Dall'NBA a Trieste: l'ultimo riscatto di Juan Toscano-Anderson

California, East Oakland. Una donna messicana dà alla luce un bambino con metà sangue latino e metà americano, il suo nome è Juan e ancora non sa che questo binomio sarà una delle sue più grandi forze. Non solo Juan, ma Juan Toscano: la mamma ha voluto il cognome del nonno Macario Toscano che nel 1965 ha portato la sua famiglia a Oakland partendo da Michoacán, profondo Messico. Questa è solo una delle dimostrazioni del profondo legame tra Juan e la sua famiglia che lo ha cresciuto parlando spagnolo ma che ha sempre festeggiato le festività americane in una casa sulla 95th Avenue, numero che si porterà sulle spalle per tutta la sua carriera. Cresce così Juan nella San Francisco a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000. Un ottimo studente con una forte passione e propensione per il basket che lo accompagna costantemente nella sua vita a partire dalla High School: a 17 anni guida la Castro Valley con 16,6 punti, 7,0 rimbalzi e 5,0 assist a partita e, dopo una stagione da protagonista, decide l’anno seguente di iscriversi al college di Marquette a Milwaukee. La scelta è quella di proseguire non solo con la sua carriera da giocatore ma anche con quella da studente perché Juan non è il tipo che attira l’attenzione, che ruba l’occhio o che fa saltare il pubblico dalla sedia: è concreto, di sostanza e grande intensità, caratteristiche che gli permetteranno poi di guadagnarsi un posto tra i grandi ma che in quel momento non gli possono dare la garanzia di diventare un professionista. LA FALSA PARTENZA Gli anni del college non vanno benissimo: Juan Anderson gioca ma non riesce a incidere, i suoi numeri sono ben lontani dal poter anche solo pensare di arrivare in NBA. Il 2015 è l’anno in cui si dichiara elegibile al draft. Probabilmente dentro di lui sa che non è ancora arrivato il momento di fare questo passo ma in cuor suo crede che qualcuno gli possa dare un’occasione. Ma è proprio in quella poca speranza rimasta che si concretizza la prima importante battuta d’arresto della sua carriera: non viene scelto al primo giro e neanche al secondo a causa delle sue statistiche che sembrano essere tutto meno che brillanti . Decide così di concentrarsi sugli studi, si laurea in diritto penale accantonando così il suo sogno per concentrarsi su un lavoro che l’avrebbe tenuto probabilmente in ufficio lontano dai campi da basket. LA RINASCITA Juan si sente perduto e, come spesso succede, decide di ripartire dalle sue origini per ritrovare quell’autenticità che lo ha sempre contraddistinto dentro e fuori dal campo. Riparte dal Soles de Mexicali, squadra che milita nel campionato messicano: gioca per una stagione con risultati discreti ma per Juan Toscano, come decide di farsi chiamare ora proprio per sentirsi legato alla sua famiglia, inizia a vedersi una luce in fondo al tunnel. Comincia a girare. Prima passa ai Bucaneros de la Guaira in first division Venezuelana per poi tornare in Messico al Fuerza Regia de Monterrey, dove finalmente raggiunge il suo massimo stato di forma diventando MVP del campionato. Sullo sfondo c’è sempre la nazionale, che conquista e con la quale forse esprime il suo meglio, galvanizzato dal suo 95 e dalla scritta ‘Toscano’ sulla schiena che brilla particolarmente sulla canotta messicana. LA CONSACRAZIONE A SAN FRANCISCO Per Juan è arrivato il momento di riprendere il suo sogno proprio da dove lo aveva interrotto. Decide così di tornare a Oakland e di giocarsi il tutto per tutto per diventare finalmente un giocatore NBA. È l’estate del 2018 e i Santa Cruz Warriors decidono di organizzare un allenamento aperto per reclutare nuovi giocatori. Juan si presenta consapevole che quello probabilmente sia l’ultimo treno che passa con la scritta NBA e l’ultima occasione per poter far diventare la sua passione un lavoro. Nel camp è solo uno dei 30 giocatori ma riesce a mettere in mostra la sua migliore pallacanestro facendosi notare dal coach che reputa la sua grinta e le sue doti tecniche fondamentali per poter giocare a quel livello. Così, nonostante diverse proposte economicamente allettanti dal Messico, decide di salire su quest’ultimo treno per combattere con la fame di colui che sa cosa vuol dire fare dei passi indietro e che quindi non ha nulla da perdere. Gli bastano un paio di anni in G-League per farsi notare da Steve Kerr. Il coach degli Warriors si trova in una situazione difficile: dopo anni di supremazia, la squadra sembra non avere più niente da dire, con gli ‘splash Brothers’ ai box per infortunio per quasi tutta la stagione. Ed è proprio in questo scenario che arriva la chance di Juan: debutta in NBA l’8 Febbraio contro i Lakers di Lebron e Davis , e da quel momento il suo posto in NBA se lo tiene stretto. Nelle due stagioni successive gioca 126 partite con più di 15 minuti di media, diventando così un tassello fondamentale della ricostruzione Warriors che culminerà con il titolo NBA nel 2022. Juan Toscano Anderson è il quinto messicano della storia a giocare in NBA e il secondo a vincere un titolo. Un traguardo che quel bambino cresciuto sulla 95th Avenue sicuramente non si sarebbe mai aspettato: quel sogno si è finalmente realizzato. La carta d’identità segna però 30 anni e trovare un posto in una franchigia NBA a quell’età e con quelle caratteristiche è sempre più difficile. Juan lascia San Francisco per andare prima ai Lakers e poi a Utah dove però non riesce a esprimersi al meglio. Decide di tornare in G-League, campionato al quale è rimasto molto legato, ai Mexico City Capitanes, proprio per tenere vive le sue due anime cercando di rimanere a metà tra gli Stati Uniti e il suo amato Messico. Nel 2023 diventa papà e questa cosa gli cambia la vita. “Sono contento che mio figlio mi abbia scelto come padre”, dice, e questa frase fa capire cosa significhi per lui - che suo padre non l’ha mai conosciuto - prendersi cura della famiglia che si è costruito insieme alla compagna Arrianna Linaa. L’ITALIA PER RIPARTIRE In estate arriva la chiamata dall’Italia. La Pallacanestro Trieste è alla ricerca di un giocatore internazionale che possa completare il roster aggiungendo intensità difensiva e mentalità vincente. Chi meglio di lui? L’ha confermato lo stesso presidente di Trieste, Matiasic: “Portare un giocatore del calibro di Juan Toscano-Anderson a Trieste è molto più di un'operazione di mercato; è una pietra miliare nella storia del nostro Club”. A Trieste ormai sono abituati alle altalene di emozioni: promozione e retrocessioni senza mai riuscire a imporsi definitivamente tra le grandi realtà della pallacanestro italiana. Ma i segnali arrivati nell’ultima stagione sembrano essere più che positivi. Sotto la guida di coach Jamion Christian la squadra è riuscita a raggiungere i playoff da neopromossa grazie a un modo di giocare incredibilmente rapido, fatto di attacchi in transizione ed estrema intensità che limita il più possibile situazioni di gioco statiche. La stessa filosofia sarà seguita dal nuovo allenatore Israel Gonzalez, che ha voluto Juan Toscano proprio perché questo modo di interpretare la pallacanestro si sposa esattamente con le sue caratteristiche. È la dimostrazione che la scelta di aggiungerlo al proprio roster non sia stata solo legata al nome, ma anche tatticamente ponderata. Eccola, la nuova pagina di storia di Juan. Niente riscatti, niente fallimenti. Solo vita. Ad alta intensità.

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Matteo De Angelis