglio, a Roma, ai Mondiali, dai tre metri, il trampolino è di bronzo per la terza volta di seguito, dopo Montreal e Melbourne. Una medaglia seguita anche dall’argento nel sincronizzato dal trampolino da tre metri, sempre con Francesca Dallapé. Nel 2010 a Budapest, agli Europei di nuoto, Tania è ancora d’oro dal trampolino da un metro. Ma stecca nel trampolino da tre metri, dove arriva inspiegabilmente solo sesta. Non la consola la medaglia più pregiata nel sincronizzato dal trampolino dai tre metri ancora con Francesca Dallapé. Quel sesto posto non le va proprio giù. Il padre Giorgio se la prende con gli orari di gara: “ci alleniamo tutta la settimana con la luce del sole, facciamo i preliminari col sole e quando c'è la finale di notte cambia tutto”. Gli fa eco Tania: “Di solito non mi succede ma questa volta ho perso l'orientamento. Ora non penso a niente. Vado a dormire e domani torno sul trampolino”. Questa capacità di resettare è uno dei segreti sportivi di Tania, che tra un evento e il successivo riesce a metabolizzare sia i momenti positivi che quelli negativi, senza lasciarsi condizionare. O almeno questo accadrà ancora fino ai Giochi Olimpici di Londra del 2012. Nel percorso di avvicinamento alle Olimpiadi Tania farà suoi ancora un oro e un bronzo agli Europei di Torino e un bronzo ai Mondiali di Shanghai, recuperando miracolosamente dopo un brutto incidente in motorino nel quale due mesi prima si era fratturata lo scafoide della mano sinistra. Grandi segnali di grande forza d’animo e di irriducibilità. Ma a Londra, purtroppo, va tutto storto. Arriva ai piedi del podio nei tre metri sincronizzati insieme a Dallapé e nel trampolino da tre metri si classifica nuova classificanuovamente quarta. E’ il momento peggiore della sua carriera. E il momento in cui Tania diventa irriconoscibile e il suo tallone d’Achille viene allo scoperto. Il suo primo vero cedimento di un’intera carriera. Londra come Waterloo. Un macigno sul cuore. Dirà Tania anni più tardi che “in quella fase della mia vita mia madre diventò fondamentale. Fu veramente tutto difficile: non avrei voluto nessuno vicino a me. Avevo una doppia delusione da gestire: la mia e quella che avevo dato ai miei genitori. Nel momento più buio mi sono resa conto di quante belle persone avevo intorno. Ma all’inizio sono andata verso mia madre e ci siamo solo abbracciate, senza parlare”. Di quella Olimpiade non rimangono tracce di podi, medaglie, sorrisi, ma tante foto di lacrime amare versate tra le braccia del padre, un ex atleta consapevole che nello sport si vince e si perde, ma che è dalle sconfitte più dure che si deve trovare la forza e il coraggio di ripartire più forte di prima. Cinque anni dopo Tania avrebbe dichiarato urbi et orbi che “Durante la mia carriera agonistica ho imparato che non ci sono successi senza sconfitte. Gli ultimi quattro anni sono stati i più belli proprio grazie alla delusione di Londra 2012. Sono convinta che senza questa dolorosa sconfitta non avrei vinto quattro anni dopo due medaglie ai giochi olimpici di Rio”. Ecco, in quel momento di pianto così disperato, Tania non sa ancora che il destino ha in serbo per lei la più bella delle rivincite. Ma forse papà Giorgio lo immagina e per questo la lascia sfogare, le lascia buttare fuori tutta la rabbia, la delusione, il rimpianto, le paure e per una volta le permette di sfilarsi di dosso quella corazza di apparente freddezza che da troppo Tania oppone al mondo. E’ il momento di sentirsi fragili, indifesi, nudi. Di deporre le antiche armi e forgiarne di nuove. Giorgio, consumato campione lo sa. Tania, inconsapevole, è in procinto di scoprirlo. Tra Londra e Rio de Janeiro 2016 ci sono quattro anni di allenamenti, errori, correzioni, litigi, risate, fatica, forse anche bestemmie inghiottite fra gli schizzi dell’acqua e tantissimi sacrifici. Fra Europei e Mondiali, Tania si misura con il mondo, ma soprattutto con se stessa. E in quel quadriennio di passaggio arricchisce la propria bacheca con altre 8 medaglie d’oro, quattro d’argento e una di bronzo. E conquistando il suo primo titolo mondiale - prima italiana nella storia, come detto - ai campionati Mondiali di nuoto di Kazan, nel Tatarstan. Il gradino più alto del podio nella gara del trampolino da un metro è suo. E dietro di lei due cinesi terribili: Shi Tingmao e He Zi. Il giorno dopo bissa il risultato nel sincro da tre metri misto insieme al tuffatore trentino