L'importanza dello spirito Virtus tra scudetto e futuro

È stato uno scudetto strameritato, forse il più emozionante di sempre, sicuramente il meno atteso, almeno fino a questa primavera. La Virtus ha vinto il campionato dominando semifinale e finale playoff in un crescendo vorticoso di emozioni fino alla vittoria in gara-3 a Brescia, partita arrivata due giorni dopo la terribile notizia relativa alle condizioni di salute di Polonara e che Achille ha vissuto da un letto di ospedale. La squadra, inevitabilmente, era con la testa lì, di fianco a lui: lo hanno dimostrato i volti sì felici ma anche incerti e provati dei campioni d’Italia poco dopo la conquista dello scudetto. La forza morale, del resto, è stato il vero segreto di questo gruppo, uscito indenne e alla fine vincitore da una stagione veramente complicata dentro e fuori dal campo. Via via si sono succeduti le incertezze societarie e le beghe che hanno portato all’addio di Luca Banchi, il siluramento del Dg Baraldi proprio nel bel mezzo della stagione in un momento in cui i risultati latitavano, gli infortuni di Clyburn e Shengelia, i dubbi sull’età media di una squadra che ha stentato davvero a prendere quota. Nessuno, per tutti questi motivi, nemmeno il più ottimista dei tifosi, si sarebbe aspettato questo scudetto, almeno fino alla scorsa primavera. Lì, dopo la scoppola di Coppa Italia contro Milano e sfruttando le due settimane senza partite, Dusko Ivanovic ha seminato i frutti meravigliosi che avrebbe raccolto qualche mese dopo: riduzione dell’organico, lavoro duro in palestra e inserimento di pochi ma rigorosi concetti, soprattutto difensivi, il tutto potendo contare su un gruppo motivato e ricettivo che ha stupito positivamente il coach montenegrino. Ivanovic, dall’alto della sua esperienza, ha subito capito che con questo gruppo si sarebbe potuto lavorare bene, convinto sin dall’inizio che questa squadra sarebbe potuta andare lontano, oltre i propri limiti. Il coach arrivato a dicembre 2024 ha potuto contare - va detto - su una base molto solida: Luca Banchi in un anno e mezzo di gestione ha lasciato un patrimonio di convinzione, senso tattico, spirito e compattezza di squadra sul quale Dusko Ivanovic ha potuto fondare il proprio lavoro. La Virtus dei playoff è stata una straordinaria macchina difensiva, ha sgretolato soprattutto da quella parte del campo sia Milano che Brescia salvo poi affidarsi, in attacco, al marziano arrivato dalla Georgia. Toko Shengelia è il fantastico rappresentante di quello spirito Virtus che è stato alla base del diciassettesimo scudetto: quanto ha fatto sul campo è sotto gli occhi di tutti, 31 punti con 11-12 dal campo nella gara che ha assegnato il titolo bastano e avanzano per descrivere il campione. C’è poi quanto ha fatto al di fuori: l’attaccamento ai colori bianconeri, il clamoroso esempio dato a tutto il gruppo, quando ha messo a disposizione anche la propria incolumità, rientrando prima di quanto consigliavano i medici dopo il trauma cranico subito nei quarti contro Venezia. Shengelia appunto, l’anno prossimo non ci sarà più, sarà a Barcellona per provare a vincere l’Eurolega; come lui molti altri non ci saranno, chi per raggiunti limiti di età, chi per scelta o personale o della società. La squadra insomma andrà rifondata con un budget presumibilmente inferiore visto che il patron Zanetti è rimasto da solo alla guida della Virtus. Lo scenario non sembra particolarmente incoraggiante però alcuni punti fermi ci sono: Ale Pajola già pronto per diventare ancor di più leader tecnico ed emotivo del gruppo, Dusko Ivanovic fresco vincitore del nono titolo nazionale della sua carriera e guida perfetta per una squadra che dovrà per forza andare ancora oltre i propri limiti, la società che ha dimostrato, non solo quest’anno, di essere capace di reagire e migliorarsi anche nelle stagioni più difficili. In questo senso la licenza triennale appena acquistata dall’Eurolega è un segnale di programmazione importante, una bella base da cui ripartire. La chiave però sarà sempre la stessa, confermare e, se possibile, rinforzare lo spirito Virtus: perché senza metterci il cuore e l’anima, nella pallacanestro non si va da nessuna parte.

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