Come (ri)nasce un gol 'alla Del Piero'

In una serata folle, poco razionale ma con tanto cuore, un tuffo al cuore l'ha provocato uno degli otto gol visti allo Stadium: quello di Kenan Yildiz. Il calcio è fatto così, a volte è una magia ciclica, un viaggio indietro nel tempo di 30 anni, a un'altra sera di settembre, contro un altro Borussia Dortmund. Era il 13 settembre 1995 ed eravamo in trasferta. Pioveva a dirotto, giocavamo in uno stadio caldissimo, con un tifo straordinario, ed eravamo in formazione di emergenza visto che in un attacco mancavano per infortunio sia il nostro leader Gianluca Vialli, sia Fabrizio Ravanelli, e componemmo così un inedito tridente con Angelo Di Livio e Michele Padovano, al suo debutto in Europa. Ero un ragazzo, avevo 20 anni, alla prima esperienza in assoluto in Champions League, nonostante avessi ormai conquistato la titolarità, in una stagione poi conclusa a maggio allo Stadio Olimpico con la vittoria in finale contro l’Ajax. C’era tanta tensione, non lo nascondo. A maggior ragione dopo essere andati sotto nel punteggio. Lì Lippi fu formidabile a darci fiducia. Quella rete cambiò le prospettive della Juventus e anche le mie. Con il tempo mi sono convinto che i gol “alla Del Piero” non si pensano, sono istinto. Istinto allenato, certo. Ma istinto. La vera unicità di questi tiri è nel doppio effetto: la palla che si allarga e poi rientra e, nello stesso tempo, si alza e poi si abbassa. Un mix di potenza e precisione che diventa letale per il portiere. Ne ho fatti diversi di gol così, durante tutta la mia carriera e con una certa serialità durante quell'edizione della Champions, dove sono nati i gol "alla Del Piero", definizione non mia, ma che mi riempie d'orgoglio soprattutto quando la sento citata dai ragazzi di oggi, che allora non c'erano… I tifosi con una buona memoria si ricorderanno che quello contro il Borussia Dortmund non è stato il primo in assoluto. Settembre 1994: trasferta a Napoli, un destro a giro dal limite dell’area per trafiggere Taglialatela e fissare il risultato sullo 0-2. Diciamo che però quella è stata una sorta di prova, ma la classificherei nella categoria più generica dei tiri a giro, perché non era all’incrocio, e diciamo è un’esecuzione meno articolata. Un gol bello e importante. Però la Champions è sempre la Champions, ed è su quel palcoscenico che è nata la magia… In quella stagione 1995/1996 segno cinque gol di fila, i primi due con tiri "alla Del Piero". Averne segnati due consecutivi, nel giro di un paio di settimane uno dall’altro, ha reso popolare quel tipo di conclusione in Europa, al di là di quanto era già accaduto al San Paolo. Quindi sì, diciamolo: il gol "alla Del Piero" originale è quello contro il Borussia, da lì è nata la storia! A ripensarci adesso mi viene da sorridere, ma non nascondo di provare anche un pizzico di orgoglio per cosa ha significato, per la mia squadra e per le generazioni di calciatori che lo hanno interpretato a modo loro. Per me quel gesto tecnico vuol dire coraggio, sensibilità, amore per il gioco, emozione. Tante volte mi è stato chiesto da dove nasca un tiro così. La verità è che bisogna ‘sentire’ il pallone e lasciar andare il piede. Serve tecnica, quello sì. Tanto allenamento, anche, perché il talento va sempre coltivato. Kenan Yildiz di talento ne ha… E’ stato bello vederlo segnare così, speciale rivedere quel gol assieme dopo la partita in diretta su Sky, condividerne le emozioni. E anche la sua reazione alla mia di rete al Borussia: Kenan ha ammesso in diretta di non averlo mai visto prima! Ma è giusto così, ha solo 20 anni e tante partite davanti per farne altri simili. Sul fatto che, come ha detto Yildiz, il mio di 30 anni fa fosse stato più difficile, non so davvero giudicare, e poi penso che i gol così importanti, e che richiedono gesti tecnici di alto livello, siano tutti complessi da realizzare. Voglio fare i complimenti anche a Vlahovic. E’ stato bravo a interpretare il momento: l’importante nel calcio è fare gol. E lui, che è un attaccante vero, ne ha fatti due. Più un assist. Ci si focalizza giustamente sui gol presi dalla Juventus ma non dimentichiamo che fra Inter e Borussia ne ha segnati 8! Partite riprese con pazienza, grinta, a tratti anche rabbia. Fino alla fine, come dice il motto bianconero. Queste rimonte sono segnali importanti, di una squadra che ha senso di rivalsa e spirito di appartenenza che Tudor sta trasmettendo ai giocatori. Per questo il pareggio col Dortmund vale solo un punto in classifica, ma è come se fossero tre in consapevolezza.

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Alessandro Del Piero