Maicol Verzotto, cresciuto nella Bolzano Nuoto come lei. Il giorno della grande rivincita arriva con il pass olimpico per Rio de Janeiro e l’annuncio del ritiro dalle competizioni poco dopo i Giochi. In Brasile, Tania si prenderà una piccola rivincita sulla vita e una grande soddisfazione, salendo sul secondo gradino del podio nel trampolino da tre metri sincronizzato con Francesca Dallapé e nel trampolino da tre metri conquisterà il bronzo individuale preceduta dalle due cinesi terribili. Proprio loro: Shi Tingmao e He Zi. Tania era arrivata a Rio convinta che sarebbe stata la sua ultima apparizione agonistica, “Sono sorpresa di essere arrivata a 31 anni in queste condizioni, ora mi sento più serena”. Chissà se la serenità le derivasse dall’avere affiancato al padre anche Oscar Bertone, direttore tecnico della Nazionale, al suo team. Ma il futuro sembrava già delineato: ”Voglio aiutare i più giovani. Dopo Rio, smetto e mi sposo”. Invece agli Assoluti del 2017 a Torino Tania Cagnotto è ancora in piscina, da atleta. E conquista il suo tredicesimo titolo italiano nel trampolino da un metro. Si vocifera che l’arrivo di Bertone abbia fornito stimoli nuovi, ma Tania sorprende ancora tutti e ai Campionati Mondiali di Nuoto dello stesso anno si ricicla come voce tecnica in televisione. Sembra che il ritiro abbia preso corpo, Tania partecipa come concorrente a uno show televisivo, poi dal matrimonio con il fidanzato Stefano Parolin - avvenuto all’Isola d’Elba poco dopo gli ultimi Giochi - nasce a gennaio del 2018 la piccola Maya. Ma ancora la campionessa stupisce tutti e nel maggio del 2019 ritorna alle competizioni partecipando ai campionati nazionali in coppia con Dallapé nel sincro da tre metri, con vista sui Giochi olimpici di Tokyo 2020. Il secondo posto dietro alla coppia Elena Bertocchi-Chiara Pellacani rende il sogno possibile, ma la posticipazione dei Giochi olimpici per via della pandemia complica i piani di Tania, che dopo la seconda gravidanza, a marzo del 2021, annuncia la nascita della piccola Lisa e il definitivo ritiro dall'attività agonistica. Il 15 maggio del 2025 Tania Cagnotto compie 40 anni. I quarant’anni di una vita vissuta molto intensamente dalla più forte tuffatrice italiana di tutti i tempi. Che oggi agisce da ‘mental coach’ e vuole aiutare il movimento italiano a crescere, “a toccare le corde giuste per riuscire a svolgere allenamenti efficaci e farsi forza quando c’è qualcosa che non va…” Come ha fatto lei, grazie anche a due genitori che non l’hanno mai sovraccaricata “e mi sono stati vicini, mi hanno insegnato il mestiere, regalandomi i giusti suggerimenti, avendo già vissuto ciò che io stavo vivendo”. Chi scrive è nato negli anni ’60 del passato millennio, svezzato con i giornali radio, cresciuto con la tv in bianco e nero, incantato davanti a un televisore con un solo canale, sognando prima di addormentarsi sulle pagine del ‘Manuale delle Giovani Marmotte’ che suggerivano ai giovani lettori professioni moderne e ardimentose come quella del reporter. E che ha imparato che tutto era importante, tutto prima o poi sarebbe tornato utile, ma non bisognava mai mollare. Oggi, riguardando alla vita così intensa di Tania Cagnotto, alla sua voglia di farcela e ripensando all’importanza del vissuto trasmessole dai genitori, mi tornano in mente le parole apparentemente banali, ma in realtà molto profonde e vere di un filosofo del diritto studiato proprio quando Tania nasceva. Si chiamava Giuseppe Capograssi. Diceva che “tutta la realtà umana è l’immenso tentativo di vivere tutto l’essere senza negazioni e senza esclusioni poiché - in definitiva - l’esperienza la si fa con l’esperienza”. Da Klaus Dibiasi e Giorgio Cagnotto, da Carmen Casteiner a Tania Cagnotto, abbiamo attraversato sessantacinque anni di tuffi italiani. E Tania ha saputo reintepretarli e farli brillare di luce propria. Io ne ho goduti più di mezzo secolo, ma mi piacerebbe poter raccontare o solo leggere un domani le meravigliose imprese di Maya e Lisa Parolin, nuove eredi di una grande dinastia di tuffatori. Per ora rimane solo da essere grati a Tania Cagnotto per le gioie che ci ha regalato. E per aver ribadito che “è giusto fare di tutto per poter realizzare un sogno. Se non si avvera pazienza, l’importante è mettercela tutta per non avere rimpianti”. Come darle torto! Auguri di cuore, Tania.

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Lucio Rizzica