Al Giffoni tra umani ed extraterrestri. E non è tutto

A Giffoni non c’è il mare, eppure se ne ha la percezione. Sarà la conformazione del paese, e quella lunga strada, dove si svolge il festival, che somiglia tanto a un lungomare. Saranno le luci nelle strade e il clima di festa di questi giorni. Sul pianeta Giffoni non c’è proprio parvenza d’acqua, anche il Rio Secco, che spacca in due il centro abitato e non trova foce, mantiene fede al suo nome. Non è alla ricerca di H2o che si sbarca qui. Eppure, ci è arrivato l’extraterrestre per eccellenza. ET. Lo fece giungere direttamente il ‘suo papà’ Carlo Rambaldi, ospite due volte al Festival. Lo mise su un camion che conteneva un originale dei 6 alieni usati nel film, assieme al braccio di King Kong, i vermi giganti di Dune con la preziosa aggiunta di copioni originali. C’è un murales a celebrare questo regalo inestimabile. E anche su muro, quegli occhioni che valsero a Rambaldi il terzo Oscar della carriera, meglio evitarli rischio commozione, che scatta in automatico anche alle prime note della colonna sonora, e tutto riporta subito a quel dito teso al cielo e a quello straziante ‘telefono caaaaasa’. L’ho fotografato senza troppo soffermarmici perché non è cosa per lacrime facili. I bambini lo indicano, chiedono informazioni. Spero lo vedano un giorno quel film. Appartiene alla categoria degli imprescindibili. Magari facciamo in modo che sappiano prima che finisce bene. Oggi però sono presi dal nuovo capitolo dei Puffi in programmazione, posti esauriti, tantissime richieste e Puffi giganti sul blu carpet, che, in fondo, sembra pensato proprio per loro. Un pensiero a chi veste questo enorme costume di pelliccia contro i 50 gradi percepiti. Bravi. Tutto questo per dirvi che qui nessuno si sente alieno, che i ragazzi sono liberi di pensare esprimersi dare e prendere. Lasciarsi andare. Con Ambra Angiolini, ad esempio, che ha parlato di disturbi alimentari, ma soprattutto ha ascoltato. E c’è stato chi si è commosso, raccontando alla platea di sentirsi figli rifiutati, di adozioni e percorsi atroci, di mancanza di forza nell’assistere familiari malati. Ci sono stati abbracci, applausi. E una forza creata da quelle esperienze messe tutte assieme, come un pasto comune cui attingere. Inclusione, integrazione, scelte, sogni. Che è un percorso da leggere al contrario, perché è dai sogni che si parte. Come Andy Diaz, triplista campione del mondo ed europeo indoor, bronzo olimpico a Parigi 2024. È passato allo studio Sky a raccontare la sua storia. Cubano, ha lasciato la sua delegazione nel 2021, durante uno scalo a Madrid, per cercare aiuto e rifugio in Italia. Il suo allenatore, Fabrizio Donato, lo ha aiutato a ottenere lo status di rifugiato politico. Dal 2023 Andy è cittadino italiano per meriti sportivi. Ringrazia lo sport per la forza che gli ha dato, e manda un bacio in diretta alla mamma: “Quando ho lasciato Cuba sono stato 8 anni senza vederla”. Anche Faouzi Ghoulam cita subito la mamma nell’incontro con i ragazzi: “Ha insistito per farmi studiare e oggi la ringrazio”. La sala è strapiena, ci sono tante maglie del Napoli. Lo annuncio dicendo che si è infilato la stessa maglia che i bambini oggi portano con orgoglio, 170 volte. “Non importa quante volte l’ho indossata - mi dice - è come. È dove. Niente è come Napoli”. Applausi a scena aperta, i bambini presenti sentono più che mai di essere sbarcati sul pianeta giusto. Sul blu carpet Ghoulam accontenta tutti, e sono tanti. Uno a uno. Foto, sorrisi, autografi. A fine giornata, a tavola, ci ringrazia per l’esperienza, per il contatto con i ragazzi. Ci dice di essere cittadino del mondo, ma dell’Italia e del Napoli in particolare. E di aver tentennato alla sua prima esperienza in serie A. A Bergamo in trasferta: “Non giocavo, mister Benitez mi aveva messo in panchina. Faceva freddissimo, non comprendevo l’italiano, mi guardavo intorno e mi chiedevo se avessi fatto la scelta giusta. Alla prima giornata in casa però non ho più avuto dubbi”. Al Maradona, allora San Paolo, anche lui ha capito di avere messo piede sul suo mondo. No, è vero, a Giffoni non c’è il mare, ma nei giorni del festival ti sembra addirittura di sentirne il rumore. Merito dell’energia, della voce dei bambini, di quello che porti a casa da qui. Questa è Giffoni dove tutto può succedere. Dove Robert De Niro volle girare per il paese con una decapottabile con tanto di banda musicale ad accompagnarlo per salutare tutti. Sapeva di avere origini italiane e si convinse che Giffoni fosse casa sua, salvo poi scoprire di essere abruzzese. Dove Susan Sarandon si fece male a un piede, arrivò in ciabatte e chiese di non essere mai inquadrata a figura intera. Dove Richard Gere ha trovato l’amore che oggi è diventata sua moglie. Dove l’aereo di linea che portava al Festival Gorbaciov anziché atterrare a Roma, fece uno scalo non previsto a Napoli. Avrei voluto ore di questi racconti. Questa è stata la mia ultima giornata qui, ma non per Sky che continuerà a seguire il Film Festival ogni giorno e dove sono in arrivo ospiti come Fontecchio e Dovizioso. Io porto con me nuove conoscenze e gratitudine. Il tema di quest’anno è ‘Diventare umani’, cosa più di questo tipo di esperienze e confronti può aiutarci a esserlo? Sotto gli occhi grandissimi dell’extraterrestre più famoso al mondo. E dal Giffoni NON è tutto.

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Al Giffoni tra umani ed extraterrestri. E non è tutto

Roberta Noé