Galbiati: "Orgoglioso del lavoro fatto con Niang. Se ripenso al draft ancora mi emoziono"

La chiamata al draft NBA è un privilegio che spetta a pochissimi. E fa ancora più notizia quando a salire su quel palco è un italiano. Saliou Niang, scelto poche settimane fa con la pick numero 58 dai Cleveland Cavaliers, è solo il 12° nella storia del massimo campionato americano. Una consacrazione che arriva dopo il lavoro incredibile fatto con la maglia dell'Aquila Basket Trento: arrivato da Bologna dopo una lunghissima serie di infortuni, ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più grande, fino a vincere il titolo di 'Most Improved Player' della Serie A. Un miglioramento che porta anche la firma di coach Paolo Galbiati, che ha saputo intravedere e far maturare il suo talento fino alla NBA. Coach, parliamo un po’ di Saliou Niang. Che tipo di ragazzo è? “È un ragazzo d’oro. Sa comportarsi in spogliatoio, sa comportarsi in sala pesi, sa comportarsi durante le sedute di fisioterapia. È simpatico, sa parlare, sa cosa dire, ma allo stesso è in grado di capire e rispettare i momenti, stando al suo posto quando serve”. E come professionista? “Ha avuto una bellissima crescita. Quando è arrivato a Trento era acerbo, un po’ alla volta è migliorato nell’etica del lavoro, nell’attenzione alla cura del corpo, sull’alimentazione e nella pratica, individuale e in sala video. Una maturazione umana totale. Quando a 15 anni lasci casa per giocare non tutti hanno la stessa reazione, non tutti sono super concentrati. Lui quando è arrivato lo era a fasi alterne. Due anni dopo se n’è andato come un giovane uomo”. In cosa è migliorato in questa stagione da un punto di vista tecnico-tattico? “Sul modo di stare in campo. L'anno scorso lui era una novità. Quando poi ha iniziato a giocare sul serio a fine novembre 2023, ha avuto diversi momenti in cui si è fermato per piccoli infortuni. In questa stagione invece è stato un po' più ‘scoutizzato’: c'era più attenzione degli avversari, c'era maggior conoscenza del giocatore. È stato in grado di trovare i suoi spazi, i suoi momenti giusti, ed è stato bravo anche a farsi allenare. Perché noi come staff e come società avevamo in mente un percorso con il ragazzo, iniziando per esempio a mettergli di più la palla in mano anche con la prima squadra, come aveva fatto benissimo a livello giovanile. Per renderlo efficace bisognava ritagliargli un ruolo, ed è stato molto bravo nell'accettarlo. L'altro passo in avanti che ha fatto, anche se non è ancora del tutto efficace né perfetto, è stato difensivamente, dove è cresciuto molto. Prima era solo istinto e aggressività, la posizione sul lato debole e la difesa sul pick&roll non erano buone. Oggi possiamo dire che è arrivato ad averne una conoscenza discreta". A oggi quali sono i suoi punti di forza? Senza guardare a quello che potrebbe diventare in futuro. “Il suo principale punto di forza è la sua caparbietà. Perché mi piace immaginare che con tutti i ‘no’ che ha preso lui sia andato sempre avanti e si sia costruito una bella corazza. Quello secondo me è una qualità ben più importante di ogni aspetto tecnico-tattico. Sul campo invece la sua versatilità è sicuramente un punto di forza. Oggi non ha ancora trovato la qualità su cui eccellere, ma fa tantissime cose: può giocare uno contro uno, può fare un taglio, è un ottimo rimbalzista, sa tirare i liberi sotto pressione, può portare la palla, ha istinti per passarla e ha anche la personalità per volerla nei momenti difficili. Fa davvero tante piccole cose importanti per un giocatore”. In stagione gli hai fatto giocare diverse volte il pick&roll da ball handler. Si è sentito a suo agio in questa situazione o è emersa qualche difficoltà? “Era una cosa che desiderava e che noi volevamo come staff. C'è stato un punto di svolta quando ho interrotto un allenamento dicendogli che era una cosa che volevamo che lui facesse: avere la palla in mano, giocare dei pick&roll e leggere le situazioni. Gli avevamo dato la possibilità di farlo solo se in cambio ci avesse dato un'aggressività clamorosa a rimbalzo e un'attenzione difensiva ancora maggiore. E si è meritato poi di poterli giocare, anche la squadra lo ha accettato. All'inizio erano dei drag, quindi situazioni in cui se prendi il rimbalzo difensivo puoi spingere la transizione senza fare l'apertura, a meno che non ci sia qualcuno completamente libero. Poi ci sono state situazioni anche a difesa schierata in cui gli abbiamo dato delle opportunità per farlo. Lui non si è mai tirato indietro. Ha fatto vedere alcuni aspetti molto interessanti”. Su cosa invece deve migliorare? “Nel tiro. Per qualcuno è naturale, per altri è una cosa che si può raggiungere con la pratica. Lui deve ancora costruirsi un tiro credibile, per provare a raggiungere i sogni che ha”. Qual è il suo livello attuale? A cosa può ambire? “La scelta di andare alla Virtus e di confrontarsi con l'Eurolega è giusta, quello può essere il suo livello al momento. Dovrà ritagliarsi ogni secondo in campo con tantissimo lavoro e con tantissimo sacrificio, e tenere altissimo il livello della concentrazione perché l'Eurolega non richiede sbagli. Ci sono squadre che hanno obiettivi finali per cui non sono tollerati errori. Secondo me l'Eurolega può essere un suo palcoscenico, così come il campionato italiano, che gli auguro di vincere prima o poi”. Visto che è stato scelto al draft, in quanti anni potrebbe riuscire a raggiungere la NBA? “Di Saliou Niang in NBA ce ne sono tanti. Per arrivarci devi essere speciale, devi avere qualcosa in più di tutti gli altri: più voglia, più atletismo, più forza fisica, più cattiveria, più tiro. Devi specializzarti in qualcosa. Potrebbe diventare un ottimo difensore. Però deve costruire un tiro credibile, perché altrimenti al di là dell’oceano non giochi. Il viaggio per arrivarci è lunghissimo, però se non ci prova lo strozzo con le mie mani”. Sei orgoglioso del lavoro fatto con lui e degli insegnamenti che gli hai dato in queste due stagioni? “Io sono più che felice per lui. Come dicevo prima Saliou è un ragazzo che merita, è seguito da una bellissima famiglia. Sono davvero orgoglioso per lui. Sarò onesto, quando due anni fa si parlava di questo ragazzo ‘scaricato’ dalla Fortitudo mai avrei immaginato che facesse questo tipo di percorso in così poco tempo. Penso di essere stato importante per il suo percorso: a me sono sempre piaciuti i giovani bravi, quelli ambiziosi, perché la Serie A non è per tutti e non gli abbiamo regalato niente, anzi. I primi mesi ha preso tantissimi rimproveri, è stato veramente eccezionale nel resistere e nell’incassare le critiche. Per non parlare di tutta l'evoluzione tecnico-tattica che ha fatto. Il merito è di tutti. Del mio staff che ha lavorato tanto con lui, di Marco Crespi che l’ha seguito con le giovanili e della società che mi ha esortato a dargli più spazio. Ho cercato di coltivare con lui questo sogno, perché sono eventi che ti legano per tutta la vita. A ripensarci ancora mi emoziono”.

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Galbiati: "Orgoglioso del lavoro fatto con Niang. Se ripenso al draft ancora mi emoziono"

Matteo Soragna