Hauge: "L'obiettivo Champions e il sogno Mondiale. Mi manca il Milan e... l'espresso"

I capelli sono più corti, il fisico più muscoloso, ma lo sguardo è lo stesso del ragazzo gentile e ben educato passato da San Siro qualche stagione fa. Jens Petter Hauge è stato solo una di passaggio al Milan, ma il suo ricordo nella mente dei tifosi rossoneri è impresso ben più di chi solitamente rimane pochi mesi. Anche per qualche gol spettacolare segnato, come il primo contro il Napoli. Oggi Hauge è il numero 10 del formidabile Bodø/Glimt, il club che lo ha lanciato nel grande calcio e dove per amore è tornato, società norvegese in grandissima crescita che questa sera si giocherà l'andata dei preliminari di Champions League contro gli austriaci dello Sturm Graz, in quella che sarebbe la prima qualificazione in assoluto della propria storia. Il 'suo' Milan non ci sarà, ma il sogno per il futuro resta proprio quello di riaffrontare i rossoneri: per prendersi una piccola rivincita, certo, ma soprattutto per lasciare nella memoria altri bei ricordi. Partiamo con una domanda semplice: come stai? Com’è essere tornato dopo stagioni in giro per l’Europa? “Sto bene grazie. Sono molto felice di esser tornato a Bodø, dove sono cresciuto e dove ho tanti amici e la mia famiglia. Mi rende la vita un po’ più semplice al di fuori del campo”. Tanti avversari hanno raccontato che giocare qui è molto complicato. Perché? "Ci sono tanti fattori diversi. Lo stadio è piccolo, puoi sentire tutto quello che viene detto in campo e sugli spalti. Poi c'è il clima: pochissime squadre sono abituate a giocare con un meteo così particolare come quello di Bodø, soprattutto in autunno e inverno. E poi ovviamente c'è il campo artificiale: noi siamo abituati a giocare sull'erba sintetica, molti avversari che vengono qui no". Quale pensi sia l'essenza dietro i recenti sucecssi del Bodø? "È il modo in cui sviluppiamo il nostro gioco, come ci approcciamo alle partite. Vogliamo mantenere la nostra identità in campo. Siamo una squadra che cerca di tenere molto il possesso palla, di creare tante occasioni da rete e di pressare più alto possibile. In difesa, invece, non cerchiamo di chiuderci con tutti i giocatori nella nostra area di rigore, non vogliamo congelare la partita. È un approccio che ci portiamo dietro da diversi anni, credo stia cominciando a pagare". All'interno del club in molti parlano di quanto sia importante per la città potersi identificare nella squadra. Tu sei nato e cresciuto a Bodø, cosa ha significato per te essere parte di questo sviluppo sportivo? "È stato grosso il cambiamento in questi ultimi anni, all'interno della società e in tutto ciò che ci circonda, dai tifosi alla città. I giocatori che vengono aggiunti alla rosa sono sempre più forti, stagione dopo stagione il livello è sempre più alto. La parte più stimolante è capire chi può inserirsi nel modo giusto all'interno del Bodø/Glimt, chi ha la mentalità giusta per inserirsi in questo sistema e lavorare in armonia con il resto del gruppo". Com'è la vita qui per un calciatore professionista? "Tranquilla. Silenziosa. Non c'è molto da fare al di fuori del calcio, così è più facile concentrarsi sul campo. Siamo circondati dalla natura, molto utile per rilassarsi e scacciare i brutti pensieri tra una partita e l'altra. Certo, a volte è anche un po' strano rispetto a grandi città come Milano. Qui tutti conoscono i giocatori del club, non ci sono molti locali in città dove poter passare una serata in assoluta solitudine. Ha comunque il suo fascino. Ci piace. Quando sei nato e cresciuto qui, come me, è sempre un po' speciale in ogni caso". Pochi mesi fa avete sfiorato la finale di Europa League. Ora vi giocate l'accesso alla Champions League. Cosa rappresenterebbe per la comunità? "Ovviamente in queste settimane abbiamo preparato la partita con lo Sturm Graz, ma sempre tenendo un occhio sul campionato. Per noi e per la città la Champions vorrebbe dire tantissimo. Siamo cresciuti seguendo la Champions League, la Premier League e tutti i più grandi club europei. Ora abbiamo una possibilità concreta di metterci alla prova contro i migliori del mondo. Sarebbe speciale. E sarebbe anche un passo importante per il percorso che sta facendo il Bodø/Glimt". Avete vinto quattro campionati nelle ultime cinque stagioni. Quanto margine di miglioramento avete ancora? Il Bodø/Glimt può diventare un grande club anche in ottica europea? "Assolutamente sì. Ci credo davvero. Perché abbiamo una grande organizzazione, che non pensa solo al successo del presente ma sta già programmando il futuro. Abbiamo nuove strutture per gli allenamenti, nel giro di un paio d'anni avremo anche un nuovo stadio: mezzi per aiutare noi giocatori e il club a fare il prossimo passo. Non sarà facile, perché dopo aver vinto quattro campionati in cinque stagioni tutti vogliono batterti. Ma con la mentalità e le persone che abbiamo qui, dentro e fuori dalla società, sono convinto che ce la potremo fare". Parliamo un po' del tuo periodo in Italia. Ricordi la prima volta a San Siro? "La ricordo bene. La prima volta è stata da avversario, con il Bodø, durante un preliminare di Europa League. Ho bene impresso nella memoria l'impatto dello stadio, di quanto fosse impressionante nonostante fosse vuoto, perché era il periodo della pandemia. San Siro è enorme, ti trasmette tutta la sua storia: è una sensazione speciale per un calciatore. Però ricordo anche che in quell'occasione giocammo bene. La prima volta con la maglia del Milan invece è stata per una partita contro lo Spezia. Quella prima partita è stata qualcosa di diverso". Cosa hai provato? "È stato speciale. Ricordo che il giorno della mia firma con il club mi sono dovuto allontanare durante un incontro con la stampa per correre in bagno e fare una fotografia da mandare ai miei amici e alla mia famiglia. Come per dire: 'è tutto vero, sono davvero qui'". Segui ancora il campionato italiano? "Sì assolutamente. Ho ancora molti amici in Italia. Guardo ancora le partite del Milan e faccio il tifo per loro. Mi diverto sempre a seguirli. Sono rimasto solo un anno ma sono rimasto in buoni rapporti con tante persone: il Milan è come una famiglia, mi hanno fatto sentire sempre il loro supporto. E viceversa". Ti rivederemo in Serie A un giorno? "So per certo che un giorno vorrò provare di nuovo un'esperienza fuori dal Bodø per mettermi alla prova in uno dei campionati più importanti d'Europa. La Serie A ovviamente è uno di questi, mi piacerebbe tanto poter avere un'altra occasione in Italia. Vedremo cosa mi riserverà il futuro". Quando sei arrivato al Milan eri giovanissimo. Secondo te, cosa è andato storto in quella stagione? "Fu un grande cambiamento. Arrivando da una realtà piccola come Bodø ci furono tante, troppe, cose nuove. Credo di aver iniziato bene, poi però ho reagito nel modo sbagliato quando le cose hanno iniziato ad andare male e a giocare meno. Non sono stato in grado di reagire nel modo giusto. Ho il rimpianto di non aver saputo gestire lo stress della panchina, quando invece avrei dovuto concentrarmi per fare meglio in allenamento e continuare nel mio sviluppo. Penso sia stato un errore di gioventù. Ero giovane e non avevo mai provato una situazione del genere. Dovesse succedere oggi saprei come affrontarla al meglio". Il rapporto con Stefano Pioli com'era? "Ottimo. Pioli è un bravissimo allenatore e una fantastica persona. Abbiamo avuto qualche problema di comunicazione, colpa della barriera linguistica. Ma in generale il rapporto con lui è stato ottimo". Cosa ti ha lasciato l'esperienza in Serie A come calciatore? "Penso di essere stato fortunato a passare un pezzo della mia carriera al Milan. Ho condiviso il campo con alcuni tra i migliori giocatori al mondo, ho visto come si allenano e come si comportano in palestra. In Italia ho imparato anche a lavorare con i video analyst, questa è stata una novità per me che ho riportato anche qui al Bodø. Studio le mie prestazioni e anche gli avversari per prepararmi meglio ad ogni partita: è un piccolo ma prezioso vantaggio". Qualcosa che ti è rimasto dell'Italia fuori dal campo? "Ho imparato a bere caffé . Di sicuro quello. La cosa che forse mi manca di più in assoluto è l'espresso italiano, ho anche acquistato una macchinetta da tenere in casa". Se doveste riuscire a centrare la qualificazione in Champions, quale squadra italiana ti piacerebbe affrontare di più? "Sarebbe molto bello giocare di nuovo contro il Milan, magari nel 2026, sperando facciano una grande stagione. Abbiamo ancora un conto in sospeso per quella partita di Europa League , ci fosse stata una partita di ritorno avrebbero fatto molta più fatica. Sarebbe meraviglioso poter affrontare i rossoneri qui all'Aspmyra Stadium". Un'ultima domanda. Fai parte di una 'generazione d'oro' della Norvegia. Il Mondiale del 2026 è più di un sogno? "Per il momento promette molto bene. Pochi mesi fa abbiamo centrato una grande vittoria contro l'Italia: io non ero tra i convocati ma è stato un risultato importante, per il girone e anche per il morale. Abbiamo maturato la convinzione di avere una grande opportunità per portare la Norvegia a giocare la Coppa del Mondo. Vorrebbe dire tantissimo per noi calciatori e per tutta la nazione. Continuiamo a crederci e a lavorare con impegno per arrivarci".

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Simone Dagani