Marcus e Khephren Thuram si raccontano: "Il nostro legame tutto speciale"

Cresciuti con un padre calciatore, la loro vita è sempre stata legata al calcio e allo sport. Khephren: “Abbiamo praticato vari sport da piccoli. Tu hai fatto judo, giusto?” Marcus: “Sì, abbiamo fatto judo, scherma e nuoto. Io ho giocato anche a basket a scuola”. Khephren: “Abbiamo fatto anche tennis”. Marcus: “Eravamo figli di un calciatore, sapevamo cosa faceva nostro padre ed è vero che il calcio aveva un ruolo centrale nelle nostre vite”. Oggi, però, sono loro i protagonisti in campo, con papà Lilian sempre pronto a sostenerli. Marcus: “Siamo fortunati perché con noi non si comporta da calciatore, ma da padre. Si comporta come si comporterebbe ogni buon padre di famiglia con i propri figli. Non è per niente un peso”. Khephren: “Il peso del cognome di nostro padre? Ce ne aveva parlato. Ci aveva messo in guardia dicendo che non si potevano escludere del tutto i paragoni. Francamente, penso che fossimo pronti”. Dopo le avventure con Parma e Juventus, Lilian Thuram si è trasferito al Barcellona, dove Marcus e Khephren hanno trascorso parte della loro infanzia. Khephren: “Ricordo che andavamo al centro allenamenti e stavamo anche con i suoi compagni di squadra”. Marcus: “Avrò avuto undici anni… il giocatore che aveva il numero di scarpe più vicino al mio era Lionel Messi. Era già un talento straordinario ma ai miei occhi di bambino era solo un compagno di squadra di papà che mi aveva prestato un paio di scarpe per allenarmi. Mentre mi allenavo, mi ha detto: ‘puoi tenerle’. Il mio migliore amico nell’Olympique de Neuilly è impazzito quando ha visto le scarpe di Messi. Gli ho detto: ‘se ti piacciono così tanto, sono tue’. E gliele ho date. Gli ho regalato le scarpe di Messi!”. Calcio, sport e non solo. Lilian Thuram ha insegnato ai propri figli anche l’importanza della lotta al razzismo e alle disuguaglianze. Non a caso, ha dato loro due nomi di personaggi importanti in questo senso: Marcus Garvey e il faraone egizio Khephren. Khephren: “Esprime idee molto forti e giuste. Non dice sciocchezze. Sono d’accordo con lui al 100%”. Marcus: “Ho capito che il mio nome aveva un significato speciale per lui. Crescendo ho capito sempre di più la sua lotta contro il razzismo e le ingiustizie del mondo. Da piccolo sapevo anche il significato di Khephren. Te l’ha mai raccontato?”. Khephren: “So che era un faraone, ma non so perché l’abbia scelto. Comunque è un nome bellissimo, non ci sono molti Khephren in circolazione”. Marcus: “Non sai perché ti ha chiamato Khephren?”. Khephren: “Non lo so, perché?”. Marcus: “Perché durante il regno di Khephren l’Egitto fu una delle civiltà nere più potenti al mondo”. Khephren: “Ah, è per questo?”. Marcus: “Spero che papà non veda questa intervista”. Khephren: “Ti giuro che non lo sapevo, ma è un nome bellissimo. Fin da piccoli papà ci ha parlato dei suoi valori e ci ha aiutato a capirlo. Fortunatamente, ho un fratello maggiore che il condivide”. I due fratelli, come si è capito, hanno un rapporto speciale. Oggi però si ritrovano a giocare nello stesso campionato da avversari. Marcus: “Giocare nello stesso campionato, in due squadre che sono tra le più grandi della Serie A, è un sogno che diventa realtà”. Khephren: “È fantastico. Soprattutto perché io sono a Torino, dove giocava anche mio padre, nel suo stesso club, quindi è bellissimo. Marcus gioca in un altro grande club italiano. Certo, non ci amiamo molto…”. Marcus: “Esatto, siamo grandi rivali”. Rivali sì, ma trovarsi in campo da avversari non è mai qualcosa di ‘normale’. Marcus: “In campo è come se fossimo solo noi. Io contro lui, senza altri giocatori. Solo noi due. È come se fossimo tornati a giocare nel giardino di casa. Quando abbiamo affrontato la Juve, Khephren era in panchina e a ogni palla gol che avevo, lo guardavo e me la ridevo. Khephren è il mio ‘bambinone’. È strano: per me è stressante vederlo in campo o guardare le sue partite. Sono nervoso prima dell’inizio e spero che gli vada tutto bene. Penso che succeda a tutti i fratelli maggiori che vedono crescere i fratelli minori. È strano perché lo vedrò sempre come il piccolo Khephren, anche se ormai è più grosso di me”. Khephren: “Provo orgoglio quando la gente parla di Marcus. Significa che ha fatto un buon lavoro. Quando mi dicono: ‘tuo fratello è fortissimo!’, per me è importante. Sono molto felice”. Marcus: “È una persona che ama la vita. È rispettoso degli altri. Se dice che farà qualcosa, poi la fa. Mantiene la parola. Questo è molto importante perché è in queste cose che si vedono i valori di una persona”. Khephren: “È una persona meravigliosa. È un maniaco del lavoro, sempre con il sorriso sulle labbra. Scherza in continuazione. Si prende cura di chi ha attorno e di chi ama. È stato molto impor-tante avere al mio fianco una persona come lui. Ma sarà sempre un burlone. Non posso raccontarvi tutto, ma è matto. Gli piace scherzare”. Marcus: “Cosa accadrebbe se dovessimo affrontarci in finale di Champions? Penso che in qualsiasi finale, se sarà in campo… è impossibile... qualsiasi cosa succeda, lo prenderò in giro. Lo cercherò. Non posso farne a meno. È una cosa che va oltre il calcio”.

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