Inter-Bayern, meglio l'uovo oggi o la Van Gaal-lina domani?
Champions LeagueA nove mesi dalla finale che regalò la Champions ai nerazzurri, la rivincita. Un confronto tra due filosofie opposte: il club di Moratti, che vinse grazie ai suoi trentenni contro i bavaresi che non hanno nulla da invidiare alla cantera del Barça. LE FOTO
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di Vanni Spinella
Nove mesi fa, l’Inter di Mourinho scelse l’uovo, e vinse. Domani, il Bayern di Van Gaal cercherà di convincere l’Europa che la gallina è meglio.
Inter-Bayern, ci risiamo. La partita che assegnò la Champions 2010 stavolta vale come ottavo di finale, ma poco cambia: resta l’affascinante confronto tra due club con filosofie molto diverse, praticamente agli antipodi.
Da un lato una società che solo recentemente ha messo la testa a posto, dopo aver passato anni a rifondare e snobbare i giocatori italiani. Dall’altro, un club che se non ci fosse il Barcellona a oscurare tutti, verrebbe preso a modello e indicato come esempio virtuoso da seguire. “Cantera” in tedesco suona un po’ meno musicale, ma il succo è sempre quello.
Il settore giovanile del Bayern sforna, eccome. E la prima squadra non ha paura di lanciare e far crescere giovani tedeschi. I numeri parlano chiaro, e lo fanno per bocca del responsabile del settore giovanile Werner Kern, che a inizio stagione tracciò questo bilancio: “Ogni 20 giocatori che giocano nella nostra Under-9, uno diventa professionista. Quelli della Under-14 hanno una possibilità su quattro”. In Italia, gridiamo al miracolo se un “Pulcino” esordisce in A con la casacca con cui ha iniziato il suo percorso calcistico. Tanto per ribadire che noi non riusciamo proprio ad andare oltre l’uovo.
La riprova giunge dal confronto diretto tra Bayern e Inter. Il club di Monaco ha 21 giocatori in rosa, di cui ben 12 tedeschi. Di questi, 8 sono cresciuti nelle giovanili bavaresi e oggi giocano in prima squadra (3 sono anche Nazionali). L’ossatura della formazione titolare è composta da prodotti di casa-Bayern: Kraft, Lahm, Badstuber, Schweinsteiger, Muller.
Nell’Inter (26 in rosa, 7 italiani), quelli che provengono dalle giovanili si chiamano Obi e Pandev. Più Orlandoni, terzo portiere scappato di casa a 19 anni e tornato all’ovile quando ne aveva già 33.
Tornando con la memoria a nove mesi fa, la strategia nerazzurra sembrerebbe pagare. Un’Inter vecchiotta (29 anni e 9 mesi l’età media dell’undici iniziale) e senza italiani in campo alza la Champions: è il trionfo dell’uovo-oggi. Tanti uomini di esperienza, un gruppo assortito di campioni provenienti da 16 Paesi diversi, per raggiungere l’obiettivo nell’immediato.
Ottenuta la rivincita, il maestro Van Gaal vuole però dimostrare che anche chi semina può raccogliere. Addirittura, ha deciso di togliere ancora un po’ di polvere: via il capitano Van Bommel, che trova rifugio nel museo rossonero; promosso in prima squadra Contento, richiamato alla base Kroos, entrambi classe ‘90. L’Inter sta virando in corsa, con Ranocchia e Pazzini arrivati a gennaio, ma c’è una bella differenza: allevati da settori giovanili altrui, presi e soprattutto pagati quando erano già nel giro della Nazionale.
A proposito di Nazionale: chi ci rimette, alla fine, è Prandelli. I tedeschi si sono accorti di aver chiuso un ciclo al Mondiale del 2002, quando neanche il vecchio Kahn seppe evitare la doppietta di Ronaldo in finale. Iniziarono a investire e Klinsmann dettò la linea (verde), consapevoli che ci sarebbero voluti anni. Nel 2006 la Germania era ancora un ibrido e gli italiani, attaccati alla filosofia dell’uovo, gioirono in semifinale per i gol di Grosso (29 anni) e di Del Piero (31), o per i recuperi di “Kannavaro” (32).
Bierhoff ha spiegato di recente: “Per noi non fu un trauma: capimmo che l’opera era buona e che il tempo ci avrebbe dato ragione”. Quattro anni dopo, in Sudafrica, noi piangevamo sul vecchio che si sgretolava, loro ammiravano Muller e Ozil sbocciare. Oggi la Germania è una solida realtà, con giocatori abituati ai palcoscenici europei grazie ai loro club; l’Italia è ancora un embrione, in cui i nuovi giovani (Sirigu, Astori, Giovinco, Matri) non sanno nemmeno cosa siano uno scudetto o l’inno della Champions. Vero che non ci battono da 16 anni, ma il futuro è dalla loro parte.
