Benvenuti in Premier Champions: ma di inglese c'è pochissimo

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Dopo il ritorno dei quarti che ha promosso in semifinale tre squadre britanniche su quattro (Man U, Chelsea e Arsenal) viaggio nella Legione Straniera d'Inghilterra. Di inglese, nei tre team, c'è solo la lingua, o quasi... GUARDA LA GALLERY

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Presto si conosceranno le due finaliste della Champions League, ma di una cosa si può star certi fino d'ora: la finale di Roma vedrà protagonista almeno una compagine inglese. Insieme al Barcellona infatti, a giocarsi la coppa dalle grandi orecchie sono rimasti Manchester United, Chelsea e Arsenal. Ma è davvero il trionfo del calcio inglese? Se si fa un'analisi delle squadre, si scopre che di inglese c'è soprattutto la lingua con cui comunicano i giocatori in campo.

L'esempio più eclatante è l'Arsenal: da anni guidati dal francese Arsene Wenger, i gunners hanno all'interno della loro rosa solamente tre purosangue inglesi: i centrocampisti Wilshere e Gibbs e l'attaccante Walcott, di britannico c'è poi il  gallese Ramsey. Per il resto, spazio alla globalizzazione, con la rosa che dà un ampio spazio alla colonia transalpina (Traore, Gallas, Silvestre, Clichy, Sagna, Diaby, Nasri, Bischoff), insieme ad un nutrito schieramento di africani (Song, Djourou, Toure, Eboue, Adebayor), di nazionalità diverse ma comunque  francofoni. A guardia della rete ci sono tre portieri di nazionalità diverse: Almunia (Spagna), Fabianski (Polonia) e Mannone (Italia). La stella spagnola Fabregas fa compagnia a Rosicky (Rep. Ceca), Arshavin (Russia), Denilson e Eduardo (Brasile), Vela (Messico), Van Persie (Olanda) e Bendtner (Danimarca).

Il Chelsea di Abramovich (Russia) e Hiddink (Olanda) non è da meno in questa particolare statistica: in tutta la rosa dei blues ci sono solo cinque inglesi (Ashley Cole, Lampard, Joe Cole, Mancienne e il capitano Terry), e un gallese (Taylor), con un occhio di riguardo ai giocatori lusitani, (Ricardo Carvalho, Bosingwa, Quaresma, Deco, Paulo Ferreira, Hilario). Oltre al  serbo Ivanovic il resto della truppa conta un piccolo derby tra il ceko Cech e lo slovacco Stoch. Numerosi anche allo Stamford Bridge gli africani: Essien (Ghana), Drogba e Kalou (Costa d'Avorio), Obi (Nigeria). Non manca la vecchia Europa continentale con i francesi Malouda e Anelka, insieme al tedesco  Ballack. Per finire i sudamericani: l'argentino Di Santo è il solo a ballare il tango a dispetto dei brasiliani Miniero, Alex, Belletti.

Il Manchester United dello scozzese Alex Ferguson, che ha da poco scoperto l'italiano Macheda, sembra diversificarsi considerando anche la presenza di gallesi, irlandesi, scozzesi e nordirlandesi. Contando tutte queste declinazioni del calcio britannico i red devils hanno in rosa ben 18 uomini così ripartiti: Neville, Ferdinand, Brown, Rooney, Foster, Carrick, Scholes, Welbeck, Martin, Chester, Amos, Eckersley per l'Inghilterra ai quali si aggiunge Hargreaves che è di nazionalità britannica ma canadese di nascita. Ma più della metà solo rincalzi. Giggs inoltre rappresenta il Galles e Fletcher la Scozia, mentre Evans e Gibson vengono dall'Irlanda del Nord. O'Shea invece è irlandese purosangue come suggerisce il cognome. Il resto della rosa conta i serbi Tosic e Vidic, i portoghesi Nani e Cristiano Ronaldo, il francese Evra, l'olandese Van Der Sar, il polacco Kuszczak e il bulgaro Berbatov. Anche all'Old Trafford è presente l'America Latina:  Tevez per l'Argentina insieme a Anderson, Fabio, Rafael, Possebon per il Brasile. Non manca l'Asia con l'outsider Park. Sembra chiaro come di inglese autentico, in Premier, ci sia  soprattutto il tifo.