Le accuse contenute in un rapporto a seguito di un'indagine indipendente guidata dall'ex procuratore generale Usa Sally Yates: "Commenti, avances, contatti indesiderati e raporti sessuali che coinvolgerebbero più squadre in un clima di totale omertà
Una pratica "sistemica" di aggressioni sessuali e altri abusi a danno di diverse giocatrici - comprese alcune della nazionale - avvelena il calcio femminile statunitense. E' quanto denuncia un'indagine indipendente, guidata dall'ex procuratore generale degli Stati Uniti Sally Yates e dallo studio legale King & Spalding.
Le accuse
In essa si parla di "commenti a sfondo sessuale, avances, contatti indesiderati e rapporti sessuali forzati" all'interno della North American League (NWSL) e anche in strutture dedicate a giovani giocatrici. Comportamenti "diventati sistemici, comprendendo più squadre, allenatori e vittime", ha scritto Yates nel rapporto, osservando che "questi abusi all'interno della NWSL sono in realtà radicati in una cultura calcistica femminile più profonda".
Le reazioni
La prima reazione della Lega nordamericana è stata l'impegno a realizzare riforme "sistematiche". Definendo i risultati dell'indagine "strazianti e profondamente inquietanti", la presidente della Federazione (USSF) Cindy Parlow Cone ha assicurato che il suo organismo è "pienamente impegnato a fare tutto ciò che è in suo potere per garantire che tutti i giocatori - a tutti i livelli - abbiano un luogo rispettoso per imparare, crescere e competere".
L'indagine
E' stata avviata un anno fa da Parlow Cone sulla scia delle accuse di violenza sessuale di due giocatori contro l'allenatore inglese Paul Riley (poi licenziato dal North Carolina Courage). Anche un altro allenatore, Richie Burke, che dirigeva il Washington Spirit, è stato licenziato dopo un'indagine per abusi verbali e molestie morali. Il rapporto, di 172 pagine, include interviste con oltre 200 giocatrici della NWSL e dettagli sugli abusi da parte di allenatori, manipolazioni, bullismo e ritorsioni. All'epoca della vicenda Paul Riley, due delle stelle del "Team USA", Megan Rapinoe e Alex Morgan - campioni olimpici nel 2012 e campioni del mondo nel 2015 e 2019 - denunciarono l'inerzia degli organi di governo del Calcio femminile americano. L'indagine le supporta, concludendo che i club, i funzionari della Lega e della Federazione "non hanno reagito in modo appropriato in diverse occasioni di fronte alle lamentele delle giocatrici, a sostegno delle prove".