Speciale Scherma, Alessio Foconi e il 2018: un anno che gli ha cambiato la vita

Scherma

Lia Capizzi

È esploso tardi, a 28 anni si laurea campione del mondo di fioretto. Si allena lanciando massi, il suo motto "Daje" è inciso pure sulle sue lame, una passione smisurata per il cinema. Un mese dopo il titolo mondiale ha dovuto fare i conti con la morte del padre e con la tesi di laurea da discutere. Il 2018 ha cambiato la vita di Alessio Foconi, in tutti i sensi

L'ORO MONDIALE DI FOCONI

È esploso tardi ma ci ha sempre creduto, non ha mai mollato, protagonista di un 2018 che gli ha rivoluzionato la vita, in tutti i sensi, a livello familiare e sportivo. "Come atleta ho macinato molte batoste, ho sofferto, lo confesso. Mi bruciava tanto vedere i miei compagni di Nazionale sul podio, ma quel bruciore è diventato una fiamma, un’energia in più che poi mi ha dato tanto. Adesso so che io indietro non ci voglio tornare". Finalmente a 28 anni Alessio Foconi riesce a coronare il suo sogno, lo scorso luglio a Wuxi (Cina) si laurea campione del mondo di fioretto con l’aggiunta della medaglia d’oro nella prova a squadre con Garozzo, Avola e Cassarà. A mettergli in mano il fioretto, all’età di 7 anni è stato Filippo Romagnoli, ex azzurro di spada, divenuto poi maestro del Circolo Scherma Terni grazie agli insegnamenti di un guru come Giulio Tomassini. Tra atleta e allenatore ti aspetti una certa distanza, invece quello tra Alessio e Romagnoli, detto Pippi, è un rapporto simbiotico, un’intesa di sguardi. "Siamo diventati un binomio. Pippi per me è un fratellone maggiore, quando nel 2012 Tomassini ha lasciato Terni ho deciso di tornare a lavorare con lui. È stata una scommessa per entrambi, siamo cresciuti insieme. Dopo l’ultima stoccata che è valsa l’oro mondiale a Wuxi, quell’abbraccio in pedana tra me e lui me lo porto sempre nel cuore".

L’altro abbraccio che Foconi ha impresso negli occhi è quello con papà Franco, il primo ad accoglierlo festoso a Fiumicino al rientro dalla trasferta mondiale trionfale. Già. Papà Franco. Ha avuto giusto il tempo di gioire per il figlio diventato campione del mondo e dopo un mese se n’è andato, un malore improvviso, un vuoto gigantesco da colmare per mamma Patrizia e i fratelli Alessio e Daniele. Un papà sempre presente, appassionato ma mai oppressivo, colonna portante del movimento della scherma a Terni, ha sempre accompagnato i figli in giro per l’Italia nelle trasferte di gare, capace di caricare e consolare anche gli avversari del figlio. Ecco perché il 7 settembre, giorno del funerale, nella Chiesa di San Francesco di Terni si sono presentati tutti, proprio tutti, gli azzurri della Nazionale, CT, maestri e atleti, a rendere l’idea tangibile di una vera famiglia. A Franco Foconi sono stati dedicati gli Europei di scherma paralimpica disputati proprio a Terni (19-23 settembre) con Alessio nel ruolo attivo che avrebbe dovuto svolgere il papà, a premiare il successo di Bebe Vio. "Mamma chiamava sempre papà “il mammo” perché ci ha accompagnato in tutto quello che volevamo fare, era lui che portava me e Daniele dappertutto. Nelle gare di scherma, ma pure quando facevamo equitazione, salto con gli ostacoli. Era un compagnone. Un giorno ha deciso di autoassegnarsi un soprannome: Alessio, d’ora in poi chiamatemi Frank La Brace. E tutti abbiamo iniziato a chiamarlo così, anche in Nazionale. Una settimana dopo il suo funerale avevo la tesi da discutere, laurea in scienze motorie. Pensavo di non farcela, invece mi ha dato la forza, ho messo i puntini sulle i: la mia famiglia ha dovuto subire questo, ma sappiamo andare avanti. Non è facile perché a volte la mente si stanca nel volerlo ancora qui".

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono il prossimo obiettivo, con il ricordo di quelle di Rio 2016 vissute dal divano di casa, a soffrire nel non esserci, ma a gioire per l’oro dell’amico Daniele Garozzo, compagno di stanza nei ritiri azzurri. A proposito di ritiri, Alessio è il procacciatore di film di tutto il gruppo della scherma italiana. Ha una passione smisurata per il cinema, una conoscenza certosina: "Adoro il cinema, guardo tutto, pure i film trash. Tra 10 anni mi vedo maestro di scherma e magari regista. Mi piacerebbe legare le mie due passioni, sarebbe bello realizzare un film sul mio sport in chiave moderna e non solo nel genere cappa e spada di una volta".

Il suo grido di battaglia “Daje” è inciso nelle sue lame: "È uno sfogo, un voler dire ce l’ho fatta con sacrificio. Un giorno Alberto Franchini, che è il mio fornitore di lame, mi ha fatto una sorpresa: guarda cosa ti ho inciso! Adesso i miei rivali me le invidiano, mi chiedono: hai le Daje oggi?". Il 28enne dell’Aeronautica Militare ha una potenza devastante, veloce e esplosivo. Il CT dell’Italia Andrea Cipressa lo definisce il fiorettista che a livello fisico non ha eguali nel mondo, quando alza il ritmo in pedana difficilmente gli avversari riescono a stargli al passo. Il suo preparatore atletico Walter Cutrì applica una metodologia molto selvaggia, nulla a che fare con gli allenamenti patinati e modaioli dell’americano Miles Chamley-Watson che vanta tra i migliori amici Lewis Hamilton e si allena nella palestra con vetrate a vista su Time Square a New York. Nelle campagna di Terni, città natale che adora, Alessio tutte le settimane salta da fermo da una pietra all’altra e poi lancia massi. I suoi allenamenti selvaggi li pubblica anche sui social: "Ci piace prendere spunto dagli animali. Walter ha coniato il termine la tribù del gatto-tigre, cioè bisogna essere agili come un gatto ma potenti come una tigre. Anche se a volte mi sento un Gorilla". Un grande lavoro fisico che cede solo al peccato di gola della carbonara: "La adoro, vero. Mi prendono pure in giro perché riesco a mangiarla in tutto il mondo. All’estero ho anche assaggiato una zuppa di carbonara…!".