Il 61enne di Odessa, leggenda dell'Unione Sovietica e vincitore del Pallone d'Oro nel 1986, si schiera al fianco dell'esercito ucraino contro la 'sua' Russia: "Ho giocato con orgoglio per l'URSS - le parole di Igor Belanov - ma gloria ai nostri soldati che combattono contro chi è venuto a distruggere la nostra terra"
A cura di Alfredo Corallo
Vinse da 'sovietico' una delle edizioni più discusse del Pallone d'Oro, nel 1986. Ma dal 1991, dall'indipendenza della sua terra, Igor Belanov da Odessa è fieramente ucraino e oggi, a 61 anni - in veste di co-presidente del Comitato di calcio professionistico del suo Paese - si schiera contro i suoi (ex) fratelli russi, supportando le forze armate e, all'occorrenza, imbracciando il mitra (è il primo in alto da sinistra nella foto).
E proprio a Odessa l'ex 'bocca di fuoco' di URSS e Dinamo Kiev ha incontrato le truppe regalando un attimo di 'sollievo' a un soldato ferito, nella foto - pubblicata dalla Federazione calcistica ucraina - in posa con il Pallone d'Oro vinto da Belanov.
"Ho giocato con orgoglio per l'Unione Sovietica e sono sconvolto da questa guerra - ha dichiarato Belanov - pace all'Ucraina e gloria a tutti quelli che si oppongono agli invasori, venuti a distruggere la nostra terra e il nostro popolo libero ed eroico".
Ecco Belanov con la maglia della Nazionale sovietica, in cui ha collezionato 33 presenze e segnato 8 gol tra il 1985 e il 1990.
ANCHE BESSONOV IN 'PRIMA LINEA'. A sostegno dell'esercito un altro grande del calcio ucraino, Vladimir Bessonov, oggi 64enne, compagno di Belanov alla Dinamo Kiev e ai tempi dell'URSS.
ITALIA-RUSSIA. Bessonov è il secondo da sinistra, impegnato contro la giovane Italia di Azeglio Vicini nella semifinale del 1988 agli Europei tedeschi vinta dalla Russia per 2-0 grazie alle reti di Sergiy Litovchenko e Oleh Protasov (nella foto avrete sicuramente riconosciuto anche Gianluca Vialli e Paolo Maldini).
MAGLIE IN REGALO. I rappresentanti della Federazione - insieme ai calciatori dell'FC Chornomorets - hanno regalato ai soldati le magliette gialloblù e augurato loro una pronta guarigione, con la speranza di vederli presto alla prima partita casalinga della Nazionale ucraina.
IL COLONNELLO. Belanov - brevilineo e velocissimo, soprannominato per questo 'razzo' - era con Protasov, Zavarov e Bessonov uno dei pilastri della Dinamo Kiev e poi dell'URSS di Valeriy Lobanovsky, che si rivelerà fondamentale qualche anno dopo anche per la carriera di Andriy Shevchenko (nella foto con il suo 'maestro').
COPPA DELLE COPPE. Nella seconda metà degli anni '80 la Dinamo di Lobanovsky e Belanov dominava in Unione Sovietica e nel 1986 trionfa anche in Europa, vincendo la Coppa delle Coppe, di cui il 'bomber tascabile' è capocannoniere con 5 reti. Nella finale contro l'Atletico Madrid - stravinta per 3-0 - non segna, ma fornisce l'assist per il primo gol dopo appena 5 minuti di gioco al futuro juventino Sacha Zavarov (nella foto).
TRIPLETTA MONDIALE. Dopo la vittoria della Coppa Coppe, Belanov vola in Messico per il Mondiale. Per lui subito un gol al debutto nel 6-0 all'Ungheria, e poi l'hat-trick al Belgio negli ottavi di finale che non basta però ai sovietici per passare il turno, sconfitti 4-3 dai 'Diavoli Rossi'. Una tripletta all'apparenza inutile... ma che sarà 'oro' per la carriera di Igor.
È STATA LA MANO... Già: Maradona avrebbe vinto a 'mani basse' il Ballon d'Or nel 1986, ma il premio in quegli anni era riservato soltanto ai giocatori europei. Così... va sorprendentemente a Belanov, che vince - tra mille polemiche - davanti a due colleghi più 'attrezzati' alla vittoria quell'anno per numeri e titoli: Gary Lineker (capocannoniere in Premier League e al Mondiale messicano) ed Emilio Butragueño (vincitore della Liga e della Coppa UEFA col Real Madrid, e secondo nella classifica marcatori del Mundial).
LEGGENDE UCRAINE. Prima di Belanov, soltanto un altro suo connazionale era riuscito ad aggiudicarsi il Pallone d'Oro: Oleh Blochin, nel 1975 (quello in basso a destra nella foto). E nel 2003 sarà il turno di Sheva, campione d'Europa con il Milan (con loro, sul divano, un'altra leggenda dello sport sovietico/ucraino: Sergey Bubka).
IL RIGORE SBAGLIATO AGLI EUROPEI. Nel 1988 la grande delusione: l'Unione Sovietica batte l'Italia e arriva in finale, ma a Monaco di Baviera fa festa l'Olanda di Gullit e Van Basten, che riscrive le leggi della fisica con il gol del definitivo 2-0. Belanov ha l'occasione di riaprire la partita, ma prima colpisce un palo e poi si fa ipnotizzare dal dischetto da van Breukelen.
'METEORE' RUSSE. Dopo gli Europei tedeschi, i 'gioielli' Aleinikov e Zavarov vengono acquistati dalla Juventus, dove non lasceranno particolari tracce. Senza fortuna anche il trasferimento di Belanov all'Atalanta, saltato per problemi burocratici con il governo e la Federazione calcistica sovietici.
IL DECLINO. Nell'estate del 1989 Belanov tenta l'avventura in Germania con il Borussia Mönchengladbach, ma tra infortuni e problemi con la giustizia finisce ai margini della squadra. Dopo l'esperienza all'Eintracht Braunschweig (seconda divisione tedesca) torna in Ucraina, chiudendo la carriera con Chornomorets e Azovetz Mariupol. Nel 2003 rileva la società svizzera del Wil (portando con sé anche Zavarov in veste di diesse), ma le continue contestazioni dei tifosi - stanchi dei cattivi risultati - lo convincono a dimettersi dopo nemmeno un anno di presidenza.
ORGOGLIO UCRAINO. Superati alcuni problemi personali, Belanov si dedica alla sua scuola calcio di Odessa e riceve l'incarico di dirigente federale del suo Paese: al fianco dei soldati, ma soprattutto un punto di riferimento per le nuove e dorate generazioni di calciatori, come Oleksandr Zinchenko e l'atalantino Ruslan Malinovskyi, talentuosi portabandiera su un altro campo di 'battaglia' del grido di pace invocato dalla loro amata e martoriata Ucraina.