Domani sarà il momento della verità. Inter e Bayern si ripresentano più o meno con gli stessi uomini della finale 2010. Con un anno di più, che attorno ai 30 significa "più vecchi" e attorno ai 25 significa "più esperti". Se da un lato è vero che gallina vecchia fa buon brodo, dall'altro bisognerà comunque stare attenti a non combinare la frittata.
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Inter-Bayern, ci risiamo. La partita che assegnò la Champions 2010 stavolta vale come ottavo di finale, ma poco cambia: resta l’affascinante confronto tra due club con filosofie molto diverse, praticamente agli antipodi.
Da un lato una società che solo recentemente ha messo la testa a posto, dopo aver passato anni a rifondare e snobbare i giocatori italiani. Dall’altro, un club che se non ci fosse il Barcellona a oscurare tutti, verrebbe preso a modello e indicato come esempio virtuoso da seguire. “Cantera” in tedesco suona un po’ meno musicale, ma il succo è sempre quello.
Il settore giovanile del Bayern sforna, eccome. E la prima squadra non ha paura di lanciare e far crescere giovani tedeschi. I numeri parlano chiaro, e lo fanno per bocca del responsabile del settore giovanile Werner Kern, che a inizio stagione tracciò questo bilancio: “Ogni 20 giocatori che giocano nella nostra Under-9, uno diventa professionista. Quelli della Under-14 hanno una possibilità su quattro”. In Italia, gridiamo al miracolo se un “Pulcino” esordisce in A con la casacca con cui ha iniziato il suo percorso calcistico. Tanto per ribadire che noi non riusciamo proprio ad andare oltre l’uovo.
La riprova giunge dal confronto diretto tra Bayern e Inter. Il club di Monaco ha 21 giocatori in rosa, di cui ben 12 tedeschi. Di questi, 8 sono cresciuti nelle giovanili bavaresi e oggi giocano in prima squadra (3 sono anche Nazionali). L’ossatura della formazione titolare è composta da prodotti di casa-Bayern: Kraft, Lahm, Badstuber, Schweinsteiger, Muller.
Nell’Inter (26 in rosa, 7 italiani), quelli che provengono dalle giovanili si chiamano Obi e Pandev. Più Orlandoni, terzo portiere scappato di casa a 19 anni e tornato all’ovile quando ne aveva già 33.
Tornando con la memoria a nove mesi fa, la strategia nerazzurra sembrerebbe pagare. Un’Inter vecchiotta (29 anni e 9 mesi l’età media dell’undici iniziale) e senza italiani in campo alza la Champions: è il trionfo dell’uovo-oggi. Tanti uomini di esperienza, un gruppo assortito di campioni provenienti da 16 Paesi diversi, per raggiungere l’obiettivo nell’immediato.
Ottenuta la rivincita, il maestro Van Gaal vuole però dimostrare che anche chi semina può raccogliere. Addirittura, ha deciso di togliere ancora un po’ di polvere: via il capitano Van Bommel, che trova rifugio nel museo rossonero; promosso in prima squadra Contento, richiamato alla base Kroos, entrambi classe ‘90. L’Inter sta virando in corsa, con Ranocchia e Pazzini arrivati a gennaio, ma c’è una bella differenza: allevati da settori giovanili altrui, presi e soprattutto pagati quando erano già nel giro della Nazionale.
A proposito di Nazionale: chi ci rimette, alla fine, è Prandelli. I tedeschi si sono accorti di aver chiuso un ciclo al Mondiale del 2002, quando neanche il vecchio Kahn seppe evitare la doppietta di Ronaldo in finale. Iniziarono a investire e Klinsmann dettò la linea (verde), consapevoli che ci sarebbero voluti anni. Nel 2006 la Germania era ancora un ibrido e gli italiani, attaccati alla filosofia dell’uovo, gioirono in semifinale per i gol di Grosso (29 anni) e di Del Piero (31), o per i recuperi di “Kannavaro” (32).
Bierhoff ha spiegato di recente: “Per noi non fu un trauma: capimmo che l’opera era buona e che il tempo ci avrebbe dato ragione”. Quattro anni dopo, in Sudafrica, noi piangevamo sul vecchio che si sgretolava, loro ammiravano Muller e Ozil sbocciare. Oggi la Germania è una solida realtà, con giocatori abituati ai palcoscenici europei grazie ai loro club; l’Italia è ancora un embrione, in cui i nuovi giovani (Sirigu, Astori, Giovinco, Matri) non sanno nemmeno cosa siano uno scudetto o l’inno della Champions. Vero che non ci battono da 16 anni, ma il futuro è dalla loro parte.
Domani sarà il momento della verità. Inter e Bayern si ripresentano più o meno con gli stessi uomini della finale 2010. Con un anno di più, che attorno ai 30 significa "più vecchi" e attorno ai 25 significa "più esperti". Se da un lato è vero che gallina vecchia fa buon brodo, dall'altro bisognerà comunque stare attenti a non combinare la frittata.
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